Il 27 marzo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha pronunciato la sentenza relativa al caso Telekabel (C-314/12), avente ad oggetto la richiesta di blocco da parte di Constantin Film e Wega Filmproduktionsgesellschaft nei confronti dell'intermediario della comunicazione Telekabel per i contenuti presenti sul sito Kino.to. Analizzando le conclusioni dell'avvocato generale della Corte abbiamo già riferito del perché la decisione fosse molto importante, anche in vista della prossima entrata in vigore del regolamento Agcom in materia di tutela del diritto d'autore online.
Come c'era da aspettarsi, la decisione è stata immediatamente presentata come un via libera al blocco dei siti, e sicuramente verrà percepita dall'industria del copyright come una sorta di vittoria in tale prospettiva. In realtà sotto questo aspetto non c'è una reale novità in quanto è pacifico che sulla base dell'attuale normativa europea un paese membro può consentire (non è un obbligo) ai titolari dei diritti di ottenere provvedimenti inibitori nei confronti degli intermediari della comunicazione (come Telekabel in questo caso), che sono una pratica comune in molti paesi europei tra i quali l'Italia. La novità di rilievo è data, invece, dai limiti entro i quali un provvedimento inibitorio può essere emanato che risultano, a seguito di questa decisione, piuttosto stringenti.
Intermediario ai sensi della direttiva 2001/29
Nel caso specifico l'ordine di blocco era richiesto contro Telekabel quale fornitore di accesso alla rete non dei soggetti che avevano immesso in rete i contenuti in violazione del copyright bensì dei soggetti terzi che accedevano a detti contenuti. Telekabel contestava di essere un intermediario ai sensi dell'art. 8 della direttiva direttiva 2001/29 ("Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o diritti connessi"), poiché la violazione era commessa dall'uploader con la quale Telekabel non aveva alcun rapporto contrattuale.
La Corte europea, invece, afferma che "la nozione di violazione ivi utilizzata comprende la situazione di materiale protetto messo a disposizione del pubblico su Internet senza l'accordo del titolare dei diritti in parola", per cui deve considerarsi intermediario anche il soggetto che consenta una violazione in rete da parte di un terzo che accede al contenuto, e quindi anche Talekabel.
Una conclusione diversa, afferma la Corte, ridurrebbe notevolmente il livello di protezione dei titolari dei diritti, che è l'obiettivo perseguito dalla direttiva citata. Inoltre la normativa europea, continua la Corte, ha lo scopo non solo di far cessare le violazioni al diritto d'autore i ai diritti connessi, ma altresì di prevenirle, per cui la semplice messa a disposizione del pubblico di materiale protetto senza il consenso dei titolari permette di agire senza nemmeno dover dimostrare che quel contenuto sia stato effettivamente consultato o sia comunque accessibile.
Limiti al web blocking
Di notevole importanza è la parte riguardante i limiti dell'ordine di blocco. Nel caso specifico il giudice nazionale aveva imposto il blocco senza indicare le misure che l'intermediario deve adottare.
La Corte ricorda che un ordine di blocco a tutela dei diritti d'autore, e quindi le misure tecniche per l'attuazione dell'ordine, devono essere proporzionate rispetto allo scopo da perseguire. Un'ingiunzione può ledere la libertà di impresa dell'intermediario della comunicazione e la libertà di informazione degli utenti, entrambe garantire egualmente dalle norme europee, per cui occorre bilanciare i diritti in gioco.
Poiché l'intermediario della comunicazione non è responsabile per i comportamenti illeciti commessi dai suoi utenti, non deve sopportare i costi del blocco dei siti web. Nel caso in cui l'ordine non indichi le misure tecniche da attuare, poiché all'Isp non può essere imposto di sostenere costi ed oneri proibitivi al solo fine di aiutare i titolari dei diritti (che operano un business diverso), l'intermediario può scegliere di porre in atto le misure tecniche che meglio si adattano alle proprie risorse senza dove introdurre soluzioni complesse e costose. Ovviamente spetta al giudice nazionale stabilire se la soluzione adottata dall'Isp è giustificata e proporzionata, sia in termini di costi che di efficacia.
L'intermediario può quindi sottrarsi alla sua responsabilità (di ottemperare all'ordine) dimostrando di aver adottato tutte le misure ragionevoli.
Nel contempo, però, rimarca la corte, il provider nell'adottare le misure tecniche per conformarsi all'ingiunzione deve garantire il rispetto del diritto alla libertà di informazione degli utenti di internet, per cui le misure devono essere rigorosamente mirate, nel senso che devono servire a porre fine alla violazione arrecata da parte di un terzo al diritto d'autore o a un diritto connesso, senza pregiudizio per gli utenti di internet. Quindi il blocco di ulteriori contenuti, leciti, renderebbe le misure adottate dal provider ingiustificate rispetto all'obiettivo perseguito.
La Corte precisa che i giudici nazionali devono avere la possibilità di verificare che le misure siano proporzionate e poiché in mancanza di una contestazione nella fase esecutiva (cioè di attuazione del blocca da parte dell'intermediario) il giudice non avrebbe la possibilità di effettuare tale verifica, è necessario che le norme processuali nazionali prevedano la possibilità degli utenti di internet di far valere i propri diritti dinanzi ad un giudice, una volta venuti a conoscenza delle misure di esecuzione adottate dal fornitore di accesso ad Internet.
La Corte si occupa anche di rispondere all'ipotesi in cui le misure adottate non siano sufficienti, cioè non determinino la completa cessazione delle violazioni al diritto d'autore. Le misure tecniche, infatti, potrebbero essere aggirabili ed aggirate nel concreto, ma non è giustificabile imporre al provider misure "eccessive", né rispetto alle sue risorse per non violare la sua libertà di impresa, né rispetto ai contenuti bloccati per non violare la libertà di informazione degli internauti.
La Corte chiarisce indubitabilmente che "non si ricava in alcun modo dall'articolo 17, paragrafo 2, della Carta che il diritto di proprietà intellettuale sia intangibile e che, pertanto, la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto". E questo a dispetto della retorica dell'industria del copyright che ha sempre agito pretendendone una tutela assoluta, quando invece il diritto è soltanto relativo e deve essere posto in bilanciamento con gli altri diritti.
In conclusione la tutela del diritto d'autore è consentita finché non privi inutilmente gli utenti di internet della possibilità di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili.
Perché gli intermediari non siano ritenuti responsabili, quindi è sufficiente che le misure adottate abbiano l'effetto di impedire o, almeno, di rendere difficilmente realizzabile l'accesso ai materiali protetti e scoraggiare seriamente gli utenti, circostanza che spetta alle autorità e ai giudici nazionali verificare.
Il caso in decisione riguardava l'ipotesi di un sito web che veicola contenuti illeciti. La Corte però non ha fornito una risposta ad altra ipotesi che potrebbe verificarsi, cioè quella di contenuti illeciti presenti in una pagina web insieme a contenuti del tutto leciti. Il blocco della pagina di fatto impedirebbe l'accesso a contenuti leciti limitando la libertà di informazione. Per cui l'Isp dovrebbe bloccare in maniera mirata solo parte della pagina, quindi singoli contenuti, possibilità che è di difficile attuazione se non adottando misure tecniche costose e complesse (tipo la deep packet inspection). Non è chiaro come debba operare un intermediario in un caso del genere.