Una recente ordinanza del tribunale di Napoli (n. 1184 del 18/02/2015, 2a Sez. Pres. Como) ci riporta all'annoso problema della comparazione tra internet e stampa e al dibattito sulla diffamazione a mezzo stampa (e non solo). Nel caso specifico il rappresentante di una università telematica deduceva il carattere diffamatorio di un articolo apparso prima sulla versione cartacea di una nota rivista, e poi sull'equivalente online. I ricorrenti, però, si lamentano esclusivamente della versione online dell'articolo che riprende la versione cartacea con alcune marginali differenze nel titolo.
L'ordinanza è particolarmente rilevante in quanto non solo ordina la rimozione dell'articolo dal sito web del giornale (registrato al registro per la stampa) online, ma anche la deindicizzazione presso tutti i motori di ricerca e l'oscuramento del blog collegato all'articolo.
In un'epoca nella quale ci si lamenta delle difficoltà che i cittadini incontrano nel tutelarsi contro le diffamazioni online, l'ordinanza in questione assume una notevole importanza.
Andiamo per ordine. A seguito del ricorso ex art. 700 c.p.c., il tribunale rigetta aderendo all'orientamento in base al quale la stampa online è del tutto equiparabile a quella tradizionale (ricordiamo che stiamo parlando di un giornale registrato), e quindi ad essa si devono estendere le guarentigie di cui all'art. 21 Cost. e della legge sulla stampa, al fine di tutelare l'esercizio della libera manifestazione del pensiero. Ciò comporta, continua il giudice, l'impossibilità di disporne il sequestro al di fuori delle ipotesi tassativamente determinate (tra le quali non rientra la diffamazione).
Avverso tale ordinanza, i ricorrenti presentano reclamo, che viene ritenuto fondato e quindi accolto.
Il tribunale, quale giudice del reclamo, ritiene di dover aderire al filone interpretativo recepito da recenti pronunce della Cassazione penale, oltre che da giudici di merito, in base al quale il mondo telematico e quello della carta stampata non sono assimilabili tra loro. Anche la più autorevole dottrina ha da tempo convenuto che Internet non è stampa. Del resto "stampa" è termine tecnico che indica una specifica categoria con caratteristiche fisiche proprie.
La diversità ontologica tra i due mezzi non consente un'estensione delle prerogative di cui al terzo comma dell'art. 21 Cost. anche alla telematica. In tale prospettiva il sequestro preventivo di un articolo pubblicato online è ammissibile nel momento in cui è giustificato da adeguate ragioni e in particolare dal pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato. Tale aggravamento deriva, ovviamente, dalla permanenza in rete dell'articolo.
La Cassazione penale, in particolare, ha affermato che "... gli spazi comunicativi sul web, non essendo giornali, non godono della speciale protezione prevista per la libertà di stampa" (Cass. Pen. 10594/13).
Il tribunale ricorda che la libertà di manifestazione del pensiero è "categoria più ampia (e meno efficacemente tutelata) rispetto alla specifica manifestazione che si estrinseca, appunto, con la parola stampata". In tal senso l'art. 21 Cost. tutela la libera manifestazione del pensiero ma riserva le guarentigie in materia di sequestro alla sola manifestazione del pensiero che avvenga attraverso la stampa.
Quindi a tutto ciò che è comunque manifestazione del pensiero (come un blog, un forum, una chat, una mailing list, ecc...) ma non rientra nella categoria della stampa è comunque possibile disporre il sequestro, in quanto ad esso non si applica la tutela costituzionale di cui al terzo comma dell'art. 21 Cost.
D'altronde, ricorda il tribunale, "la stessa mancanza di una res extensa (se per tale non si vuole intendere il supporto sul quale la comunicazione è -eventualmente - registrata) renderebbe di per sé improprio persino l'uso del termine sequestro". Quello che viene definito sequestro, online è un mero oscuramento che presenta caratteristiche sicuramente difformi dal sequestro vero e proprio. Nel sequestro si ha la sottrazione della copia cartacea, cioè la privazione per il destinatario della disponibilità del bene al fine di evitare che possa continuare ad usarlo, nell'oscuramento online, invece, il giornale resta nella disponibilità dell'articolo, che continua a rimanere nel proprio archivio informatico, ma è solo tenuto a non consentirne l'ulteriore diffusione in rete, fino a quando sulla questione non sarà intervenuto un provvedimento definitivo del giudice.
Sulla base dell'orientamento che la telematica non è stampa si sono avute una serie di pronunce. Ad esempio la Cassazione ha sostenuto che il direttore di una testata online non risponde penalmente ex art. 57 c.p. (omesso controllo sui contenuti pubblicati) per l'impossibilità di ricomprendere l'attività online nel concetto di stampa periodica.
Ovviamente, continua il tribunale, sorge un conflitto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiché il giornale online è "funzionalmente" un giornale. Qui soccorre la cosiddetta "eternità mediatica", cioè la notizia diffusa tramite stampa ha una portata limitata (e quindi anche una lesività) al periodo di pubblicazione della rivista, mentre invece una notizia immessa in rete rimane fruibile a tempo indeterminato, e quindi fino ad una eventuale rimozione. Anzi, attraverso il richiamo che a quella notizia fanno altre fonti di informazione ed ai commenti che essa genera nei blog e nei social network, l'articolo è destinato rapidamente a propagarsi. Ciò comporta un impatto decisamente superiore della notizia telematica rispetto a quella cartacea, con un danno sostanzialmente permanente.
In base a queste premesse, quindi, il tribunale ritiene ammissibile il reclamo. Il tribunale, poi, ritenendo sussistenti tutti gli elementi per l'emissione di un provvedimento cautelare, ordina l'oscuramento dell'articolo (pagina web), e la deindicizzazione, presso i diversi motori di ricerca, del riferimento all'articolo. Tale ultimo ordine è ritenuto necessario essendo lo strumento che può impedire più efficacemente l'ulteriore diffusione in rete della notizia ripresa da altri siti web. Infine accoglie anche la richiesta di oscuramento del blog collegato al citato articolo, sulla considerazione che "i messaggi pubblicati sul blog in esame, traendo spunto dal tenore dell'articolo, siano gravemente lesivi dell'immagine e della reputazione" del ricorrente.
Quindi in presenza di intenti denigratori esistono strumenti giuridici in grado di tutelare il diffamato anche online. La giurisprudenza, in assenza di interventi del legislatore, ha potuto operare una evoluzione dell'ordinamento a tutela dei diritti costituzionali, senza perciò imporre una applicazione generalizzata della normativa sulla stampa, ormai risalente nel tempo e indubbiamente incompatibile con il mezzo di espressione internet. Sono considerazioni sempre più attuali, da tenere conto nel dibattito sulla riforma della diffamazione attualmente in corso nel Parlamento italiano.
È da evidenziare, però, che non si tratta affatto di una rivoluzione, bensì semplicemente dell'applicazione di un orientamento ormai piuttosto diffuso tra i giudici di merito e di legittimità.