Con un comunicato stampa l’AgCom comunica l’approvazione dello “schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”, approvazione che, come evidenzia il comunicato, è avvenuta a maggioranza dei suoi membri, con un voto contrario ed un astenuto.
Al momento non è ancora pubblico il testo del provvedimento, per cui ogni valutazione è basata solo sul contenuto del suddetto comunicato.
Sicuramente è positivo il fatto che il testo non si deve considerare ancora definitivo, in quanto viene riproposto in consultazione per altri 60 giorni, consultazione che partirà dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e quindi tutti i soggetti interessati potranno intervenire.
Nel comunicato viene riportata una dichiarazione del presidente dell’autorità, il quale evidenzia come il testo sia stato attentamente riconsiderato. Aggiunge, inoltre, che da esso “sono state eliminate ambiguità e possibili criticità, fugando così qualsiasi dubbio sulla proporzionalità e sui
limiti dei provvedimenti dell’Autorità e sul rapporto tra l’intervento amministrativo e i preminenti poteri dell’Autorità giudiziaria”. Molto interessante è l’invito ad avviare un “dibattito approfondito e aperto a tutti i contributi e a tutte le voci della società civile, del mondo web e di quello produttivo, della cultura e del lavoro”.
Per quanto riguarda la procedura di tutela del diritto d’autore, dettagliata nella seconda parte dello schema di regolamento, essa si articola in due fasi.
La prima fase si svolge dinanzi al gestore del sito, il quale “se riconosce che i diritti del contenuto oggetto di segnalazione sono effettivamente riconducibili al segnalante, il gestore del sito può rimuoverlo lui stesso entro 4 giorni, accogliendo la richiesta rivoltagli (notice and take down)”.
La seconda fase si svolge direttamente dinanzi all’autorità, alla quale entrambe la parti potranno rivolgersi per ottenere un provvedimento di rimozione del contenuto, oppure di ripristino dello stesso, se già rimosso. Questa fase si articola attraverso un “trasparente contraddittorio della durata di 10 giorni”, a seguito della quale l’AgCom, nei successivi 20 giorni (prorogabili di altri 15), potrà impartire il suo ordine nel senso sopra indicato.
L’intera procedura adesso è vista come alternativa, e non più sostitutiva, della via giudiziaria, nel senso che ognuna delle parti potrà rivolgersi al giudice, e in tal caso il procedimento amministrativo si blocca. Il comunicato precisa altresì che ogni decisione dell’AgCom in materia è impugnabile dinanzi al TAR del Lazio.
Sono piuttosto evidenti, quindi, i passi in avanti effettuati rispetto alla procedura come inizialmente era stata dettagliata, in particolare osserviamo l’ampliamento di tutti i termini, il contraddittorio che non è più eventuale, la possibilità per entrambe le parti di rivolgersi all’AgCom, anche eventualmente per ripristinare un contenuto già rimosso dal gestore del sito. Infine, degno di nota è che la strada giudiziaria sia posta come alternativa alla procedura dinanzi all’AgCom, anzi in sostanza si può considerare prevalente, visto che il procedimento amministrativo si blocca se vi è ricorso all’autorità giudiziaria.
Alcuni punti non sono chiari, anche se può risultare ovvio, trattandosi di un comunicato e non del testo effettivo, ma conviene evidenziarli.
Innanzitutto non è chiaro esattamente a quali parti ci si riferisce quando si parla di contraddittorio e di possibile impugnazione all’AgCom, non è detto che il riferimento sia all’utente, colui che immette il contenuto, ma potrebbe essere solo al gestore del sito, così come era, in sostanza, nel testo precedente. In tal senso propenderebbe l’inciso alla fine del comunicato dove si chiarisce che il procedimento “non si rivolge all’utente finale”.
Se così fosse rimarrebbe la criticità già esposta, cioè l’assenza di un contraddittorio con l’utente, che è colui il quale viene effettivamente danneggiato dalla rimozione del contenuto. Vi sarebbe solo un contraddittorio sui generis tra il presunto titolare del contenuto e il gestore che nulla può sapere del contenuto medesimo.
In tal senso anche un aumento dei termini della procedura, un sostanziale raddoppio per entrambe le fasi, non amplia la tutela dell’utente, se poi non è effettivamente chiamato nella procedura.
È un punto da chiarire.
Tornando alla prima fase, le criticità sulla valutazione del gestore del sito, che può rimuovere il contenuto, permangono. Il gestore del sito non ha competenze per stabilire se i diritti del contenuto sono del segnalante o meno, e di sicuro non può sapere se sussistono diritti concorrenti, si tratta di valutazioni complesse che richiedono tempo ad un giudice, figuriamoci se possono essere trattate, in 2 o 4 giorni non fa molta differenza, da un gestore di un sito. A meno che, ovviamente, non si voglia costringere i gestori di siti a dotarsi di uffici legali attrezzati, con i costi del caso.
Per la seconda fase è ampiamente positivo che sia data la possibilità ad entrambe le parti di impugnare dinanzi all’AgCom, anche in caso di rimozione del contenuto, così che l’AgCom potrebbe anche eventualmente ordinare il ripristino del contenuto medesimo. Permane il dubbio di cui sopra, cioè quali siano le parti a cui si fa riferimento: il gestore e il titolare dei diritti, oppure il gestore, il titolare ma anche l’utente?
Sicuramente è un passo in avanti, inoltre, il configurare l’intera procedura come alternativa e non sostitutiva del ricorso all’autorità giudiziaria, però il punto nodale non è quello, bensì il problema che l’AgCom non ha alcuna legittimazione ad emanare provvedimenti inibitori né ordini di alcun tipo, la sua attività è limitata alla sola vigilanza. Infatti è previsto che l’AgCom, in presenza di violazioni, debba redigere verbale da inviare all’autorità giudiziaria. Questo dovrebbe voler dire che, essendo l’AgCom obbligato in tal senso, ogni procedura dell’AgCom si dovrebbe sempre bloccare in quanto dovrà essere la stessa autorità a rivolgersi al giudice.
Questo punto sembra piuttosto problematico, e vedremo se e come sarà risolto dal testo della delibera. Al momento l’impressione è che continui a mancare una legittimazione dell’AgCom a svolgere alcuni dei compiti dettagliati nel regolamento, legittimazione che solo una legge del Parlamento potrebbe dargli.
Continuiamo a scorrere le novità del comunicato stampa, e leggiamo che: “La procedura non riguarda (sulla base del principio del fair use):
- i siti non aventi finalità commerciale o scopo di lucro;
- l’esercizio del diritto di cronaca, commento, critica o discussione;
- l’uso didattico e scientifico;
- la riproduzione parziale, per quantità e qualità, del contenuto rispetto all’opera integrale che non nuoccia alla valorizzazione commerciale di questa”.
Questo è un chiarimento essenziale, perché una delle maggiori critiche mosse alla delibera era proprio data dal fatto che non tenesse conto delle eccezioni al diritto d’autore, in particolare del principio del fair use, cioè tutte quelle utilizzazioni libere di contenuti protetti dal diritto d’autore, consentite in presenza di alcuni precisi elementi. È interessante il richiamo al principio del fair use, richiamo che dovrebbe fugare possibili timori sulla possibilità di applicare tale principio nell’ordinamento italiano. Come già chiarito, infatti, tale principio si ricava dall’art. 70 della legge 633 del 1941, che riproduce sostanzialmente la disciplina statunitense del fair use. Proprio il suddetto articolo riproduce alcuni dei limiti i quali vengono poi riportati nel comunicato stampa dell’AgCom, al fine di evidenziare casi esemplificativi nei quali dovrebbe essere permesso l’uso libero, quindi senza necessità alcuna di consenso, di contenuti protetti dal diritto d’autore. È bene che l’AgCom abbia introdotto tale richiamo, in quanto sul punto molti utenti della rete non hanno sufficienti informazioni.
Detto ciò, però, conviene anche precisare che quelle eccezioni non hanno sempre un contenuto ben dettagliato, per cui la loro applicazione dipende un po’ troppo dall’interpretazione dei giudici o, in questo caso, dell’AgCom. E addirittura nella prima fase dipenderebbe dalla valutazione del gestore del sito!
Limitandoci solo al primo punto possiamo dire che la procedura si applicherà ai siti con finalità commerciali o di lucro, ma il punto è proprio che in tale materia ci sono ancora troppe incertezze, mancando a livello normativo una definizione di cosa è una attività commerciale. Tanto per citare un esempio dell’incertezza in materia, nel 1997 la Cassazione ebbe a dire, con la sentenza n. 8304, che l’esecuzione di musiche in una scuola di danza deve considerarsi attività commerciale, “in quanto organizzata dentro un processo produttivo diretto al profitto”. E il fine didattico?
Quindi, trasportando un discorso del genere alla rete, potremmo anche dire che qualsiasi attività organizzata per il profitto deve essere ritenuta attività commerciale o di lucro, per cui basterebbe anche un semplice banner pubblicitario applicato ad un sito di un privato per qualificare l’attività come dedita al profitto, come del resto asserito anche dall’Agenzia delle Entrate.
Il problema, quindi, è che se non si definisce chiaramente cosa è attività commerciale o di lucro, in relazione al web, perdurerà una notevole incertezza in materia che di sicuro non gioverà agli internauti e ai blogger.
Molti, leggendo il comunicato stampa dell’AgCom, probabilmente penseranno che il loro blog personale non è soggetto al regolamento in materia, ma questo non è affatto certo se quel blog presenta dei banner pubblicitari.
Tornando al comunicato stampa osserviamo positivamente che la procedura non prevede più alcuna misura di inibizione dell’accesso dei siti internet, e in particolare per i siti esteri l’AgCom, dopo una serie di avvertimenti, potrà provvedere solo a segnalare il caso all’autorità giudiziaria, a differenza di quanto stabilito nella prima stesura.
Modifica meritoria, ma viene da chiederci se in tal modo non si introduca una sorta di disparità tra chi ha un sito in Italia e chi lo ha all’estero. In tal modo si potrebbe anche ottenere l’effetto di incentivare lo spostamento di siti e blog su server esteri (casomai occultando la titolarità effettiva), al solo fine di ottenere una maggiore tutela, interamente demandata all’autorità giudiziaria, ed evitare le due fasi dinanzi al gestore del sito e all’AgCom.
Insomma, parecchie criticità permangono, alcuni dubbi sussistono, anche se abbiamo di fronte un provvedimento decisamente più ammorbidito rispetto al precedente testo, e si spera che alcuni punti critici possano trovare risoluzione nel testo effettivo del regolamento.
Sembra evidente che la pressione dell’opinione pubblica ha ottenuto un primo risultato, e comunque vi è una nuova fase di consultazione nella quale si potranno migliorare ulteriori elementi del testo.
Rimane comunque sempre viva la critica principale, cioè che occorrerebbe un ripensamento dell’intera normativa in materia di diritto d’autore, alla luce delle novità introdotte dalla rete internet, e che tale ripensamento deve trovare la sua sede naturale nel Parlamento.