Il Trans Pacific Partnership (TPP) renderà illegale guardare internet?

tppE se qualcuno vi dicesse che semplicemente visualizzando l'immagine in testa all'articolo state commettendo un illecito? È quello che potrebbe accadere, se l'immagine in questione fosse coperta da copyright, quando entrerà in vigore il trattato TPP.

TPP
Il Trans Pacific Partnership (TPP) è un trattato attualmente in fase di negoziazione tra le seguenti nazioni: Australia, Brunei, Cile, Canada, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, USA e Vietnam. La negoziazione del trattato è iniziata nel 2010, ed è stata caratterizzata da una perdurante segretezza, come del resto accade ormai per tutti i trattati internazionali, in particolare quelli che mirano a regolamentare la tutela della proprietà intellettuale e del copyright. E questo nonostante Michael Froman, l'USTR americano, abbia difeso il TPP ritenendolo uno degli esempi di negoziazioni commerciali di maggiore trasparenza. Froman basa la sua ridicola affermazione sul fatto che per TPP si sono tenuti più di 1.000 briefing a Capitol Hill, sono stati arruolati 600 consulenti per avere input da vari gruppi e sono state invitate parti da ben 12 paesi. Purtroppo ascoltare centinaia di persone non è esattamente quello che si definisce "trasparenza" quando quelle persone sono rappresentanti delle aziende, delle lobby, e quindi tutto ciò di cui si discute non viene poi portato a conoscenza del pubblico, cioè dei soggetti che poi dovranno subire le conseguenze delle negoziazioni.
Imbarazzante, poi, che le dichiarazioni dell'USTR siano state rese pubbliche pochi giorni dopo la fuoriuscita sul sito di Wikileaks del testo del TPP, così consentendo all'opinione pubblica di comprendere finalmente i dettagli del trattato.


Da ACTA al TPP
Sostanzialmente il TPP si base su precedenti trattati tra le nazioni menzionate sopra, ed è spinto dagli Usa e dall'Australia. L'intento è quello di costringere altre nazioni, prima tra tutte il Canada, a rafforzare la tutela della proprietà intellettuale. L'industria del copyright attua da anni pressioni lobbistiche per realizzare degli standard in materia di proprietà intellettuale esportando la legislazione americana in materia (DMCA) opportunamente ridisegnata per l'occasione.

Analizzando il testo si comprende immediatamente che il TPP rafforza decisamente la tutela della proprietà intellettuale ponendo delle regole a favore dell'industria del copyright. Se da un lato il TPP saccheggia pesantemente il testo di ACTA, rigettato dal Parlamento europeo ma attuato altrove, dall'altro alcune delle norme si spingono decisamente oltre.
Ad esempio: mentre ACTA prevedeva che gli Stati aderenti promuovessero forme di collaborazione tra aziende per la ricerca di illeciti online, il TPP obbliga gli aderenti a introdurre incentivi per la collaborazione tra aziende per la rimozione dei contenti online; con ACTA uno Stato può prevedere provvedimenti contro gli Isp per l'identificazione dei soggetti che commettono illeciti online in materia di copyright, con il TPP lo Stato deve prevedere procedure per costringere gli Isp ad identificare i soggetti accusati; inoltre il TPP prevede espresse procedure di notifica a carico degli Isp, non presenti in ACTA.

Il testo del TPP inserisce forme di responsabilità per gli Isp, come responsabilità secondaria o da favoreggiamento, analoghe a quelle presenti in ACTA. Ma il TPP si spinge oltre fino a paventare una responsabilità primaria degli Isp per la rimozione dei contenuti illeciti online. Si prevedono forme di disconnessione degli utenti e blocco e disabilitazione dei contenuti. Inoltre si prevede un obbligo di sorveglianza da parte degli Isp per impedire il caricamento di contenuti illeciti. In tal senso si avrebbe una responsabilità primaria degli Isp, per omissione.
In sintesi gli Isp andrebbero esenti da responsabilità solo nel momento in cui essi adottano una politica specifica che sia in grado di impedire il caricamento di contenuti illeciti. Inoltre si richiede che gli Isp attuino misure aggravate per i "recidivi". In tal senso sembra discutersi di procedure con avvertimenti verso gli utenti, e sanzioni progressivamente più pesanti (una sorta di 3 strikes).
Il TPP va oltre le disposizioni di ACTA nel momento in cui prevede sanzioni criminali anche per le violazioni del copyright senza scopo di lucro (quindi anche per motivi di semplice condivisione online).
Infine, la proposta Usa-Australia prevede l'inclusione dei motori di ricerca e dei siti con link, nonché dei servizi di cloud computing, tra i soggetti verso i quali si applica la regolamentazione prevista dal TPP.

Probabilmente, però, la proposta più devastante è l'inclusione della cache nell'ambito della regolamentazione del copyright. Il primo articolo relativo al paragrafo sul copyright (redatto dagli Usa), infatti, recita:

"Copyright and Related Rights/Right of Reproduction
1. Each Party shall provide that authors, performers, and producers of phonograms have the right to authorize or prohibit all reproductions of their works, performances, and phonograms, in any manner or form, permanent or temporary (including temporary storage in electronic form)".

La "temporary form (including temporary storage in electronic form)" non è altro che la cache elettronica realizzata nel momento in cui l'utente naviga in internet, e che ha lo scopo specifico di copiare temporaneamente il contenuto presente online sul computer dell'utente, al fine di consentirne la visualizzazione per l'utente. Visualizzando un video in streaming oppure ascoltando musica, o anche semplicemente navigando in rete, copie dei contenuti vengono realizzate sul computer dell'utente e salvate nella RAM del computer, dello smartphone e in genere anche nella cache del browser. La cache è essenziale per un corretto funzionamento di internet.
Il TPP stabilisce che quelle copie cache sono illegali in assenza del consenso dei titolari. Ma se i titolari hanno anche il diritto di autorizzare o proibire la riproduzione delle loro opere anche nella forma temporanea della cache, ciò vuol dire molte più operazioni richiederanno una specifica licenza del titolare dei diritti, con maggior guadagno per questi, e quindi anche semplicemente visualizzare in contenuto online -come si diceva all'inizio dell'articolo- configurerà un illecito se il contenuto è protetto dal diritto d'autore. Questa disposizione potrebbe minare l'intero funzionamento di internet!

Altra disposizione presente nel TPP è il divieto di aggirare le protezione del software (DRM) anche soltanto per scopi legittimi, come consentire il funzionamento del software legalmente acquistato, punendo l'aggiramento in sé anche in assenza di violazione del copyright. Tali disposizioni erano altresì presenti in ACTA, ma il TPP va oltre prevedendo anche la punizione per l'elusione inconsapevole.

Ovviamente TPP non si occupa solo di diritto d'autore, ma di varie materie realizzando una regolamentazione pervasiva per internet ma non solo. Ad esempio, in tema di prodotti prevede una tutela basata sui marchi, mentre l'Europa vede con favore un sistema di tutela basato sulle indicazioni di origine (pensiamo alle indicazioni DOC).

La visione del Canada
C'è da precisare che il testo del TPP è ancora in fase di negoziazione, e che quindi il testo finale potrebbe essere differente. Anzi, sul punto della cache elettronica c'è l'opposizione del Canada, della Nuova Zelanda e del Vietnam, laddove quest'ultimo propone che siano le legislazioni nazionali a prevedere eccezioni e limitazioni al diritto in questione (it shall be a matter for national legislation to determine exceptions and limitations under which the right may be exercised).
Il Canada in particolare cerca di imporre una visione diversa, allargando le forme di esonero da responsabilità per gli Isp, esentando le cache e il mere conduit (come è attualmente in Europa). Gli Usa e l'Australia, invece, spingono per ridurre gli spazi di esonero, chiedendo espressamente procedure amministrative celeri per la rimozione dei contenuti illeciti online, prevedendo addirittura che gli Isp debbano comunicare i dati personali dei soggetti accusati (non ancora colpevoli) di aver immesso i contenuti presunti illeciti. L'attuazione del TPP implicherebbe per molti paesi, compreso quelli europei, radicali modifiche alle normative nazionali in materia di diritto d'autore e di privacy.

Il TPP in conclusione presenta fin troppe disposizioni che potrebbero creare numerosi problemi in fase di applicazione e ledere pesantemente i diritti dei cittadini e la libertà di espressione in primis. Il TPP riprende varie disposizioni di precedenti trattati, come ACTA, SOPA, ecc... Certo TPP non è SOPA, infatti non presenta disposizioni di web blocking (blocco dei "siti canaglia") che erano in SOPA, ma anche il TPP è in pratica l'attuazione della lista dei desideri dell'industria del copyright, negoziata dietro una perdurante assenza di trasparenza. Soprattutto appare evidente l'ipocrisia delle multinazionali e dei governi, quando elogiano trattati di libero commercio (free trade) nei quali, però, tutto ciò che si trova sono misure di stampo protezionistico.

Uno standard tutto americano
L'obiettivo, ormai nemmeno troppo nascosto, dietro ai trattati tipo ACTA e TPP, è quello di creare delle normative quadro comuni tra vari paesi, e principalmente tra USA e Europa, fissando degli standard per la tutela della proprietà intellettuale (l'economia americana è ormai in buona parte basata su questa attività) per poi estenderli gradualmente agli altri paesi.
Nel caso specifico il TPP non viene negoziato con l'Europa, perché probabilmente dopo la sonora sconfitta subita da ACTA proprio da parte del Parlamento europeo (ricordiamo che la Commissione europea sponsorizzava ACTA) si è preferito aggirare l'ostacolo. Ecco quindi che il TPP viene negoziato con i paesi del Pacifico, in modo da realizzare una normativa comune a numerosi Stati prima di presentarla all'Europa. E non dimentichiamo che attualmente vi è in fase di negoziazione tra Usa ed UE il trattato TTIP (ex TAFTA) che presenta varie disposizioni comuni col TPP.

L'idea di base è che una volta realizzato un quadro unitario tra Usa ed UE sarà molto più semplice imporre regole per i cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), e principalmente la Cina. L'idea probabilmente è di ingessare la crescita dei paesi emergenti. Ma in realtà c'è il concreto rischio che accada il contrario. Se i BRIC mantengono leggi più permissive rispetto ad Usa ed UE le maggiori opportunità di nascita di nuove imprese si avranno in questi ultimi paesi e in quelli che non si adeguano agli standard americani sulla proprietà intellettuale.
Infatti, Cina e India hanno già dichiarato di non voler aderire ad ACTA e trattati simili in quanto sono incompatibili con i TRIPS ed altri trattati del WTO, perché creano barriere commerciali all'ingresso e pongono norme protezionistiche, riducendo gli spazi utilizzabili dai governi in materia di proprietà intellettuale. La Cina, anzi, ha deplorato la partecipazione al TPP da parte del Giappone, ritenendo che dovrebbe essere prioritaria la negoziazione di un FTA (free trade agreement) tra paesi del Pacifico, invece che con gli Usa. Il punto è che la Cina non ha alcun motivo per aderire a tali trattati, realizzati principalmente per colonizzare i paesi aderenti e imbrigliare il gigante asiatico.
Il futuro molto probabilmente vedrà, quindi, la creazione di due blocchi contrapposti, e una probabile guerra commerciale tra di essi, una sorta di nuova guerra fredda.