Avevamo già dato notizia dell'emendamento presentato dall'onorevole Fava, chiarendo altresì che le motivazioni addotte dal medesimo onorevole in merito alla necessità di una approvazione dell'emendamento in realtà non avessero alcun senso.
Si tratta, anzi si trattava visto che le varie bocciature della legge dovrebbero consentirci di pensare che forse non se ne parlerà più, di un emendamento recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee", e che andava ad incidere sulla normativa (decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70 in attuazione della direttiva 2000/31/CE) che regola la responsabilità degli intermediari della comunicazione, laddove questi ultimi non sono responsabili per i contenuti illeciti immessi dagli utenti sui loro server se non ne hanno consapevolezza e se una volta venuti a conoscenza della presenza di tali contenuti illeciti da parte delle "autorità competenti" (da intendersi la magistratura), li rimuovono prontamente.
L'emendamento aggiungeva a tale norma l'obbligo di rimuovere i contenuti anche a seguito di comunicazione da parte "di qualunque soggetto interessato", aggiungendo altresì l'obbligo di adempiere ad un generico "dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso" (esso intermediario), al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite.
Chiaramente il riferimento era a filtri da adottare per impedire l'accesso ad informazioni o contenuti illeciti presenti sui server degli intermediari della comunicazione, laddove contenuti illeciti erano intesi anche quello diretti solo "ad agevolare la messa in commercio di prodotti o di servizi" i quali, sulla base della norma, si dovrebbero presumere illeciti perché abbinati a parole chiave (keyword) che negli usi normali del commercio indicano abitualmente prodotti non originali.
Lo scopo della norma è evidente, essa mirava a consentire a chiunque, anche un semplice visitatore di un sito web, di poter chiedere e quindi ottenere la rimozione di un contenuto ritenuto illecito a suo insindacabile giudizio, senza alcun intervento dell'autorità giudiziaria od amministrativa, insomma una forma di privatizzazione estrema della tutela dei contenuti online, con gran favore reso all'industria dei contenuti.
Avevamo anche fatto presente che l'emendamento in questione era presumibilmente in contrasto con la normativa europea in materia, così come ricavabile dalla documentazione presente sul sito della Commissione europea. Questo perché la Commissione ha sostanzialmente dichiarato di non voler rivedere la normativa europea in materia di responsabilità degli intermediari, ma solo di porre alcune precisazioni al fine di una più corretta applicazione delle norme esistenti. Ciò vuol dire che la normativa così come già posta è ritenuta più che sufficiente per regolare il settore.
Ebbene, come ampiamente prevedibile l'emendamento in questione fu bocciato nel febbraio 2012 dalla Camera dei Deputati, con 365 voti, notizia che fu salutata come una bocciatura della "SOPA all'italiana" ed un riallineamento dell'Italia alla normativa europea.
Purtroppo, archiviata in Parlamento, la proposta d'emendamento venne ripresa dal Consiglio Nazionale Anticontraffazione, che pone la norma in cima alla lista delle priorità del piano strategico per la lotta alla contraffazione (PDF pag. 62) presentato il Ministero dello Sviluppo Economico. La Commissione internet del Consiglio avrebbe così voluto "affermare una responsabilità più incisiva in capo agli Internet Service Provider, nel rispetto del quadro normativo esistente a livello europeo".
L'intenzione era, addirittura, di esportare tale principio di responsabilità degli ISP nel resto d'Europa, provocando modifiche nella medesima direzione dell'intera legislazione europea.
E non contento il nostro onorevole ha ripresentato la norma in questione come emendamento per la legge comunitaria del 2012, nonché come proposta di legge autonoma, in versione lievemente più alleggerita per quanto riguarda gli obblighi di filtraggio (del resto nel frattempo sono intervenute due sentenze della Corte europea proprio in materia di filtraggio).
Ebbene, il 5 giugno la Commissione Politiche dell'Unione Europea della Camera dei Deputati ha bocciato nuovamente l'emendamento Fava. Molto interessante è il commento del presidente della Commissione che ha ricordato come la Legge comunitaria è lo strumento per dare attuazione ad obblighi imposti al nostro paese dall'Unione europea, e non certo la sede per proporre interventi normativi ispirati da ben altri scopi. Si è inoltre chiarito che l'emendamento in questione non solo non è l'adempimento di un obbligo comunitario (come l'onorevole Fava aveva sostenuto inizialmente), ma intende introdurre nuove previsioni che non sono necessarie per una corretta attuazione delle direttiva medesima, in relazione alla quali peraltro non sono state notificate procedure di infrazione a carico dell'Italia: "la normativa interna già recepisce pienamente il dettato della normativa dell'UE e le sentenze citate prevedono la mera facoltà per gli Stati membri – non l'obbligo – di introdurre previsioni più restrittive rispetto a quelle europee in materia di obblighi specifici a carico dei prestatori di servizi (ISP)".
Risulta finalmente di solare evidenza che la normativa italiana in materia di responsabilità degli intermediari non necessità di alcuna modifica in quanto perfettamente in linea con le norme europee (che l'Europa non ha intenzione di modificare), ed inoltre non sussiste alcuna esigenza di alcun tipo per modifiche decisamente più restrittive. Più chiaro di così!