Sul nuovo regolamento Agcom, attualmente in consultazione, dopo una prima analisi introduttiva si dovrà ancora ragionarci molto per una completa comprensione delle sue conseguenze sulla gestione tecnica di internet e la tutela dei diritti, non solo quelli di proprietà intellettuale, online.
Cuore del regolamento è la procedura di rimozione, a sua volta divisa in 2 diverse procedure, oltre ad una terza riguardante i servizi di media audiovisivi, che stranamente presenta termini più lunghi rispetto a quelle che riguardano internet.
Ricordiamo che vi è una prima fase prevista a pena di improcedibilità (art. 6), nella quale la richiesta di rimozione va inviata al gestore della pagina web oppure si procede secondo le norme di autoregolamentazione eventualmente adottate dal gestore.
Procedura ordinaria
L'autorità interviene solo ad istanza di parte (art. 5).
La parte è il legittimo titolare di un diritto, inteso anche come semplice cittadino privato che si trova copiato un contenuto (es. un video autoprodotto e poi condiviso su YouTube) anche da un editore o giornale online o canale televisivo.
La procedura è attivabile decorsi 7 giorni dall'avvio delle procedure di autoregolamentazione o 2 giorni dall'invio della richiesta al gestore.
Le procedure di autoregolamentazione debbano essere notificate all'Agcom e da questi pubblicizzate sul sito istituzionale. In assenza di queste e qualora "non risulti possibile rivolgersi al gestore della pagina internet", il titolare del diritto si può rivolgere direttamente all'Agcom (art. 7).
Non si prevede che il titolare del diritto debba svolgere qualche accertamento (es. una verifica al whois per recuperare la mail del titolare del dominio), per cui è sufficiente l'assenza dell'indicazione di una mail o form di contatto sul sito per passare direttamente alla fase dinanzi all'Agcom.
La Direzione può disporre l'archiviazione oppure avvia il procedimento entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di rimozione (art. 7). In tale ultimo caso invia la comunicazione di avvio del procedimento al soggetto istante, all'uploader e al gestore della pagina internet, ove rintracciabili, nonché ai prestatori di servizio (art. 8).
La norma parla genericamente di "prestatori di servizio" senza chiarire se si tratta dei prestatori o degli intermediari, secondo le due categorie individuate ai punti g) e h) dell'articolo 1. Dall'articolo 9 però si evince che si tratta dei soli intermediari.
Qualora il gestore della pagina internet non sia rintracciabile, la comunicazione di avvio del procedimento è accompagnata da una richiesta di informazioni volta a consentire l'identificazione del gestore della pagina internet ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del D.Lgs 70/2003 (art. 8).
Il riferimento è agli obblighi di collaborazione previsti a carico dei soli intermediari della comunicazione. Però il decreto 70 del 2003, nonostante richiami genericamente anche "l'autorità amministrativa competente", è norma di attuazione della direttiva ecommerce che non prevede una regolamentazione di procedure inibitorie, ma tali procedure sono previste da altre norme che ne riservano la competenza all'autorità giudiziaria (dell'assenza di legittimazione dell'Agcom abbiamo già parlato). Comunque anche nel dibattito parlamentare non si è mai inteso che quell'autorità amministrativa possa essere l'Agcom.
L'articolo precisa: "ai fini della trasmissione della comunicazione", cosa che fa intendere che la trasmissione dei dati personali tesi ad individuare il gestore della pagina internet è limitata a quella specifica finalità e non ad altre (ricordiamo che siamo ancora in una fase nella quale non vi è alcuna formale accusa, ma solo il mero sospetto di un privato). In caso contrario (condivisione dei dati personali con il privato che ha inviato l'istanza) avremmo una violazione della privacy, e conseguentemente i dati non sarebbero utilizzabili.
Comunque, tale richiesta di dati personali riguarda il solo gestore della pagina internet e non l'uploader (abbiamo già spiegato chi deve intendersi per gestore della pagina internet). Ciò vuol dire che non possono essere chiesti dati per identificare l'uploader (che è colui il quale commette materialmente l'illecito, in genere un reato penale), a meno che ovviamente non coincida (pensiamo ad un blog unipersonale) con il gestore della pagina internet. D'altro canto ciò significa anche che se l'uploader non è rintracciabile immediatamente, non riceverà alcuna comunicazione dell'avvio della procedura.
Questo punto è essenziale perché solitamente è solo l'uploader che ha contezza della liceità o meno dell'uso del contenuto. Di sicuro il gestore della pagina internet non può sapere se l'uploader ha diritti concorrenti (rispetto al richiedente la rimozione) gravanti su quel contenuto che ne consentono l'utilizzo. Al massimo il gestore potrà eventualmente ipotizzare che sussistono delle eccezioni al diritto d'autore che potrebbero rendere lecito l'uso di quel contenuto (utilizzazioni libere), ma stiamo parlando sempre di un soggetto che in molti casi è terzo rispetto alla contesa. E questo la dice lunga su come è organizzato il contraddittorio nella procedura.
Con la comunicazione di avvio del procedimento l'Agcom informa l'uploader (se rintracciabile), il gestore della pagina internet e i prestatori che è possibile procedere all'adeguamento spontaneo (cioè rimuovere il contenuto) entro 3 giorni dalla ricezione della comunicazione. Nel medesimo termine l'uploader, il gestore e i prestatori possono controdedurre (art. 8).
Anche in questo caso vale quanto detto sopra. L'unico soggetto che sicuramente sa se l'utilizzo di quello specifico contenuto è lecito è l'uploader, non certo il gestore o il prestatore. Se l'uploader non è stato raggiunto è abbastanza plausibile pensare che nella procedura sarà presente la sola voce del titolare dei diritti.
In presenza di esigenze istruttorie ovvero alla luce della complessità del caso la Direzione può prolungare i termini dell'istruttoria (i 10 giorni), i termini per la richiesta informazioni , quelli per l'adeguamento spontaneo e per le controdeduzioni (art. 8).
La materia del diritto d'autore è estremamente complessa, infatti è affidata a sezioni specializzate della magistratura, le quali per dirimere una controversia spesso prendono tempi molto lunghi. Il regolamento Agcom prevede tempi stretti anche in presenza di casi complessi.
Viene da chiedersi se l'Agcom sarà in grado di occuparsi di un numero di richieste molto più elevato delle cause proposte dinanzi alla magistratura e, in considerazione dei tempi molto più stretti (45 giorni, 10 in caso di procedimento abbreviato), se le sue decisioni non finiranno per diventare meramente burocratiche.
Salvo il caso di adeguamento spontaneo, la Direzione invia gli atti all'organo collegiale formulando una proposta di archiviazione o di adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 14 comma 3, 15 comma 2, 16 comma 3, del decreto 70 del 2003 (art. 8, comma 7).
Come già ribadito ampiamente in altri post, la normativa italiana non prevede che l'autorità amministrativa emani provvedimenti inibitori a carico degli intermediari, e sono proprio questi, invece, i provvedimenti a cui fa riferimento il regolamento Agcom. È un problema basilare che può risolvere solo il Parlamento.
Tali provvedimenti vengono emanati direttamente dall'organo collegiale entro 45 dall'istanza di rimozione, e il prestatore dovrà adeguarsi nel termine di 3 giorni dalla notifica dell'ordine. Sono indicati nel regolamento come "rimozione selettiva" ovvero "disabilitazione dell'accesso", "rispettando i criteri di gradualità e di proporzionalità e tendendo conto, tra l'altro, della gravità della violazione e della localizzazione del server" (art. 9).
Per rimozione selettiva si intende l' "eliminazione dalla pagina internet delle opere digitali diffuse in violazione del diritto d'autore o dei diritti connessi ovvero del collegamento ipertestuale (link o tracker) alle stesse". È possibile anche la disabilitazione dell'accesso al sito internet, identificato dal nome a dominio oppure dall'IP associato.
Infine, l'organo collegiale può anche ordinare agli intermediari di procedere, ai sensi dell'art. 71 comma 2 quater lettera a) del Codice delle comunicazioni elettroniche (che prevede l'obbligo per le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di diffondere gratuitamente informazioni di pubblico interesse fornite dall'Autorità e riguardanti anche le violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi), al reindirizzamento verso una pagina internet diversa (sulla quale presumibilmente sarà indicato che quel contenuto viene rimosso per violazione dei diritti d'autore a fini di educazione alla legalità).
Quindi se da un lato si parla di rimozione selettiva, cioè del singolo contenuto dalla pagina internet, poi si prevede la possibilità del blocco dell'intero sito internet tramite blocco del DNS (sull'efficacia del blocco dei DNS si veda l'articolo di Dario Denni) o addirittura dell'IP. La conseguenza di tali blocchi può essere anche di oscurare altri siti web (es. un sottodominio) ospitati sullo stesso server, e che ovviamente non hanno commesso alcuna violazione.
Il riferimento alla "localizzazione dei server" come parametro di scelta tra le due sanzioni fa pensare che per i siti esteri, per i quali può effettivamente essere complicato chiedere la rimozione di un contenuto specifico sarà adottata la soluzione del blocco su DNS o IP. Il punto cruciale è che se non è il gestore a rimuovere il contenuto, la sua rimozione selettiva operata da parte dell'intermediario della comunicazione è difficilmente attuabile se non analizzando il traffico da quello specifico IP con ciò ponendo degli obblighi estremamente onerosi a carico dei provider. Secondo questi ultimi ciò sarebbe possibile solo utilizzando il DPI (deep packet inspection; leggere qui per lo standard DPI approvato di recente da ITU, che consente di rimuovere selettivamente l'audio da un video online).
Il riferimento ai link o tracker sembra introdurre una estensione di responsabilità per i link verso siti esterni da parte dell'autorità amministrativa. Probabilmente si pensa ai siti che linkano altri siti su server estero con i video della partite di calcio. La pericolosità della norma risulta evidente se si ricorda una forma di spamming usata in passato, cioè scrivere un articolo per un forum o blog gestito da altri con all'interno un link a contenuto lecito, per poi cambiare non il link ma il contenuto esterno (ovviamente diventa impossibile per il gestore del sito tracciare continuamente il contenuto dei link in uscita). La magistratura infatti tende a distinguere a seconda della consapevolezza (valutata eventualmente anche per presunzioni) dell'illiceità del contenuto linkato, consapevolezza sicuramente presente in ipotesi di incorporazione o framing, ma tutta da dimostrare negli altri casi di linking.
In caso di inottemperanza all'ordine, l'Autorità applica le sanzioni di cui all'articolo 1, comma 31, della legge 249 del 1997, cioè una multa da 10mila a 250mila euro, dandone comunicazione alla polizia ai sensi dell'articolo 182 ter della legge sul diritto d'autore (art. 9, comma 4).
Conviene ricordare che l'art. 182 ter obbliga gli ispettori, in presenza di una violazione delle norme sul diritto d'autore, a trasmettere "immediatamente" agli organi di polizia giudiziaria il processo verbale compilato, sotto pena di "omissione di atti d'ufficio" (art. 328 c.p.), al fine di consentire alla polizia giudiziaria di procedere alle prime indagini e riferire al pubblico ministero la notizia di reato. Tale obbligo è rinforzato dall'art. 331 c.p.p. secondo il quale "i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito".
Il regolamento Agcom muta la normativa primaria prevedendo che la comunicazione alla polizia giudiziaria si avrà solo se il contenuto presunto illecito non viene rimosso e comunque alla fine della procedura (che potrebbe volere dire anche oltre 45 giorni).
Procedimento abbreviato
Qualora sulla base di una prima e sommaria cognizione dei fatti si è in presenza di una violazione che configura "una grave lesione dei diritti di sfruttamento economico di un'opera digitale", in considerazione anche del "carattere massivo della violazione o dei tempi di immissione sul mercato dell'opera stesse", i tempi sono ridotti.
L'avvio del procedimento si ha entro 3 giorni dall'istanza.
Il riscontro alla richiesta di informazioni deve avvenire entro 1 giorno.
L'adeguamento o le controdeduzioni devono aversi entri un giorno.
I provvedimenti sono adottati entro 10 giorni dall'istanza.
L'ottemperanza all'ordine si deve avere entro 1 giorni (art. 10).
Sul procedimento abbreviato c'è poco da dire, i tempi sono talmente contingentati che parlare di contraddittorio o possibilità di difesa è un vero e proprio eufemismo. Controdedurre entro 1 giorno può rivelarsi nella quasi totalità dei casi impossibile, a meno di non stare collegati 24 ore al giorno 365 giorni all'anno, compreso festività e giorni di malattia.
Bisogna dare atto all'Agcom di aver finalmente introdotto il processo breve in Italia. Bastava eliminare le garanzie!
Ai fini del ricorso al procedimento abbreviato, la Direzione valuta, tra l'altro, i seguenti elementi:
a) la persistenza della messa a disposizione di opere digitali in violazione del diritto d'autore e dei diritti connessi;
b) la significativa quantità delle opere digitali diffuse in violazione del diritto d'autore o dei diritti connessi;
c) il valore economico dei diritti violati e la gravità del danno causato dall'asserita violazione del diritto d'autore o dei diritti connessi;
d) l'incoraggiamento, anche indiretto, alla fruizione di opere digitali diffuse in violazione della Legge sul diritto d'autore;
e) il carattere ingannevole del messaggio, tale da indurre nell'utente l'erronea convinzione che si tratti di attività lecita;
f) la messa a disposizione di indicazioni in merito alle modalità tecniche per accedere alle opere digitali diffuse illegalmente;
g) lo scopo di lucro nell'offerta illegale delle opere digitali, desumibile anche dal pagamento diretto dei medesimi o dalla diffusione di messaggi pubblicitari;
h) la provenienza dell'istanza di cui all'articolo 7 da parte di una delle associazioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettera u).
Il comma ci mostra una tecnica redazionale estremamente generica ed indeterminata, quindi foriera di possibili errori in fase di applicazione. Inoltre nell'elencare degli elementi per l'avvio del procedimento abbreviato, tra l'altro senza specificare se è la presenza o l'assenza di quell'elemento a portare a tale rito celere, premette che comunque ne può prendere in considerazione altri ("tra l'altro"). Insomma la più assoluta discrezionalità.
Ovviamente quando si tratta di definizioni o elencazioni giova ricordare che non sempre il significato giuridico di un termine coincide con quello comune. Così anche elementi come: grave lesione, carattere massivo della violazione, possono portare a risultati ai quali comunemente non si penserebbe. Per questo motivo le norme non dovrebbero soffrire di indeterminatezza.
Ad esempio, se comunemente per associazione si intende un'aggregazione di individui pensando ad un certo numero di essi, l'associazione a delinquere richiede solo 3 individui.
Il concetto di "grave lesione" risulta ancora più difficile da interpretare. La lesione deve essere "grave" per chi giudica, per chi è giudicato, o per chi richiede la rimozione?
Il punto è che notoriamente l'industria dei contenuti giustifica le richieste di norme rafforzative della tutela della proprietà intellettuale sulla base dell'equazione "un file illegale scaricato equivale alla mancata vendita di un'opera lecita". Sarebbe come dire che ogni soggetto che scarica un file illegale, se non potesse averlo illegalmente lo comprerebbe di sicuro. Equazione non solo indimostrata e indimostrabile, ma che si rivela semplicemente assurda sulla base del comune buon senso.
Eppure detta equazione è alla base delle richieste dell'industria del copyright quando si tratta di chiedere i danni nei procedimenti giudiziali per violazione del diritto d'autore.
Allora, se la lesione deve essere "grave" per il titolare dei contenuti possiamo immaginare, forzando un poco la situazione (ma non troppo), che se pubblico 3 file mp3 sul mio sito o blog, e tali file, il cui costo legale è di 0,99 cent l'uno, vengono sentiti o scaricati da 1000 persone ognuno, ottengo una lesione presuntiva di ben 3.000 euro. Infatti il comma parla di "valore economico dei diritti violati"!
Data l'estrema genericità dell'articolo 10, possiamo anche ritenere, quindi, che tre soli mp3 pubblicati su un sito internet potrebbero portare all'applicazione del rito abbreviato.
Il "lucro" dovrebbe far si che si perseguano solo i "pesci grossi", ma ciò non appare. Secondo il regolamento, il lucro è desumibile anche dalla diffusione di messaggi pubblicitari. Quindi in teoria anche un guadagno indiretto, dovuto alla presenza di un banner pubblicitario sul sito che consente un guadagno di pochi euro l'anno giusto per pagarsi l'hosting, fa scattare il "lucro" e quindi l'applicabilità del rito celere (sui problemi applicativi del regolamento leggere anche Fulvio Sarzana). Per aversi lucro, infatti, si ritiene sia sufficiente che l'utilizzo dell'opera sia inscritto in un processo diretto al profitto (Cass. 8304/1997).
Norma di chiusura è quella che prevede l'archiviazione del procedimento in tutti i casi nei quali sia adita l'autorità giudiziaria.
Qualora una delle parti decida di portare la vertenza dinanzi alla magistratura, cioè dinanzi ai soggetti deputati per legge a dirimere tali controversie, l'Agcom archivia e trasmette gli atti ai giudici. La norma è ovvia perché nel nostro ordinamento le violazioni del diritto d'autore sono generalmente dei reati, e i reati sono di competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria. Piuttosto c'è da rimarcare che i pubblici ufficiali hanno l'obbligo di informare l'autorità giudiziaria e il ritardo nel trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria può comportare l'inquinamento delle prove.
In conclusione, il regolamento introduce definizioni del tutto nuove nel quadro normativo, predispone procedure fin troppo celeri al punto da comprimere eccessivamente le garanzie e le tutele dell'incolpato, usa termini generici ed indeterminati, e molti elementi non sono sufficientemente dettagliati al punto da richiedere una interpretazione da parte di chi applicherà le norme, laddove certi sono solo i termini temporali che scandiscono le varie fasi del procedimento. Si tratta, quindi, di una regolamentazione che concede all'Agcom una discrezionalità veramente eccessiva le cui conseguenze difficilmente possono essere predette a priori. Se consideriamo che nelle procedure, specialmente in quella abbreviata, nella maggior parte dei casi sarà presente solo la voce dell'accusante, è possibile immaginare che in sede di applicazione il regolamento porterà a distorsioni e abusi ai danni dei cittadini.
E a tutto ciò c'è da aggiungere che nessuno ci ha ancora risposto alla domanda fondamentale, e cioè per quale motivo un'autorità di garanzia dovrebbe occuparsi della tutela degli interessi economici di un privato ed inserirsi nei rapporti tra cittadini privati al fine di "tutelare" il soggetto forte contro il soggetto debole quando notoriamente le autorità di garanzia (pensiamo al Garante per la privacy) hanno il ruolo di "garantire" il soggetto debole rispetto all'interlocutore.