L’ebook non è un libro

eBookDa quando è nato l’ebook la domanda che un po’ tutti si pongono è se il libro digitale riuscirà a scalzare nelle vendite quello cartaceo, o addirittura ne provocherà la sparizione. Ogni tanto leggiamo annunci di piattaforme di ecommerce che ci informano come la vendita degli ebook abbia superato quella dei libri cartacei, di contro alcuni esperti del settore ci ricordano che sarà molto difficile che gli ebook possano sostituire i libri stampati, perché questi ultimi sono di gran lunga i preferiti dagli amanti della lettura, rispetto al formato digitale, per cui lo sviluppo del mercato degli ebook avrebbe il solo effetto di contribuire all’aumento della vendita dei libri tradizionali.

In realtà siamo in una fase in cui il vecchio sistema di pubblicazione dei libri è entrato in crisi, ma il nuovo prodotto non è ancora in grado di affermarsi, in maniera non molto diversa da quanto accade nel campo della vendita di Dvd e Cd, sostanzialmente.
Probabilmente il punto nodale è dato dalla incapacità di pensare un modello di vendita differente da quello tradizionale, laddove il prodotto venduto è strutturalmente diverso.
Un po’ tutti gli editori, spaventati dalla potenzialità del libro elettronico di poter essere copiato facilmente e conseguentemente distribuito in un numero di copie indeterminato, si sono accostati con molta titubanza a questo nuovo mercato, più che altro spinti dalla necessità di non lasciare un vantaggio ai concorrenti, cercando prima di tutto di imporre divieti e limitazione che, in ultima analisi, hanno per lo più l’effetto di tagliare le gambe al mercato degli ebook.

Quello che attualmente si è realizzato è un mercato di libri elettronici, laddove, invece, un utilizzo pubblico dell’ebook non ha ancora incontrato il successo previsto. La motivazione di questa situazione è sicuramente da ritrovarsi nella enorme quantità di problemi sollevati dagli editori al solo pensiero che il controllo del prodotto possa sfuggire dalle loro mani.
Ovviamente ci sono anche altri aspetti che si dovrebbero tenere presenti, come il problema di un’Iva eccessiva, in quanto molti paesi, compreso l’Italia, nonostante esista a livello europeo la possibilità di applicare aliquote ridotte ai prodotti culturali, preferiscono far rientrare gli ebook nella categoria della prestazione di servizi forniti per via telematica, quindi assoggettati all’aliquota del 20% e non al 4% come per i libri cartacei.
Altro intoppo riguarda i numerosi editori che stampano libri di testo scolastici, i quali guadagnano molto sulle ristampe dei libri, spesso modificando solo poche righe di testo, laddove un ebook consentirebbe una modifica decisamente ben poco costosa, se non addirittura a costo zero, tagliando notevolmente i loro introiti. E non dobbiamo dimenticare una indagine della Comunità europea per violazione di norme antitrust, aperta nei confronti degli editori di ebook.

Il problema è il medesimo che si sono posti i produttori in relazione ai film e alla musica, cioè un libro convertito in formato elettronico non è altro che un normalissimo file, e come tale facilmente riproducibile, copiabile e distribuibile innumerevoli volte, mentre un libro cartaceo può essere posseduto, e quindi letto, da una sola persona alla volta.
È evidente che se l’utilizzo pubblico di un libro è legato principalmente alla fornitura alle biblioteche, nessun editore oserebbe mai pubblicare elettronicamente un testo per poi fornirlo ad una biblioteca, in modo tale che migliaia di utenti possano leggerlo senza pagarlo.

Questo rilevante problema pare che, purtroppo, abbia ottenuto da parte degli editori una risposta dello stesso tipo di quella che fornirono qualche tempo fa i produttori di film e musica, pensando il mercato del libro elettronico non come qualcosa di diverso, e quindi un’occasione di sviluppo, quanto piuttosto un problema da affrontare utilizzando le logiche di mercato di sempre, legate al mercato dei beni materiali come il Cd o la videocassetta.
Ecco, quindi, che anche per l’ebook, un prodotto soggetto a licenza e non a vendita come invece è per i libri, si sono introdotti i Drm, cioè delle protezioni ai file contenenti il testo, per cui in sostanza chi acquista il libro elettronico ottiene sì una versione che costa meno del libro stampato, anche se spesso la differenza di prezzo è davvero minima, ma nel contempo una versione inferiore rispetto al prodotto di carta, in quanto soggetta a determinanti limitazioni. E, parallelamente a film e musica, queste limitazioni danneggiano il compratore onesto, ma non chi si procura in qualche modo una copia piratata sulla quale sono state rimosse le protezioni.

Paradossalmente quegli stessi editori che si sono sempre lamentati dei costi eccessi della stampa, della carta, dei resi, adesso che il passaggio al digitale potrebbe ovviare a queste problematiche, e quindi sarebbe possibile abbassare i prezzi dei libri se distribuiti in formato elettronico, continuano a tenerne alto il prezzo.
Tra l’altro proprio l’introduzione dei Drm aumenta necessariamente il costo del libro elettronico, trattandosi di software che nascono a seguito di ricerche costose e continue, proprio per impedire che possano essere aggirati facilmente dagli hacker. I Drm sono pensati per impedire l’utilizzo del libro, a meno che non si sia il reale acquirente del libro medesimo. Si introducono, infatti, dei sistemi di cifratura che impediscono la copia e la diffusione non autorizzata dei libri elettronici.
Purtroppo i Drm pongono dei limiti anche all’utilizzazione lecita degli ebook, poiché in alcuni casi potrebbe risultare impossibile fruire del libro su alcuni dispositivi di lettura, e quindi l’impossibilità per l’acquirente legittimo di poterne godere secondo le sue comodità. Se a questo aggiungiamo che molti editori inseriscono nella licenza dell’ebook clausole di non responsabilità in caso di incompatibilità del formato dell’ebook rispetto al lettore, se diverso rispetto a quello prodotto sempre dal venditore, possiamo ben comprendere perché alcuni possano essere ancora piuttosto restii a comprare tali prodotti.

Altra limitazione spesso presente è l’impossibilità di poter prestare l’ebook a terzi.
La questione non è di poco conto, perché se in effetti un libro è legittimamente prestabile, in quanto il proprietario acquista il supporto, cioè la carta con tutto il suo contenuto, e può farne ciò che preferisce, è ovvio che per limitazioni fisiche il libro cartaceo può essere letto da una sola persona alla volta.
Di contro, invece, il prestito del libro elettronico potrebbe portare alla diffusione di copie non autorizzate dello stesso, consentendo a innumerevoli persone di poterne godere contemporaneamente. È un problema del quale non si può prescinderne, ed è per questo motivo che gli editori fin dal primo momento hanno vietato qualsiasi prestito dell’ebook, sfruttando il fatto che il libro elettronico non viene venduto, bensì ceduto in licenza. Per cui l’acquirente può solo esercitare i diritti licenziati dall’editore, e non servirsi dell’ebook liberamente.

Il libro di carta può essere portato in borsa, prestato senza vincoli, regalato, lasciato come libro itinerante, non può essere cancellato o modificato da remoto (come purtroppo è accaduto in passato per alcuni ebook), insomma continua ad essere un media con proprietà superiori rispetto all’ebook, e dotato di una versatilità ancora ineguagliata, nonostante le maggiori potenzialità del formato digitale.
Pare evidente che l’appetibilità dell’ebook sia limitata proprio da scelte castranti degli editori, i quali continuano a pensare a questo prodotto come un libro invece di comprendere che esso ne è la diretta evoluzione, e così introducono una serie di svantaggi per i lettori che azzerano i possibili vantaggi del formato digitale, e mantengono un prezzo alto che non rispecchia né il minore costo a carico dell’editore, né le minori possibilità (divieto di scambio o prestito) offerte dal prodotto medesimo.
L’affare per gli editori sta nel limitare il più possibile i diritti dei lettori, spezzettando il mercato in tanti piccoli mercati, quello del libro, quello dei diritti audio, ecc… L’introduzione dei Drm è funzionale proprio a questo, e si è voluto percorrere questa strada nonostante il flop del Drm nel campo musicale, che ha moltiplicato la pirateria per la scarsa comodità dell’utilizzo del file. Nel campo musicale, invece, proprio l’eliminazione delle protezioni, e quindi l’abbassamento del prezzo, ha determinato l’esplodere del fenomeno della musica in download, settore che cresce da anni a doppia cifra.

Amazon, che è un sito di ecommerce, ha preferito battere una strada diversa rispetto all’imposizione di limitazioni, e ha introdotto progressivamente la possibilità di prestito degli ebook. Al fine di evitare una diffusione incontrollata dei libri ha introdotto limitazioni temporali, cioè dopo due settimane l’ebook si cancella dal lettore in possesso dell’utente che ha ottenuto il libro in prestito, ed infine il libro può essere prestato una sola volta in assoluto. Inoltre, chi ha prestato il libro nel periodo di prestito non può usufruirne, cioè perde momentaneamente i diritti di lettura, come fosse un libro fisico che passa di mano.
In tal modo si evitano i problemi paventati dagli editori, determinando una fruibilità del libro maggiormente paragonabile a quella del libro cartaceo, anche se la limitazione temporale e la possibilità di prestare una sola volta il libro sono apparse strane. È chiaro, comunque, che sono gli editori a dover autorizzare la prestabilità del libro (e su questo Amazon fa forza grazie a ritmi di vendita di tutto rispetto), ma è già un passo in avanti per restituire versatilità al libro elettronico.

A questa prima apertura di Amazon ha fatto seguito l’introduzione del prestito degli ebook anche nelle biblioteche, prima quelle universitarie, poi quelle pubbliche, fenomeno che sta attecchendo anche in Italia. Nonostante le limitazioni la facciano sempre da padrone (l’ebook si può prestare in genere ad una sola persona alla volta), questo avvenimento fa ben sperare nello sviluppo futuro dell’ebook.
Purtroppo, a conferma che la logica è sempre quella di mercato, cioè si vede il libro come un prodotto per fare cassa piuttosto che un bene culturale, la Harpers Collins ha imposto una ulteriore limitazione al diritto di fruizione e prestito, aggiungendo una ennesima clausola alla licenza degli ebook, per cui dopo 26 prestiti l’ebook si “autodistrugge” e quindi la biblioteca dovrà comprarne un’altra licenza. Insomma si introduce la deperibilità del libro digitale, come fosse un qualsiasi libro cartaceo. Ancora una volta si vede l’ebook come un libro, al quale si devono applicare limitazioni, che finiscono per strozzare in nuce un mercato ancora lungi dall’essere maturo.

L’impressione è che si vogliano ricalcare i limiti propri del supporto cartaceo, anzi esasperandoli, forse perché gli editori ritengono che il libro goda di troppa libertà, e così il prestito da parte delle biblioteche finirà per essere un semplice strumento pubblicitario per gli editori, invece che un mezzo di diffusione della cultura.
Uno scenario nel quale il libro viene inteso come strumento di preservazione del sapere attraverso l’accessibilità sembra quindi sempre più irraggiungibile, anche nel momento in cui il libro diventa digitale e quindi acquisisce proprio le caratteristiche fisiche per poter svolgere meglio tale funzione.
L’ebook non ha costi effettivi, se non quelli di conversione e pubblicitari, non ha costi di resi, di refusi e ristampe, non ha costi di magazzino e di spedizione, per cui si fa sempre più fatica a comprendere quali siano i motivi che impediscono una diminuzione del prezzo adeguata, mossa che davvero ridurrebbe in maniera esponenziale la pirateria degli ebook.
Un prezzo esageratamente alto, e l’introduzione di limitazioni incomprensibili, quasi a voler reprimere un prodotto che gli editori sembrano in alcun modo non volere, che vedono come un nemico del libro stampato e che supportano (o sopportano?!) solo per non lasciare il mercato ai concorrenti, sono tutti elementi che finiranno per alimentare la pirateria dei libri elettronici similmente a quanto è accaduto per il mercato musicale. 15 anni di guasti causati dai Drm sulla musica, poi progressivamente abbandonati, non ci hanno insegnato nulla, a quanto pare, e percorrere nel campo dell’editoria la stessa strada è sintomo di incapacità a comprendere che il mondo è cambiato.
A voler insistere su questa strada deleteria, il passo successivo potrebbe essere addirittura una disintermediazione tra autore ed editore, laddove il primo smetterà di utilizzare i servigi, a questo punto inutili, del secondo, e comincerà a distribuire personalmente le proprie opere, casomai appoggiandosi ai sempre più numerosi servizi di self publishing che consentono all’autore di trattenere fino al 70% del prezzo, come diritti d’autore.

Se non c’è rendita non c’è innovazione, così sentenzia il capitalismo imperante!
Oggi inteso quale motore unico della società, il mercato appare sempre più, con le sue leggi anacronistiche che regolano la proprietà intellettuale, del tutto inefficiente ed inefficace alla produzione di cultura, alla cooperazione e allo scambio di risorse e saperi. Provate a pensare cosa sarebbe accaduto se il primo scopritore del fuoco lo avesse brevettato e ne avesse imposto il pagamento dei diritti. Probabilmente l’umanità si sarebbe estinta per il freddo!

Il classico Alice nel paese delle meraviglie è un libro di pubblico dominio a tutti gli effetti, eppure quando una nota azienda si è lanciata nel mercato degli ebook realizzandone una versione digitale con disegni dell’autore, la meraviglia era tutta nella pagina di presentazione del libro, dove si vietava la copia di selezioni del testo, la stampa, il prestito ed addirittura la lettura ad alta voce. L’editore scelse di limitarne i diritti, scomponendoli in una miriade di parti al fine di massimizzare i profitti, solo così si spiega il divieto di leggerlo, legato ad una possibile vendita dei diritti audio.
Per fortuna la successiva versione del libro, grazie alle proteste di molti, è meno restrittiva, almeno si può leggere e stampare, ma se consideriamo che si tratta di un libro di pubblico dominio, non pare affatto un passo in avanti.