A chi serve la delibera AgCom?

agcomSi moltiplicano le notizie in merito alla ormai famigerata delibera AgCom sul diritto d’autore in rete. Dopo l’audizione di fronte al Parlamento del Presidente Calabrò, si è deciso di rimandare tutto a novembre, notificando lo schema di delibera alla Commissione Europea, che avrà 90 giorni per far pervenire le sue osservazioni.
Inoltre lo schema di regolamento sarà inviato anche al WIPO (World Intellectual Property Organization), l’organizzazione con sede a Ginevra per la tutela della proprietà intellettuale.

Queste mosse sono foriere di una doppia lettura. Se da una parte, infatti, il Presidente dell’AgCom si dice sicuro della validità della sua delibera, ritenendo che abbia una solida base giuridica, per cui potrebbe sembrare un modo per acquisire ulteriori pareri positivi in merito per blindare il provvedimento, è però evidente che vi è un tentativo in atto di guadagnare tempo.

C’è da dire che la comunicazione dello schema alla Commissione europea è un atto dovuto, non una scelta dell’AgCom, ma ciò non toglie che l’annunciata moratoria, che sposterebbe i termini per l’approvazione definitiva del regolamento non prima di novembre, da l’idea che ci sia una sorta di ripensamento in atto.
In fondo è abbastanza logico, se ci pensiamo, visto che lo stesso Presidente precisa di aver adottato uno schema ipergarantista e “blando”, il quale proprio per questo è ritenuto insufficiente dalle aziende produttrici di audiovisivi. Secondo alcuni commentatori, infatti, la delibera AgCom avrebbe dovuto essere la risposta all’inefficacia della direttiva ecommerce, la quale, per come è stata recepita in Italia, non rende possibile una tutela rapida dei diritti delle major. Purtroppo, continua l’articolo, il pandemonio scoppiato verso questa delibera ha indotto l’AgCom ad una rapida marcia indietro rispetto alla prima versione, proponendo una nuova delibera che, sempre secondo i suddetti commentatori, è “un pannicello caldo, anzi tiepido”, cioè semplicemente inutile.
Allora, se da una parte gli utenti e gli “esperti della rete” contrastano tale delibera in quanto liberticida e illegittima, e dall’altra le stesse major, cioè quelle aziende che l’hanno voluta, la bollano come inutile, è ovvio chiedersi chi la vuole questa delibera. L’impressione è che si sia voluto forzare la mano nella materia del diritto d’autore, cercando di introdurre una nuova normativa delegata all’AgCom, così saltando a più pari un Parlamento che non è stato capace nemmeno di fare la riforma delle intercettazioni, ma l’operazione non è riuscita per la vasta opposizione che si è coagulata contro lo schema di regolamento AgCom.
Forse è questo il motivo di una pausa di riflessione in materia.

A questo punto si moltiplicano le iniziative dell’AgCom al fine di mostrare un’autorità più dialogante, più propensa ad aprirsi nei confronti delle opinioni di tutti, più tesa ad ascoltare. Quindi si apre un forum dove poter inviare contributi in materia, e la newsletter dell’autorità viene dedicata appunto alla tematica in oggetto, con contributi esterni all’AgCom.

La lettura dell’ultimo numero della newsletter è piuttosto interessante. A parte l’editoriale del Presidente, che sostanzialmente ricalca l’audizione di fronte alle Camere, l’articolo del Direttore dei Contenuti audiovisivi e multimediali non fa altro che ricordare quanto già in passato l’AgCom ha sostenuto sulla sua legittimazione in materia e sulla delibera in genere.
Purtroppo sono affermazioni del tutto sprovviste di contenuto, perché dire che “lo schema di provvedimento non riguarda i blog, i forum o i siti personali, ma si rivolge ai siti che fanno pirateria a livello industriale”, non ha alcun senso, visto che la legislazione italiana in materia non distingue affatto tra pirateria amatoriale e pirateria industriale. Nella nostra normativa, infatti, è sufficiente il fine di profitto (quindi anche il mero risparmio) per commettere un reato, e finché gli illeciti sul diritto d’autore sono puniti come reati non è possibile per alcun altro potere statale, compreso un’autorità indipendente, sovrapporsi od anticipare le valutazioni di un magistrato in merito all’oscuramento (cioè il sequestro, in termini giuridici) di un contenuto o di un sito web, a meno di non voler cambiare la nostra Costituzione.
Il cosiddetto “doppio binario giudiziario o amministrativo previsto dal decreto legislativo n. 70/2003”, di cui si parla nella newsletter, semplicemente non esiste, non è possibile che vi siano due valutazioni, una amministrativa ed una penale, di contenuti illeciti o presunti tali.
È questo l’ostacolo invalicabile che l’AgCom non può superare, l’inesistenza di una legittimazione a fare ciò che la delibera prevede, e l’impossibilità di sottrarre la materia al magistrato, unico depositario dei poteri in materia di diritto d’autore.

Gli interventi successivi, inseriti nella newsletter, sono indubitabilmente più stimolanti, in particolare quello di Juan Carlos De Martin, Condirettore del Nexa Center, il quale evidenzia la necessità di ripensare il diritto d’autore per adattarlo alle nuove esigenze sorte dalle conquiste in campo tecnologico, senza dimenticare, però, che le norme devono essere plasmate per “massimizzare il bene comune”, mentre invece oggi “si sta addirittura premendo per sfruttare i cambiamenti portati dal digitale per eliminare diritti degli utenti antichi di secoli. Un esempio? Potete forse dare in prestito un ebook che avete regolarmente acquistato, così come avete sempre prestato i vostri libri agli amici? No? E perché no? E perché mai alcuni editori non vorrebbero che le biblioteche dessero ebook in prestito, impedendo una prassi che nel mondo fisico diamo per scontata da generazioni?

L’intervento del Presidente della FIMI è rilevante in quanto ci chiarisce, come già detto sopra, che l’attuale formulazione della delibera AgCom non è sufficiente per le aziende. Infatti precisa che “la bozza di regolamento mandata in consultazione da Agcom ha quindi il pregio di porre al centro del dibattito la necessità di costruire l’architrave della rete che farà da sostegno alla produzione creativa, ma allo stesso tempo, nella ricerca di una mediazione, non ha saputo mantenere il mirino ben puntato sull’obiettivo principale nella lotta alla pirateria, ovvero alle grandi piattaforme pirata che si annidano in server stranieri e che offrono i contenuti illegali in Italia”. Il riferimento è all’oscuramento dei siti esteri: “è evidente quindi che aver cassato dal provvedimento la misura relativa all’inibizione dei siti esteri limitando l’impegno all’invio di una diffida ha il sapore dell’arma spuntata. Arma che invece in altri casi lo Stato italiano non ha vergogna di estrarre ed usare, si vedano i provvedimenti inibitori per siti stranieri, trasmessi ogni giorno agli ISP dall’Amministrazione dei  Monopoli di Stato per difendere l’esclusiva sulle scommesse online e senza che vi sia l’intervento dell’autorità giudiziaria”.
Quindi ciò che si vuole è applicare le misure di oscuramento dei siti, compreso quelli esteri, già attuate in altre materie, ad esempio per i siti pedopornografici e quelli di scommesse illecite. Si dimentica, purtroppo, che in quei casi vi sono norme emanate dal Parlamento che consentono tali attività. Non si tratta quindi di “due pesi, due misure dunque, perché ? Perché per difendere, con tutto il rispetto, il poker online non si passa per l’autorità giudiziaria, mentre per difendere il repertorio di De Andrè o i film di Rossellini ci vuole un giudice che garantisca i diritti dei “cittadini della rete?”, ma di semplice copertura legislativa, che poi è sempre il nocciolo del problema relativamente alla delibera AgCom, che tale copertura non la ha.
E questo senza voler scomodare l’altro argomento, cioè che l’oscuramento dei siti pedopornografici e quelli di scommesse è consentito, anche dall’Unione Europea, ma solo per motivi di ordine pubblico, mentre la violazione del diritto d’autore è soltanto un problema di diritto privato, cioè una lesione del patrimonio di soggetti privati e niente di più.
Siamo quindi ai soliti tentativi di far passare una perdita patrimoniale, un danno meramente economico, per una violazione di chissà quale diritto o libertà, mentre invece occorre sempre effettuare una giusta valutazione, e comparazione, dei diritti e delle libertà in gioco.
Ma del resto anche l’affermazione che “buona parte della politica ha inseguito logiche populistiche di basso profilo sgomitando per farsi vedere vicino al popolo della rete anche a costo di negare il riconoscimento del lavoro di migliaia di persone impegnate nella creazione di contenuti culturali”, lascia molti dubbi, in quanto, nonostante notevoli sforzi mnemonici, non riusciamo proprio a trovare alcuna legge o semplicemente proposta, che possa dirsi veramente favorevole al “popolo della rete”, mentre al contrario tutte le norme degli ultimi anni hanno danneggiato gli utenti del web, a partire dall’equo compenso che tratta tutti gli utenti come potenziali pirati.

L’intervento di Fulvio Sarzana ci ricorda, appunto, che la procedura amministrativa e quella giudiziaria si sovrappongono con il rischio concreto di decisioni contrastanti, a scapito ovviamente della certezza del diritto. E ciò è particolarmente vero nel momento in cui il regime delle eccezioni al diritto d’autore viene fissato dall’AgCom, nella sua delibera, in maniera diversa rispetto alla legge. “In particolare il punto  dell’articolo 10 ovvero “l’occasionalità della diffusione, la quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all’opera integrale che non pregiudichi il normale sfruttamento  economico dell’opera”, costituirebbe un ulteriore eccezione al diritto d’autore non presente nelle norme positive in materia, richiamando direttamente i criteri adottati dalla giurisprudenza statunitense per delineare l’ambito della “generalklausel” del fair use”.

Ed infine abbiamo l’intervento di Zeno-Zencovich, molto utile per inquadrare l’argomento. Il professore evidenzia, infatti, che internet non può essere considerato un luogo di esplicazione di libertà private, quanto piuttosto un luogo dove il cittadino esercita i suoi diritti, a partire dalla fruizione dei servizi sociali per arrivare all’esercizio della sovranità. E “ciò richiede un profondo ripensamento della disciplina che si è venuta formando negli ultimi 40 anni, non certo per affievolire la tutela della persona, ma per adeguarla al mutamento”.
È difficile però ignorare che, nei tempi attuali lo sviluppo di Internet si fonda al contempo su una grande libertà individuale e su una altrettanto grande libertà di iniziativa economica privata”, per cui nella rete il rapporto è di scambio sinallagmatico, da una parte un operatore che offre servizi e dell’altra un corrispettivo variabile, laddove spesso la fruizione del servizio avviene anche senza esborso monetario.

Portando ad estreme conseguenze il ragionamento del professore, potremmo dire che questo scambio da un lato comporta l’errato assunto di poter comparare i diritti patrimoniali con le libertà degli individui, che invece si pongono su piani diversi costituzionalmente parlando, ma dall’altro non può non farci riflettere sulla necessità di una maggiore tutela, proprio in rete, dei diritti degli individui, proprio nel momento in cui essi non sono soltanto esplicazione di libertà individuali, quanto piuttosto l’esercizio di diritti “pubblici”.
Da cui la necessità di recuperare una corretta scala di valori, e soprattutto riportare nel giusto alveo, quello parlamentare, la discussione in materia, al fine di ottenere una tutela adeguata di questi “nuovi” diritti del cittadino in rete, che sono sempre più minacciati dalle aziende private per le tutela dei loro meri interessi economici.

Quindi, tornando a quanto detto più sopra, l’impressione è che si sia tentato di introdurre una nuova normativa in materia di diritto d’autore saltando il Parlamento, ma che l’AgCom non ha potuto (o non ha voluto?) realizzare. Per cui, in considerazione del fatto che l’impasse deriva dall’inefficacia della legge di recepimento della direttiva ecommerce, come leggiamo nell’articolo di MilanoFinanza linkato più sopra, è probabile che si accantoni la delibera AgCom (o comunque la si rimandi, essendo inutile con questo testo) per concentrarsi su modifiche della legge di recepimento della direttiva ecommerce, per renderla decisamente più efficace, ad esempio imponendo al prestatore di servizi di comunicazione una responsabilità concorrente per i contenuti illeciti presenti o che transitano sui suoi server, anche quando il prestatore ne venga a conoscenza da parte di chiunque, compreso ovviamente il presunto titolare dei diritti.
Insomma, chiunque segnali ad un intermediario della comunicazione la presenza di un contenuto illecito sui suoi server porrà l’intermediario dinanzi all’alternativa tra il rimuovere il contenuto o divenirne corresponsabile, e questo riguarderà, si suppone, anche contenuti esteri, che potranno essere rimossi dagli indici dei motori di ricerca.