Una delle argomentazioni più usate (abusate?) quando si deve discutere di intercettazioni e soprattutto convincere della necessità della loro limitazione, è il presunto eccessivo uso di tale strumento investigativo.
Quando si parla di intercettazioni immediatamente si pensa allo strumento probatorio che da anni la politica cerca di riformare (tentativo ripartito in questi giorni), ma non esistono solo le intercettazioni giudiziarie, caratterizzate dall'eseguibilità solo in presenza di "gravi indizi di reato" e utilizzabili come prova nel processo. Parliamo, infatti, delle intercettazioni "preventive", eccezionalmente ammesse dal codice per finalità di "prevenzione" dei più gravi delitti, e non utilizzabili nel processo. Sono unicamente un mezzo per orientare le indagini, una sorta di pre-indagine.
Riforma del 2005
Dal 2005 ad oggi questo tipo particolare di intercettazioni ha subito ben più di una modifica, con notevole estensione dell'ambito operativo. Se prima del 2005 i servizi segreti non avevano competenze in materia, il DL 144/2005, approvato a seguito degli attentati di Londra, abilita per la prima volta i servizi segreti all'attività di intercettazione telefonica ed ambientale (anche nei luoghi di privata dimora).
La norma prevedeva comunque che fosse l'autorità giudiziaria ad autorizzare tali attività data la loro intrusività. In un primo momento demandata alla Procura Generale presso la Cassazione, l'attività di autorizzazione delle intercettazioni preventive fu affidata, in sede di conversione del decreto, alle Procure Generali presso le Corti di appello. La norma era comunque foriera di particolare ambiguità, e nell'applicazione si intendeva talvolta la competenza del procuratore del distretto in cui emergevano le esigenze di prevenzione, talaltra del luogo in cui si trovava il soggetto da controllare, piuttosto che del luogo di residenza o domicilio.
Quindi i servizi segreti, all'epoca Sismi e Sisde, potevano procedere ad intercettazioni preventive a fini di "prevenzione di attività terroristiche o di eversione dell'ordinamento costituzionale".
Riforma del 2007
Dalle pur generiche ma comunque circoscritte ipotesi delle norme del 2005, si è passati nel 2007, con la legge 124, ad una estensione delle ipotesi per le quali i servizi segreti potevano procedere ad intercettazioni preventive. Si aggiungeva infatti la prevenzione di attività del "crimine organizzato di stampo mafioso" ai già previsti casi di terrorismo ed eversione. Inoltre si consentiva ai servizi anche l'acquisizione di dati relativi alle comunicazioni.
Legge del 2012
Con la legge 133 del 2012, entrata in vigore a fine agosto, si sono ulteriormente estese le ipotesi di prevenzione affidate ai servizi segreti. L'art. 12, infatti, consente le intercettazioni e l'acquisizione di dati "quando siano ritenute indispensabili per l'espletamento delle attività demandate (ai servizi) dagli articoli 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124".
Inoltre si è affidata la competenza per l'autorizzazione al Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, in tal modo gravando un solo ufficio giudiziario di un compito estremamente delicato concentrando nelle sue mani un enorme potere.
In sintesi sia l'Aise, il comparto esterno dei servizi segreti, che l'Aisi, il comparto interno, sono autorizzati a procedere ad intercettazioni preventive ed acquisizione di dati telematici ogni qualvolta sia necessario prevenire ogni forma di aggressione criminale, anche non connessa alla criminalità organizzata. La nuova normativa, quindi, consente ai servizi segreti di controllare le telefonate e le comunicazioni telematiche in relazione ad ogni attività che possa mettere a repentaglio la "sicurezza interna" o possa recare danno alle "istituzioni democratiche".
È evidente che la genericità del concetto di sicurezza interna potrebbe consentire il controllo di ogni attività che in astratto (ricordiamo che stiamo parlando di attività preventive, cioè prima che sia commesso un reato) possa porre in pericolo l'ordine pubblico.
Dal 2005 ad oggi, quindi, si è avuta una dilatazione notevole delle ipotesi in cui i servizi segreti possono intercettare telefonate e comunicazioni telematiche dei cittadini (compreso ottenere ogni altra informazione utile in possesso dei gestori telefonici) a fini di prevenzione. Considerato che il filtro giudiziario si applica sui presupposti abilitativi, che sono estremamente generici, è evidente che si è avuto un ampliamento notevole delle situazioni nelle quali i servizi possono ottenere tali strumenti di prevenzione, con evidenti ricadute sulla riservatezza delle comunicazioni dei cittadini.
Ma non si era detto che le intercettazioni costavano troppo? Non si era detto che le intercettazioni erano troppe e si dovevano ridurre?
Monitoraggio dei cittadini
Il dato più sconcertante, però, viene dal confronto tra l'impegno posto in essere da molti politici, anche di primo piano, nel supportare e cercare di far approvare la riforma delle intercettazioni giudiziarie -riforma poi arenatasi in Parlamento grazie anche all'opposizione dell'opinione pubblica, ma ripresa nei giorni scorsi- utilizzando come giustificazione l'esigenza di tutelare la privacy dei cittadini. Il problema in realtà sembrava porsi nel momento in cui qualche politico di peso incappava in una indagine penale, con diffusione, spesso del tutto legittima, delle conversazioni alle quali aveva partecipato.
Ebbene appare stupefacente scoprire che mentre, negli anni, si propugnava una riforma delle intercettazioni giudiziarie che limitasse quel valido strumento per la repressione dei reati e per la tutela dei cittadini, brandendo la scusa della privacy, nel contempo si ampliava a dismisura il novero dei casi nei quali gli organi di polizia possono procedere, sulla base di un semplice sospetto, a un monitoraggio delle comunicazioni telefoniche e telematiche dei cittadini, fornendo loro un inquietante strumento di controllo delle comunicazioni, tra l'altro non soggetto alle rigorose garanzie oggi previste per le intercettazioni giudiziarie.