Con la sentenza del 3 luglio 2012, caso C-128/11, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea chiarisce indubitabilmente come sia del tutto legittimo il mercato del software di seconda mano, anche se distribuito tramite download in rete.
La Oracle è una azienda che sviluppa programmi per computer, e li distribuisce mediante download in rete. Il cliente scarica una copia del software e lo può usare acquistando una licenza che include il diritto di memorizzare in modo permanente la copia del programma sul proprio computer, oltre ovviamente al diritto di utilizzazione di durata indeterminata. Nella licenza si precisa, però, che essa non è trasferibile.
UsedSoft è un'azienda tedesca che rivende licenze di clienti della Oracle, così che i suoi clienti scaricano il software direttamente dai server Oracle, e sono legittimati ad usarlo grazie alla licenza "usata".
Secondo Oracle tale attività deve ritenersi in contrasto con le normative vigenti, in particolare le direttive europee in materia di diritto d'autore, nello specifico la direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2009/24/CE. La magistratura tedesca, dinanzi alla quale è stata incardinata la procedura, si è rivolta alla Corte di Giustizia per l'interpretazione delle norme da applicare al caso concreto.
La problematica non è di poco conto. Si tratta di stabilire se è lecita, e con quali limiti la rivendita di software. La partita si gioca tutta sul concetto di licenza, infatti Oracle si duole proprio del fatto che non si tratterebbe di una vendita, ma di una semplice concessione di licenza, per cui i diritti sono stabiliti dal licenziatario che ha escluso la trasferibilità del software.
Nel 2009 un tribunale statunitense risolse una questione analoga stabilendo che è lecita la rivendita del software (nel caso specifico su eBay), in quanto la first sale doctrine permette all'acquirente di trasferire (a titolo oneroso oppure gratuito) un prodotto soggetto a proprietà intellettuale, purché sia stato legittimamente acquistato e purché il venditore non ne faccia copie aggiuntive e comunque non usi più la sua copia.
Un principio del genere è pacifico in relazione ad un libro, me è pesantemente osteggiato dalle aziende se si tenta di applicarlo a prodotti digitali, specialmente se sono distribuiti tramite download, quindi immaterialmente, e non trasfusi in un oggetto fisico quale un dvd.
L'argomentazione principe delle aziende è la necessità di mantenere il controllo della circolazione del suo lavoro, il prodotto, per cui i diritti normalmente applicabili ad un libro (diritto di rivendita, di prestito...), non dovrebbero essere applicabili ad un oggetto immateriale quale un software, perché se un libro fisico può essere letto da una sola persona alla volta, potenzialmente il software può essere copiato e ridistribuito milioni di volte. Tale argomentazione ha consentito alle aziende di impedire l'applicazione di uguali diritti tra un prodotto fisico (libro) ed uno digitale (ebook od un software), con conseguente restringimento della sfera del diritto pubblico al fine di rafforzare la tutela degli interessi economici delle aziende.
Nel 2009 il giudice americano dette torto ad Autodesk, stabilendo che nel caso specifico era possibile qualificare il contratto tra le parti come un vero e proprio contratto di vendita, con tutte le conseguenze del caso, compreso l'applicazione del principio di esaurimento (first sale doctrine).
Con la sentenza del 3 luglio, la Corte di Giustizia europea è pervenuta a conclusioni analoghe, rigettando l'ipotesi di partenza di Oracle, laddove anch'essa faceva leva sulla necessità di qualificare l'accordo tra le parti non come vendita ma come licenza.
La Corte ha invece qualificato l'accordo come vendita, sulla base del fatto che si ha una cessione di un bene od un servizio a tempo indeterminato a fronte di un pagamento di un prezzo, di conseguenza non può non rilevarsi che la distribuzione di un software nel caso specifico implica il trasferimento di un diritto del tutto analogo a quello di proprietà della singola copia.
Questo perché scindere il download del programma e la licenza, come vorrebbe fare Oracle, determinerebbe l'inutilità del download medesimo essendo la copia inutilizzabile dal suo detentore in assenza di licenza. Le due operazioni devono, quindi, essere accorpate e qualificate giuridicamente nel loro complesso.
Il punto successivo sta nello stabilire se vi sono differenze nel caso in cui il programma viene fornito su supporto fisico oppure immaterialmente tramite download. Come chiarito sopra la problematica assume rilievo perché nel secondo caso potenzialmente si potrebbero rivendere infinite copie del programma.
La Corte ha invece chiarito che tale differenza da un punto di vista giuridico è del tutto irrilevante, in entrambi i casi, infatti, si deve qualificare l'accordo come vendita, cioè trasferimento del diritto di proprietà della copia stessa. Ragionare diversamente consentirebbe al titolare di aggirare le norme in materia semplicemente qualificando come licenza il contratto tra le parti. Ed in particolare, il punto che interessa le aziende, si svuoterebbe di qualsiasi contenuto il principio di esaurimento, o first sale doctrine per dirla all'americana.
Il principio di esaurimento è collegato al diritto di distribuzione, il quale ha per oggetto la distribuzione dell'originale di un opera e comprende il diritto esclusivo di introdurla in un territorio (ad esempio negli Stati dell'Unione Europea). Tale diritto si esaurisce, appunto, nel momento in cui all'interno dell'Unione europea l'opera o il prodotto (un software ad esempio), è stato messo in commercio dall'autore o da terzi ma con il consenso dell'autore.
Cioè vuol dire che dopo la "prima vendita" (first sale) ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24, l'acquirente può rivendere o prestare il prodotto legittimamente acquistato senza necessità di ulteriori autorizzazioni.
Se tale principio è pacifico, non altrettanto lo è l'estensione della sua applicazione, nel senso che le aziende notoriamente rifiutano di applicare il principio di esaurimento alle copie immateriali, basandosi sulla considerazione che la direttiva del 2001 sostiene che il principio non si applica alla prestazione di servizi, così ritenendo implicitamente che solo la vendita vera e propria (software su supporto) determina l'esaurimento del diritto di distribuzione, mentre in caso di download (immateriale) si dovrebbe più correttamente parlare di comunicazione o messa a disposizione del pubblico che, invece, non determina l'esaurimento. È da notare che questa è anche la posizione della Commissione europea intervenuta nel giudizio, per capirci la stessa Commissione che si è schierata a favore di ACTA.
La Corte, invece, precisa che l'esistenza di una cessione del diritto di proprietà, come nel caso specifico, tramuta l'atto di comunicazione in distribuzione, che da luogo all'esaurimento del diritto con il primo atto di vendita, laddove la direttiva si riferisce genericamente alla "vendita della copia di un programma", senza ulteriori distinzioni.
È da evidenziare il punto in cui la Corte puntualizza, in risposta all'argomento della Commissione secondo cui il diritto dell'Unione non prevedrebbe l'esaurimento del diritto di distribuzione per i servizi, che "l'obiettivo del principio dell'esaurimento del diritto di distribuzione delle opere protette dal diritto d'autore è quello di limitare, al fine di evitare la compartimentazione dei mercati, le restrizioni alla distribuzione delle opere stesse a quanto necessario per proteggere l'oggetto specifico della proprietà intellettuale di cui trattasi". Quindi, limitare l'applicazione del principio dell'esaurimento del diritto di distribuzione "alle sole copie di programmi per elaboratore vendute su un supporto informatico tangibile consentirebbe al titolare del diritto d'autore di controllare la rivendita delle copie scaricate via Internet e di pretendere, in occasione di ogni rivendita, una nuova remunerazione, laddove la prima vendita della copia de qua avrebbe già consentito al titolare stesso di ottenere una remunerazione adeguata. Una siffatta restrizione alla rivendita delle copie di programmi per elaboratore scaricati via Internet andrebbe al di là di quanto è necessario per tutelare l'oggetto specifico della proprietà intellettuale".
Insomma, il titolare otterrebbe una remunerazione multipla per lo stesso prodotto già remunerato sufficientemente con la prima vendita.
Chiarito ciò, la Corte precisa anche che il timore delle aziende in merito alla possibilità che il prodotto sfugga al loro controllo, è del tutto infondato, perché è evidente che l'acquirente iniziale al momento di rivendere il prodotto deve rendere inutilizzabile la sua copia, in caso contrario violerebbe i diritti del titolare. Se invece il titolare pretendesse una remunerazione per ogni vendita, evidentemente dovrebbe acconsentire che l'acquirente originale possa continuare ad usare la copia nonostante la rivendita. Insomma, al titolare spetta solo una remunerazione per ogni singola copia, e non più remunerazioni per una sola copia.
La circostanza che verificare se effettivamente la prima copia sia stata resa inutilizzabile non è cosa semplice non può ricadere sugli acquirenti né consentire remunerazioni multiple, del resto il titolare che distribuisce copie di un programma su un supporto fisico si ritrova la medesima difficoltà, nel verificare se l'acquirente originale ha, ad esempio, effettuato più copie dello stesso supporto fisico. È ovvio che il titolare ha il diritto di ricorrere a misure tecniche di protezione per risolvere tali difficoltà, ma questo è un discorso diverso.
L'acquirente legittimo di un programma per computer, secondo la Corte di Giustizia europea, può legittimamente rivendere il software, e il nuovo acquirente ha il diritto (art. 5 direttiva 2009/24) di procedere al download della copia del programma sul proprio computer, laddove legittimo acquirente non è, quindi, quello stabilito dal titolare, ovvero autorizzato in licenza, perché tale restrizione impedirebbe di far valere l'esaurimento del diritto di distribuzione con violazione della normativa europea.
Chiaramente, l'acquirente non può scindere la licenza e rivendere parte della stessa. Cioè, nell'ipotesi che la licenza sia per 25 utilizzatori, l'acquirente non può rivendere le utilizzazioni da lui non usufruite continuando ad utilizzare il software. La cessione riguarda la licenza come è, in toto.
In conclusione:
- "il diritto di distribuzione della copia di un programma per elaboratore è esaurito qualora il titolare del diritto d'autore che abbia autorizzato, foss'anche a titolo gratuito, il download della copia su un supporto informatico via Internet abbia parimenti conferito, a fronte del pagamento di un prezzo diretto a consentirgli l'ottenimento di una remunerazione corrispondente al valore economico della copia dell'opera di cui è proprietario, il diritto di utilizzare la copia stessa, senza limitazioni di durata";
- "in caso di rivendita di una licenza di utilizzazione che implichi la rivendita di una copia di un programma per elaboratore scaricata dal sito Internet del titolare del diritto d'autore, licenza che era stata inizialmente concessa al primo acquirente dal titolare medesimo senza limitazione di durata ed a fronte del pagamento di un prezzo diretto a consentire a quest'ultimo di ottenere una remunerazione corrispondente al valore economico della copia della propria opera, il secondo acquirente della licenza stessa, al pari di ogni suo acquirente successivo, potrà avvalersi dell'esaurimento del diritto di distribuzione previsto dall'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva medesima e, conseguentemente, potrà essere considerato quale legittimo acquirente di una copia di un programma per elaboratore, ai sensi del successivo articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, beneficiando del diritto di riproduzione previsto da quest'ultima disposizione".
Due annotazioni a margine sono doverose. La Corte precisa che si è in presenza di una vendita se si ottiene il diritto di utilizzare la copia "senza limitazioni di durata". È ovvio che la prossima mossa delle aziende sarà di realizzare licenze con durata temporale limitata.
Inoltre la Corte ha distinto tra servizio online e offerta di software online tramite download. Anche qui, è facile immaginare che la prossima mossa dei produttori sarà di fornire software solo tramite servizio (e non più download). Del resto ci siamo già incamminati da tempo in questa direzione, con il software in cloud.