Il primo ottobre sono state pubblicate le motivazioni della sentenza 35511 con la quale la Cassazione, in data 16 luglio 2010, ha ribaltato la condanna inflitta in primo e secondo grado al direttore di Merateonline, per il delitto di omesso controllo ai sensi dell’articolo 57 del codice penale.
In particolare, un noto politico ed un suo collaboratore avevano denunciato il direttore in questione per la pubblicazione di una lettera diffamatoria nei loro confronti, sul portale suddetto che è una testata giornalistica telematica registrata nel registro della stampa presso il Tribunale. Il direttore di Merateonline ha dichiarato che non risulta che la lettera sia mai apparsa sul sito, temendo un accesso non autorizzato al sito e presentando una denuncia alla Procura contro ignoti. I politici denuncianti dal canto loro hanno presentato una mera stampa della lettera, senza alcuna prova certa che la lettera fosse effettivamente apparsa sul sito.
In primo grado il direttore è stato condannato, in secondo il reato viene dichiarato prescritto, però con condanna alle statuizioni civili. La quinta sezione penale della Cassazione ha, invece, annullato senza rinvio la sentenza impugnata, con la motivazione “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.
La possibilità di applicare ai giornali online la normativa specifica per i giornali cartacei, è dibattuta da anni. Generalmente la giurisprudenza ha sempre negato l’assimilabilità della rete alla stampa, riferendosi, però, nelle sue pronunce, a siti e blog amatoriali. Nel caso specifico, invece, il sito incriminato è una testata telematica registrata al registro presso la stampa, anche se nella sentenza tale circostanza non viene evidenziata, da cui l’importanza della sentenza che costituisce un precedente di rilievo.
La Corte ha accolto la difesa del direttore del giornale summenzionato, asserendo che il codice penale distingue, tra i mezzi di informazione, tra la stampa e gli altri mezzi di pubblicità, come la televisione e la rete internet. Nello specifico, perché si possa essere in presenza di stampa occorre che vi sia una riproduzione tipografica e che il prodotto dell’attività tipografica sia destinato alla pubblicazione e sia effettivamente distribuito tra il pubblico.
È vero che, asserisce la Corte, il messaggio pubblicato in rete può essere stampato, ma ciò non è possibile per tutti i messaggi, ad esempio non lo è per un video oppure per un file audio, inoltre risultano differenti le modalità di diffusione del messaggio tra stampa e internet (o televisione), e quindi la Corte conclude per “la assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media, sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa”.
L’articolo 57 del codice penale prevede la responsabilità del direttore che “omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati”, e quindi lo punisce “a titolo di colpa”. Ciò vuol dire che, ai fini della responsabilità del direttore, è necessario accertare non solo l’intervenuta violazione di una regola cautelare, ma anche l’esistenza di un coefficiente psicologico (la colpa) che renda la condotta rimproverabile al suo autore. Quindi, il dovere di controllo dovrebbe poter essere da questi adempiuto con una ordinaria diligenza, solo in questo caso può dirsi “esigibile” in concreto e portare ad una responsabilità.
L’art. 57, come precisa la Corte, si riferisce specificatamente all’informazione diffusa tramite la carta stampata, come ha più volte ribadito sia la dottrina che la giurisprudenza, e tale norma non è estensibile alla pubblicazione online stante il divieto di analogia in malam partem che vige per le norme penali. Come del resto tale estensione è stata sempre negata anche in relazione al direttore di una testata televisiva.
Nemmeno con la legge 7 marzo 2001, n. 62, continua la Corte, né col decreto legislativo n. 70 del 2003, si è inteso estendere l’operatività dell’articolo 57 ai giornali telematici. Il primo provvedimento normativo, infatti, si limita ad “introdurre la registrazione dei giornali online (che dunque devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perché possano essere richieste le provvidenza previste per l’editoria (come ha chiarito il successivo D.Lsvo)”.
Quindi, la normativa successiva alla legge sulla stampa, la quale normativa si è occupata di estendere obblighi specifici per i giornali cartacei anche ai giornali online, non ha mai esteso anche la normativa penale e in particolare l’articolo 57 del codice penale, il quale, quindi, per il divieto di analogia non può essere esteso automaticamente alla rete, come non lo è stato per la televisione, per la quale si sono realizzate norme ad hoc.
Si tratta, casomai, di una dimenticanza del legislatore che non può essere sopperita dall’interprete delle leggi, cioè il giudice, per cui attualmente nel nostro ordinamento non è prevista la punibilità per omesso controllo del direttore di un giornale online. Da cui la pronuncia che il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Fin qui tutto chiaro, cioè il direttore di un giornale online non risponde per omesso controllo di una lettera pubblicata sul medesimo giornale, perché semplicemente non esiste una norma che prevede tale fatto come reato, a differenza dei giornali cartacei.
Ma, sorge immediatamente la necessità di stabilire la portata di tale sentenza, cioè se la medesima pronuncia si sarebbe avuta se invece di una lettera si fosse trattato di un articolo giornalistico. In realtà, appare palese che anche in tal caso il divieto di analogia impedisce l’applicazione dell’articolo 57, per cui è da ritenersi pacifico che, sulla base delle stesse argomentazioni, il direttore non potrebbe essere condannato per omesso controllo. Però, come specifica la Corte, ciò non vuol dire che il direttore non avrebbe dovuto risponderne ad altro titolo.
Il direttore responsabile, infatti, difficilmente potrebbe sostenere di non avere consapevolezza degli articoli pubblicati sul suo giornale, per cui tale consapevolezza lo porterebbe a rispondere della diffamazione insita in un articolo, a titolo di concorso con l’articolista, e quindi probabilmente non sarebbe andato esente da responsabilità.
Infatti, la stessa Corte precisa che “sarebbe ipotizzabile, in astratto, la responsabilità del direttore del giornale telematico, se fosse stato d’accordo con l’autore della lettera”, e a maggior ragione tale assunto vale per un articolo. Nel caso di articoli il direttore difficilmente potrebbe cavarsela sostenendo di non averne contezza, mentre in relazione a lettere pubblicate ciò potrebbe accadere, in quanto “la c.d. interattività (la possibilità di interferire sui testi che si leggono e si utilizzano) renderebbe, probabilmente, vano –o comunque estremamente gravoso- il compito di controllo del direttore di un giornale online”.
Si tratterebbe, pertanto, di spostare il discorso sul piano della dimostrazione della consapevolezza dell’articolo, o della lettera pubblicata.
E qui soccorre l’altro argomento innestato nella sentenza, laddove la Corte precisa che “l’art. 14 D. Lsvo 9.4.2003 n. 70 chiarisce che non sono responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e –a fortiori- gli hosting provider, a meno che non fossero al corrente del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma, in tal caso, come è ovvio, essi devono rispondere a titolo di concorso nel reato doloso e non certo ex art. 57 cp)”. La Corte continua specificando che “qualsiasi tipo di coinvolgimento poi va escluso (tranne, ovviamente, anche in questo caso, per l’ipotesi di concorso) per i coordinatori dei blog e dei forum”, concludendo con “non diversa è la figura del direttore del giornale diffuso sul web”!
In sintesi, mancando la norma di riferimento che punisce l’omesso controllo del direttore di un giornale online, tale figura ricade sotto la normativa di riferimento per il web che prevede l’assenza di responsabilità a meno che non si provi una consapevolezza dell’illiceità di un contenuto, ma in tal caso il direttore risponde in concorso e non per omesso controllo, alla stregua di un coordinatore di forum, un blogger e così via. Del resto ipotizzare l’esistenza di un obbligo di controllo tempestivo da parte del direttore responsabile di un giornale online significherebbe pretendere un grado di diligenza ben superiore a quello ordinario, date le caratteristiche delle pubblicazioni sul web.
Il problema, par di capire, riguarderebbe quindi la prova che necessita per stabilire la consapevolezza dell’illiceità del contenuto, che probabilmente differirebbe a seconda dei casi. Certamente sarebbe poco credibile che un direttore responsabile, nominato proprio con lo scopo di controllare la pubblicazione di un giornale, possa dichiararsi non a conoscenza dei contenuti del suo giornale, mentre per un coordinatore di forum la prova probabilmente sarebbe più semplice, bastando generalmente l’assenza di una moderazione preventiva.
Per quanto riguarda, invece, i contenuti che non fanno strettamente parte del giornale online, e che presumibilmente non vengono controllati dal direttore responsabile, come possono essere i commenti ad articoli (commenti che in genere non sono moderati e quindi non sono controllati preventivamente), è evidente che la responsabilità del direttore scatterebbe solo in presenza della prova della sua conoscenza del commento.
Questo, del resto, è un principio abbastanza pacifico, nel senso di distinguere tra le parti di un sito che costituiscono il giornale online, e le parti che, pur essendo inserite nel medesimo sito, non sono integrate nel giornale, per le quali non sussiste un controllo. Questa sentenza sembra inserirsi nel solco di tale orientamento, facendo addirittura un passo in avanti, negando l’applicabilità dell’articolo 57 del codice penale alla rete.
In conclusione la sentenza pone un punto fermo di rilievo nell’annoso dibattito sulla possibilità di estendere le norme previste per la stampa alla rete, ribadendo che la rete non può essere considerata stampa di per sé, e al contempo, se alcune norme (come quelle della legge 62 del 2001) previste per la stampa sono state estese espressamente alla rete ciò non vuol dire che si estendano i reati penali, in mancanza di una normativa specifica del legislatore.