Quando si discute di diritto d’autore viene subito in mente il p2p e la pirateria, realizzandosi la classica polarizzazione tra coloro che vogliono sanzioni severe per chi condivide file illegali in rete e quelli che, invece, difendono la condivisione.
Spesso, però, sfugge la considerazione che formano oggetto del diritto d’autore tutte le opere d’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla musica, alle arti, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia la forma d’espressione, per cui sono ricomprese numerose opere alle quali raramente si pensa nel corso di una discussione sul copyright.
Un recente caso è emblematico per comprendere la pervasività del diritto d’autore, o meglio del copyright visto che la vicenda in questione si è verificata negli Usa. Pochi giorni fa la famosa cantante Beyoncé è stata citata in giudizio per violazione del copyright in relazione alla coreografia del suo recente video Countdown, in particolare relativamente ad alcuni passi di danza. L’accusa viene dalla coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker che ha realizzato delle coreografie per la compagnia di danza Rosas.

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L’aiuto regista del video di Beyoncé ha ammesso di aver visionato alcuni video di danza moderna tedeschi, ma ha sostenuto che il video non era fatto per “copiare” bensì per rendere omaggio ad altri artisti, quali le Supremes e Audrey Hepburn. A ben vedere le due performance, però, pare evidente che due parti del video della cantante americana si ispirano chiaramente ai video dei Rosas, e considerato che non è stato chiesto alcun permesso, la coreografa belga, invece di dirsi onorata per l’“omaggio” ricevuto, ha parlato esplicitamente di plagio.
Ovviamente anche i passi di danza, le coreografie, sono frutto di fantasia e di innovazione, e quindi oggetto di proprietà intellettuale al pari di un film, di un libro o di una canzone. Per cui in una causa De Keersmaeker potrebbe avere ragione, visto che vi sono elementi simili tra i due video, compreso costumi e scenografie. Essendo il video di Beyoncé un video commerciale non è nemmeno pensabile richiamare il fair use, l’istituto americano che consente l’utilizzo libero di parti di opere protette purché siano valutati quattro fattori specifici, tra i quali l’uso non commerciale. Però c’è da dire che nei due video la musica è certamente diversa, e molte sequenze sono differenti, per cui alla fine l’uso del lavoro di De Keersmaeker è ridotto a poche battute. In tal senso si potrebbe ritenere sussistente il cosiddetto “uso trasformativo”, e quindi l’opera accusata potrebbe comunque rientrare tra le ipotesi che non determinano violazioni del copyright.
Secondo alcuni, inoltre, visionando i video della compagnia belga si potrebbe ritenere che anche le loro coreografie in fondo sono derivate da artisti precedenti, in tal caso la disputa sarebbe facile da risolvere: se anche loro si sono ispirati allora non esisterebbe alcuna violazione del copyright da parte dell’artista americana.
In fondo c’è però da rimarcare che ogni artista è sempre influenzato da altri artisti, precedenti ma anche contemporanei, e la valutazione su una eventuale violazione del copyright oppure su un plagio è un’operazione molto complessa che deve essere necessariamente demandata ad esperti che devono prendersi i tempi necessari per poter effettuare un esame completo ed esaustivo della contesa. In genere valutazioni di questo tipo si hanno dopo aver ripercorso e valutato influenze artistiche che si dipanano per decenni. Ripercorrendo tale vicenda non possiamo non tornare con la mente alla delibera AgCom in materia di diritto d’autore che pretenderebbe di affidare prima ai privati titolari dei diritto d’autore, e in seconda battuta, eventualmente, all’AgCom la soluzione di controversie di questa complessità, per giunta in un ristretto spazio temporale di pochi giorni.
In ogni caso sembra ovvio che al giorno d’oggi c’è una generale tendenza a far valere una tutela del copyright in maniera molto più massiccia rispetto al passato. Senza riferimenti al caso particolare citato sopra, ci sembra che tale atteggiamento non sia proprio il modo migliore per incentivare l’innovazione e la creatività. Immaginate se Bob Fosse avesse sollevato la stessa questione nei confronti di Michael Jackson. Come tutti sanno, infatti, fu Bob Fosse che nel film del 1974 The Little Prince portò alla ribalta il famoso Moonwalk, poi ripreso e reso famoso da Michael Jackson.