La sentenza del 23 aprile 2010, della terza sezione della Corte di Appello di Torino, con presidente-relatore Gustavo Witzel, ha riformato la decisione di primo grado del Tribunale di Aosta, che aveva condannato un blogger, gestore del sito “Il bolscevico stanco”, per diffamazione ed omissione di controllo sui commenti di utenti anonimi.
Il Tribunale di Aosta, in particolare, aveva ritenuto che la posizione del gestore di un blog fosse da ritenersi identica (e non semplicemente assimilabile) a quella di un direttore responsabile, per cui andava condannato ai sensi dell’art. 596 bis del codice penale, che così recita: “Diffamazione col mezzo della stampa. Se il delitto di diffamazione e’ commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57 bis e 58”.
La Corte di Appello di Torino, invece, ha ribaltato la sentenza, confermando la condanna per diffamazione in relazione ai contenuti immessi direttamente dal gestore del blog, cioè quelli da lui firmati, ma assolvendolo dalla seconda accusa, ritenendo non sussistente alcun obbligo di controllo sui contenuti immessi da altri nel suo blog, o comunque anonimi.
Con tale decisione viene quindi meno l’equiparazione del blogger ad un direttore responsabile di una testata giornalistica, che avrebbe, ovviamente, responsabilità editoriale nei confronti di tutti i contenuti presenti nelle pagine del giornale, o del sito, per cui il gestore di un blog, stabilisce la Corte, risponde personalmente solo dei post a lui direttamente riconducibili.
L’indagine nasce da una denuncia di alcuni giornalisti valdostani nei confronti dell’anonimo autore del blog “Il bolscevico stanco”, il quale poi è stato individuato nella persona di un giornalista. L’imputazione era di diffamazione, cioè ai sensi dell’articolo 595 del codice penale, comma 3 per l’aggravante col mezzo della pubblicità, cioè il sito web.
La sentenza del Tribunale di Aosta sostiene che “essendosi provato ut sopra che il M. era il soggetto che aveva in disponibilità la gestione del blog, egli risponde ex art. 596 bis c.p., essendo la sua posizione identica a quella di un direttore responsabile. O meglio, colui che gestisce il blog altro non è che il direttore responsabile dello stesso, pur se non viene formalmente utilizzata tale forma semantica per indicare la figura del gestore e proprietario di un sito Internet, su cui altri soggetti possano inserire interventi”. Cioè, continua il Tribunale, “la posizione di un direttore di una testata giornalistica stampata e quella di chi gestisce un blog (e che, infatti, può cancellare messaggi) è – mutatis mutandis – identica. Il gestore di un blog ha infatti il totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi. Diversamente, vi è responsabilità penale ex art. 596 bis cp”.
Dopo di ché il Tribunale si sofferma sui contenuti del sito web in questione, giungendo alla conclusione che si tratti di contenuti diffamatori, per questo il titolare del blog viene condannato per diffamazione e per omissione di controllo sui contenuti anonimi presenti nel suo blog.
La sentenza del Tribunale di Aosta, invero, confonde la titolarità del blog con la titolarità dei contenuti, in quanto considera gli articoli pubblicati sul blog riconducibili al gestore del blog, per il solo fatto di avere egli il potere di controllo su post e contenuti, nel senso di avere la possibilità tecnica di rimuoverli, volendo.
La Corte di Appello di Torino, invece, ha ritenuto che tale parificazione tra il gestore di un blog e il direttore di un giornale non fosse giuridicamente sostenibile, ed ha assolto il gestore del blog in relazione ai post da lui non firmati, quindi non riconducibili a lui, pur confermando la condanna per i soli post scritti direttamente dal gestore.
In sintesi, per quello che qui ci interessa, il titolare del blog è stato assolto dal reato di omesso controllo: secondo il giudice tutti i post che non sono scritti dal gestore del blog devono essere considerati anonimi!
Questo principio espresso dalla Corte penale in realtà dovrebbe ritenersi pacifico sotto vari punti di vista. Innanzitutto possiamo ritenere che un obbligo di sorveglianza a carico del gestore di un blog non esiste, in special modo se il blog in questione può essere ritenuto un intermediario della comunicazione. In generale, escludendo i casi di messaggi immessi direttamente dal blogger, per i quali egli ne risponde senza ombra di dubbio, la responsabilità del blogger dovrebbe sussistere solo se egli interviene nella selezione e filtraggio dei messaggi immessi dagli utenti, a meno, quindi, non adotti una moderazione preventiva, in tal caso risponderà in concorso con gli utenti, proprio perché seleziona i messaggi da far visualizzare al blog. Ma in questo caso il blogger ne risponde per concorso in diffamazione, non certo per omissione di controllo, in quanto legge i messaggi e ne “approva” il contenuto.
È pacifico, altresì, che in assenza di controllo sui messaggi immessi dagli utenti, nessun rimprovero può essere mosso al blogger, ma degli eventuali reati risponderanno direttamente gli autori dei messaggi, questo perché il nostro ordinamento non riconosce in capo al gestore di un blog alcuna posizione di garanzia rispetto agli articoli o ai messaggi di terzi pubblicati sul suo sito.
In sintesi, il blogger, come il moderatore o amministratore di forum o chat, risponde solo a titolo di dolo nelle ipotesi in cui concorra con l’autore nella diffusione della comunicazione diffamatoria.
Anche la sentenza della Corte di Cassazione penale, n. 10535 del 2008, ha stabilito che un forum non può essere considerato stampa, quanto piuttosto una bacheca online.
La legge 62 del 2001 ha esteso l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 2 della legge n. 47 del 1948 (legge sulla stampa) al “prodotto editoriale”, stabilendo che per tale può essere considerato anche il prodotto realizzato su supporto informatico, se destinato alla pubblicazione e alla diffusione di informazioni presso il pubblico. Quindi, la normativa prevede la possibilità di definire stampa un sito web, ma ciò può avvenire solo nel caso in cui sussistano le specifiche condizioni che sono alla base del prodotto editoriale.
L’applicabilità delle norme sulla stampa al web è discorso che parte da lontano, e non è possibile riassumerlo in poche battute, però è importante tenere presente che per configurarsi un prodotto editoriale necessitano determinati requisiti, che potremmo riassumere nel requisito ontologico (la struttura) e quello finalistico (gli scopi della pubblicazione), propri di un giornale.
È di tutta evidenza che sul web esistono realtà che sono perfettamente assimilabili alla stampa cartacea, e una mera differenza strutturale, derivante dal mezzo utilizzato per la diffusione (il web invece che la carta) non può impedire l’applicabilità delle norme sulla stampa a siti che presentano le previste caratteristiche, ma da questo non è possibile ricavare una generale applicabilità delle norme sulla stampa a siti che hanno un carattere meramente volontaristico, come può essere un blog od un forum.
Come chiaramente precisato nella sentenza 10535 del 2008, il diritto deve adeguarsi alle nuove tecnologie, “ma da questo assunto non può farsi derivare che i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero (newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei, e così via) possano, tutti in blocco, solo perché tali, essere inclusi nel concetto di stampa prescindendo dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi”.
In genere si contesta che con l’avvento delle nuove tecnologie chiunque può aprire un blog, un forum, un sito web, e pubblicare ciò che vuole, diventando così giornalista, editore e stampatore nello stesso tempo. Ma è proprio questa strutturazione del sito, nel quale i contenuti vengono immessi senza alcuna scrematura, che distingue un prodotto volontaristico da uno di informazione professionale. È l’assenza del direttore responsabile, un giornalista che costituisce il filtro garanzia delle qualità delle informazioni veicolate, che seleziona le informazioni e per questo motivo se ne assume la responsabilità, che fa la differenza tra un semplice blog e una testata editoriale.
Concludendo, si può ritenere prodotto editoriale, quindi soggetto alla normativa sulla stampa, solo quel sito web che presenti i requisiti ontologico e finalistico impliciti alla legge 47 del 1948. Secondo la giurisprudenza, le testate editoriali sono quelle pubblicate con periodicità, e caratterizzate dalla raccolta, dal commento e dell’elaborazione critica di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, dalla finalità di sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di fatti di cronaca e di tematiche socialmente meritevoli di essere rese note. In presenza di questi requisiti si applica la legge sulla stampa, con le relative guarentigie, ad esempio l’impossibilità di sequestro della pubblicazione, e i consequenziali obblighi, tra i quali anche l’obbligo di avere un direttore responsabile che risponde, in solido con l’autore dell’articolo, di tutti i contenuti pubblicati sul giornale, sia esso cartaceo che telematico.
Per quanto riguarda, invece, la registrazione della testata editoriale telematica, essa è obbligatoria solo se i titolari intendano avvalersi delle provvidenze previste dall'articolo 7 comma 3 del decreto legislativo 70 del 2003, che rinvia alla legge 7 marzo 2001 n. 62.
Questo vuol dire che il reato di stampa clandestina (art. 16 della legge sulla stampa) non può essere esteso alle pubblicazioni web in assenza di un apposito intervento legislativo, come diversi Tribunali hanno già affermato. Secondo alcuni autori, invece, anche le pubblicazioni telematiche, purché periodiche, sarebbero obbligate alla registrazione presso il Tribunale.