Calcio e responsabilità da link

sky-tvgratisÈ di qualche tempo fa la sentenza che ha chiuso il primo grado del procedimento civile che vedeva contrapposti da un lato Sky Italia e dall’altro il titolare del sito web tvgratis.net e Telecom Italia, quest’ultima nella veste di fornitore di accesso del sito web suddetto.
Si tratta di un procedimento civile particolarmente interessante in relazione alle problematiche che tocca, cioè la responsabilità per link, il diritto d’autore, lo streaming video e la responsabilità dei provider, anche se generalmente tali problematiche vengono portate dinanzi a giudici penali. La sentenza ha visto condannare il sito web sopra indicato, nella persona del suo titolare, non solo all’inibitoria dei contenuti illeciti (provvedimento che era stato già ottenuto in sede cautelare), ma anche al risarcimento del danno nei confronti di Sky, ma al contempo è stata dichiarata la non responsabilità di Telecom Italia quale fornitore di accesso per tvgratis.net.


Per comprendere meglio riassumiamo i fatti salienti della vicenda così come riportati anche nella sentenza.
Sky acquista dalle squadre di calcio di serie A i diritti per la registrazione delle partite del campionato italiano di seria A 2005-2006, e concede a terzi la ripetizione delle partite, tra gli altri anche ad alcune aziende in Cina, con esclusione della ritrasmissione su internet. Alcuni siti web cinesi registrano abusivamente i filmati delle partite, e le ritrasmettono in rete.
Qualche sito italiano, tra i quali tvgratis.net , pubblica link a software in grado di captare le suddette trasmissioni, nonché tutte le istruzioni per il funzionamento dei software in questione e una serie di link alle partite così come ritrasmesse abusivamente dai siti cinesi, in modo che cliccando sui link, e avendo preinstallato i suddetti software, si veniva direzionati verso le partite. In più il suddetto sito aggiungeva le istruzioni per sincronizzare l’audio della radio italiana con le immagini delle partite che, evidentemente, avevano un commento in cinese essendo predisposte per la trasmissione in Cina.
Secondo Sky tale comportamento viola i diritti propri, in particolare i diritti patrimoniali d’autore e i diritti connessi al film della partita, il diritto del produttore di videogrammi ai sensi dell’art. 78 ter della legge sul diritto autore, e i diritti dell’emittente sulle proprie emissioni (art. 79).
Il tribunale di Milano ha sancito che l’esecuzione delle riprese delle azioni di gioco è tutelabile ai sensi del diritto d’autore, in quanto le scelte sulle modalità ed angolazioni delle riprese, delle singole azioni di gioco, gli elementi di grafica, ecc…, assume carattere di creatività e di originalità che fa sorgere il diritto alla tutela richiesta. Però, secondo quanto asserito direttamente da Sky, la captazione abusiva delle riprese sarebbe avvenuta in danno delle emittenti cinesi, licenziatarie della trasmissione, e non direttamente dalle riprese Sky.
Il tribunale, quindi, stabilisce che “la comunicazione al pubblico via internet di tali filmati è attività illecita, stante il fatto che parte attrice non risulta aver mai concesso a terzi alcuna licenza per la diffusione con tale mezzo dei filmati in questione e che pertanto la loro ritrasmissione sulla rete web non risulta accompagnata dal consenso della titolare dei diritti sui filmati stessi né appare prospettabile alcuna forma di esaurimento del diritto di comunicazione al pubblico di tale materiale”.

Il gestore di tvgratis.net si è difeso sostenendo che alcuna condotta agevolatrice sarebbe ipotizzabile a suo carico in quanto l’immissione in rete si sarebbe realizzata in territorio cinese ad opera di siti cinesi, e la mera presenza di un link sul suo sito dovrebbe qualificarsi come contributo informativo, in quanto la connessione sarebbe materialmente posta in essere mediante software di terze parti rispetto ai quali il sito si limitava a fornire la possibilità di accesso all’utente.

Il tribunale, invece, ritiene che la condotta del gestore di tvgratis.net è da ritenersi rilevante sotto il profilo del concorso con l’illecita diffusione di materiale protetto dal diritto d’autore posta in essere dai siti cinesi, “in termini di consapevole agevolazione in quanto destinata a consentire con evidente e maggiore facilità all’utente italiano la possibilità di usufruire di tali contenuti”.
In tal senso soccorre l’art. 41 del codice penale che prevede l’ipotesi di concorso anche nei casi di contributo agevolatore, purché sussista la consapevolezza del collegamento finalistico di tali atti, cioè la coscienza e volontà di apportare un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito.

Nel caso di specie, continua il tribunale, l’utente italiano, tramite il suddetto sito era indirizzato direttamente e con facilità alla visione del materiale protetto ma illecitamente offerto dai siti cinesi, a mezzo della fornitura dell’elenco dei siti cinesi stessi e delle partite da essi diffuse, nonché dalla possibilità di provvedere alla sincronizzazione delle immagini con un commento in lingua italiana, commento offerto ponendo a disposizione dell’utente sia la istruzioni tecniche per la sincronizzazione tra audio e video che l’elenco delle radio che trasmettevano i commenti medesimi. A ciò si aggiungeva l’indicazione necessaria per procurarsi il software necessario alla visione e le istruzioni tecniche alla sua istallazione. In tal senso appare evidente che l’apporto del sito in questione è senz’altro definibile come agevolatore rispetto alla condotta dei siti cinesi, in quanto in assenza dell’apporto del sito indicato sarebbe stato senz’altro molto più difficile, ai limiti dell’improbabilità, per un normale utente scovare il sito cinese in questione, e ugualmente sarebbe stato molto più complesso e difficile per un utente riuscire a vedere le partite.

Il tribunale ritiene anche impossibile che il gestore del sito non fosse a conoscenza della presenza di diritti di terzi su quel materiale, tenuto conto che la visione di tali partite nel territorio italiano è notoriamente condizionata al pagamento di un corrispettivo, anche se si deve dire che tale punto non sembra esente da critiche, in quanto la semplice titolarità di un diritto d’autore rispetto ad un contenuto non appare sufficiente per poter dedurne l’impossibilità di ritrasmissione o diffusione del medesimo contenuto secondo diverse modalità.

La visione in sé non è affatto illecita, cioè se un utente fosse capitato per caso sul sito cinese non avrebbe sicuramente commesso alcun illecito, mentre è da ritenersi illecita la ritrasmissione delle riprese televisive delle partite, nonché l’agevolazione alla fruizione della visione di materiale posto a disposizione da terzi illecitamente, a mezzo di offerta degli strumenti tecnici per ovviare alle difficoltà inerenti alla fruizione della visione medesima.
In questo senso la sentenza sembra inserirsi nel solco di precedenti pronunce in merito alla responsabilità per link, dove si riconosce una responsabilità in presenza di link a materiale illecito nel momento in cui si riesca a provare la consapevolezza dell’illiceità del link (elemento che caratterizza e distingue un motore di ricerca, il quale ha una posizione neutra verso i contenuti indicizzati) e vi sia una condotta agevolatrice della attività illecita.

Quindi il tribunale con la sentenza conferma l’inibitoria già adottata in sede cautelare, e di conseguenza condanna il convenuto al risarcimento dei danni, quantificati direttamente da Sky nella misura di 1 euro come somma simbolica, occorsi a Sky quale produttore di videogrammi (le riprese televisive), mentre non condanna in relazione alla posizione di Sky quale emittente televisiva, poiché, come asserito stesso da Sky, la captazione indebita delle riprese è avvenuta in Cina in danno delle emittenti cinesi licenziatarie dei contenuti.

Per quanto riguarda la posizione di Telecom Italia, la domanda di Sky è stata respinta, ed è forse la parte più interessante della sentenza. Secondo il collegio, Telecom pacificamente assume la veste di internet access provider rispetto alla posizione del sito summenzionato, per cui si applica ad essa l’art. 14 del D. Lgs. 70 del 2003, avendo svolto un ruolo di mero trasporto (mere conduit) delle informazioni senza alcun tipo di attività ulteriore.
Secondo il tribunale il provider può essere destinatario di ordini da parte dell’autorità giudiziaria (art. 14 comma 3) destinati a determinare la cessazione delle violazioni commesse dai suoi utenti, con l’intento di pervenire ad una rapida ed efficace cessazione delle violazioni medesime, laddove non appaia sufficiente l’inibitoria comminata all’utente.
Pertanto un concorso del provider nelle violazioni commesse dall’utente sorgerebbe nel caso in cui non abbia prontamente ottemperato all’ordine dell’autorità giudiziaria od amministrativa di impedire l’accesso alle “informazioni illecite”, oppure “nell’ipotesi in cui esso, consapevole del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio di cui assicura l’accesso alla rete, non abbia provveduto ad informarne l’autorità competente (art. 17, comma 3, D. Lgsvo 70/03)”.
Nel caso specifico non sussistono, secondo il tribunale, i presupposti per rinvenire una responsabilità della Telecom quale provider, in quanto la diffida (28/4/06) inviata da Sky alla Telecom è stata immediatamente seguita (4/5/06) dalla presentazione di un ricorso cautelare che ha determinato il venire meno della necessità di una autonoma attivazione del provider al fine di informare l’autorità competente.
È importante sottolineare questo punto, cioè l’obbligo a carico del provider, in caso di diffida di un soggetto terzo, è limitato esclusivamente all’informativa all’autorità giudiziaria, e non si spinge alla disattivazione del sito web oggetto di diffida. Altro punto di rilievo è l’inciso dove si precisa che è possibile per l’autorità giudiziaria od amministrativa chiedere di impedire l’accesso alle “informazioni illecite”, per cui sembrerebbe che l’oscuramento dovrebbe essere limitato alle sole informazioni illecite e non possa essere esteso ad un intero sito che è usato solo parzialmente per veicolare informazioni illecite (come avvenne per Pirate Bay, per intenderci).