Il linking (da link, cioè “catena” o “collegamento” in inglese) è quella funzione che consente al gestore di un sito web di rinviare a risorse esterne al sito stesso, cioè un comando che, se attivato cliccando col mouse su una specifica parola (hotword), apre la pagina corrispondente di un altro sito. Ovviamente in questa sede ci limitiamo alla problematica dei link esterni, che possono porre problemi legali, in particolare in relazione al diritto d’autore e alla tutela degli interessi del titolare del sito linkato.
Più volte si è posta la contrapposizione tra chi ritiene sussistente un vero e proprio diritto di link, in omaggio al fatto che il link è connaturato al web, cioè l’ipertestualità è la tecnica di navigazione del web medesimo, e chi invece invoca l’illegittimità del link in presenza di uno sfruttamento dei contenuti altrui.
Del link possiamo distinguere un aspetto statico, cioè la forma grafica del link medesimo, ed uno dinamico, in considerazione della sua attività di collegamento.
Aspetto statico
L’aspetto statico del link riguarda la predisposizione grafica, che può assumere diverse forme. In genere si tratta di parole (hotwords), ma possono anche essere immagini, segni o marchi altrui.
Sotto tale profilo la sua liceità va rapportata alla forma del link, cioè in relazione all’elemento che lo rappresenta.
Se l’uso di una parola generalmente non comporta problemi, l’uso di una immagine potrebbe far sorgere dubbi relativamente al diritto d’autore, e si deve risolvere la questione sulla base della relativa normativa.
In caso di segni distintivi, loghi o marchi, si applica la normativa specifica. L’uso nel proprio sito di un marchio registrato da altri, anche come icona cliccabile, in genere è consentito quando risponde ad una funzione distintiva o descrittiva del prodotto o servizio legati al marchio medesimo. È invece vietato l’uso di un marchio altrui quando vi è l’intento di ingannare e sviare la clientela, oppure un intento di accaparramento e sfruttamento della notorietà altrui.
Quindi, escludendo il caso di marchi famosi, si dovrà verificare se del marchio viene fatto un uso commerciale o non commerciale. Nel primo caso, se il segno distintivo è simile o identico, c’è il rischio di confusione tra i segni e i titolari dei segni sono in rapporto di concorrenza, il titolare del marchio ha diritto all’uso esclusivo. Invece, nel caso di uso non commerciale del marchio, il titolare del marchio non può inibirne l’uso a terzi.
Aspetto dinamico
In relazione al tipo di link si suole differenziare il rinvio alla pagina principale (home page) di un sito, anche detto surface linking, dal collegamento a pagine interne del sito. In quest’ultimo caso si parla di deep linking.
Vi è poi il framing, che consiste nel visualizzare pagine appartenenti ad altro sito all’interno del proprio, predisponendone una cornice (frame) grafica che faccia pensare a quei contenuti come facenti parte del proprio sito, anche in relazione all’indirizzo web che non muta. È il caso classico degli auto-load link, cioè di quelle immagini che vengono caricate all’interno di una pagina, al momento della visualizzazione della pagina stessa senza necessità di cliccarci sopra, ma risiedono su un server altrui.
Surface linking
Il surface linking, paragonabile alla citazione di un libro in una nota di testo, è un’attività propria della rete, e quindi ampiamente consentita essendo di fatto una tecnica di navigazione che non crea alcuna confusione tra il sito linkante e quello linkato. Per questo cui non occorre alcuna autorizzazione, anche se sarebbe buona norma informare il titolare del sito dell’inserimento del link. La prassi generale in materia dà valore al silenzio-assenso: la mancata contestazione del link equivale ad autorizzarne la pubblicazione, salva, però, la possibilità di una revoca espressa resa conoscibile attraverso una clausola di esonero di responsabilità (disclaimer), nel caso in cui il sito richiamato non condivida le idee del richiamante, come può accadere, ad esempio, per un sito religioso richiamato da un sito con contenuti pornografici.
Si è ritenuto che l’associazione di un link ad un contenuto può determinare una violazione dei diritti morali dell’autore in presenza di un pregiudizio, ovviamente tutto da dimostrare, causato da tale associazione, se il visitatore è indotto a credere che la presenza del link implichi una qualche forma di associazione tra sito linkato e sito linkante.
Deep linking
Il deep linking, analogo alla nota che indica direttamente una specifica pagina di un libro, è stato oggetto di provvedimenti giudiziari anche a livello comunitario e si è sancito il principio che è illecito il link che non rende riconoscibile il trasferimento dal proprio sito al sito linkato, ma nel contempo si è affermata la liceità del linking a pagine interne ove sia riconoscibile il cambio di sito (ad esempio predisponendo l’apertura di una nuova finestra del browser), e che non sussiste danno risarcibile nell’aggiramento della home page, anche se tale aggiramento evita la visualizzazione dei banner predisposti, ad esempio, solo nella home page del sito linkato.
Si è infatti precisato che il minor guadagno dipende da una scelta editoriale, cioè la mancata predisposizione di banner pubblicitari nelle pagine interne (evidentemente più interessanti in relazione ai loro contenuti), e nella mancata utilizzazione di tecniche di blocco dell’accesso a pagine interne che, ricordiamolo, come le home page sono egualmente disponibili nei motori di ricerca senza alcuna gerarchia.
La Corte distrettuale di Rotterdam, nel caso The Newspapers contro Eureka (139609/KG ZA 00/846 del 22 agosto 2000), ipotizzava addirittura un effetto promozionale nel comportamento del sito linkante, consistente nel portare più visitatori ai siti che si presumevano danneggiati.
Anche l’Autorità garante per la concorrenza (AGCM) con il provvedimento del 22/12/2010 (punto 107) ha sostenuto che “fornire collegamenti diretti a specifici contenuti online costituisce un’essenziale modalità di funzionamento dei motori di ricerca e dei servizi di aggregazione di news, in quanto garantisce agli utenti l’accesso diretto alle notizie di loro interesse individuate attraverso i suddetti servizi”, così rigettando la richiesta nei confronti di Google News da parte della Fieg la quale, poiché la pubblicità in home page vale di più, chiedeva i danni conseguenti all’uso di deep link da parte del motore di ricerca.
Framing
In relazione al framing, equiparabile alla riproduzione nel testo del contenuto di un’opera altrui, occorre rilevare che generalmente non comporta violazioni del diritto d’autore, perché il materiale del sito linkato in realtà non viene copiato sul sito linkante, ma solo dal browser dell’utente, così non si ha né una violazione del diritto di riproduzione, né del diritto di elaborazione delle opere, né del diritto di diffusione.
Nel contempo, però, è ovvio che il sito incorporante sfrutta il contenuto del sito richiamato, si appropria del lavoro e dello sforzo finanziario altrui, senza alcun riconoscimento e senza autorizzazione. Così il framing è considerato illecito, in assenza di autorizzazione, se non è evidente che si tratta di contenuti esterni incorporati, in quanto ritenuto atto di concorrenza sleale, determinando una confusione tra i contenuti dei due siti.
Ovviamente quando si hanno dei contenuti già predisposti per l’incorporazione in altro sito (embed) si può ritenere sussistente un’autorizzazione implicita al framing.
Link a contenuti illeciti
Ulteriore problematica che si pone è quella relativa al linking a siti contenenti materiali illeciti per violazione del diritto d’autore, del buon costume o di altre norme di legge. In particolare negli Usa si considera contributo ed istigazione alla commissione dell’illecito (secondary infringment).
In Europa si sono succedute varie pronunce della Corte di Giustizia europea (caso GS Media) che hanno trattato la questione. La Corte ha sostanzialmente detto che il link è un atto di comunicazione al pubblico, che se espande il pubblico a cui è rivolto il contenuto linkato rientra tra gli atti di comunicazioni ai sensi della direttiva europea, e quindi necessita del consenso del titolare dei diritti (altrimenti costituisce un illecito). In tal senso un link a contenuti dietro paywall deve ritenersi illecito in quanto si ha comunicazione ad un pubblico nuovo e diverso rispetto agli abbonati, mentre se il contenuto è visibile a tutti non vi è illiceità del link. Nel caso di link a contenuti illeciti è essenziale stabilire la consapevolezza dell'illiceità del contenuto linkato, e in tal senso la Corte ha posto dei criteri presuntivi in base ai quali se il sito linkante è a fini di lucro si presume la consapevolezza dell’illiceità.
In conclusione gli elementi rilevanti ai fini dell’illiceità del link sono la consapevolezza e le finalità del gestore del sito linkante (lucro), valutando la conoscibilità dei contenuti illegali. Non è, infatti, previsto un obbligo di controllo continuo e generalizzato, controllo che tra l’altro sarebbe difficile da realizzare con continuità. È pacifico, però, che nel momento in cui si viene a conoscenza dell’illiceità di un contenuto linkato, perché il titolare dei diritti o addirittura l’autorità giudiziaria avverte il gestore del sito, la consapevolezza, e quindi la responsabilità, sussiste.
In caso di framing i contenuti sono considerati conosciuti se l'incorporazione viene effettuata direttamente dal titolare del sito, e quindi trattati come fossero parte del sito richiamante e il gestore del sito richiamante ha responsabilità diretta, per fatto proprio, in relazione ai contenuti illeciti. In questo caso, sostiene la Corte di Giustizia europea (Svensson, caso C-466/12), gli utenti che si collegano al sito hanno l'impressione che l'opera appartenga al sito incorporante. Chiaramente il discorso è diverso se l'embed avviene ad opera di utenti di un fornitore di spazio web, nel qual caso è evidente che il fornitore non ha consapevolezza dei contenuti incorporati.
Secondo alcuni, però, la presenza di banner o link rilevanti su un sito può rafforzare nel visitatore la fiducia verso il sito richiamato e dunque la credibilità delle notizie (magari diffamatorie) ivi riportate e dunque contribuire a realizzare il danno o a consolidarlo.
Feed RSS
I feed RSS sono una tecnica particolare di linking, una sorta di rappresentazione ridotta dei contenuti di un sito messa liberamente a disposizione degli interessati perché possano consultare tali contenuti nel modo più semplice possibile, verificando se vi sono aggiornamenti. Si tratta di contenuti che non rientrano negli atti di riproduzione tecnica permessi dalla legge.
In genere si sostiene che l’autore può inibire la divulgazione dei feed, se non vuole che questi siano utilizzati da terzi, ma ciò comporterebbe impedirne la divulgazione in tutti i contesti, laddove l’autore potrebbe essere interessato solo a limitarne la divulgazione ad alcuni particolari contesti, o siti. Si è quindi applicata la regola relativa al linking, in base alla quale se si crea un pregiudizio per l’associazione del feed a particolari contenuti è lecito ottenere l’eliminazione della suddetta associazione e, per esempio, impedire l’uso del feed ad aggregatori di notizie. In assenza della prova che l’aggregazione del contenuto in quel determinato contesto nuocia alla reputazione dell’autore del contenuto linkato, anche per divergenza di idee e di opinioni, tale richiesta non può essere accolta.
In conclusione è sempre buona norma verificare prima di tutto se esiste una linking policy nel sito dal quale si vogliono recuperare risorse, ed adeguarsi ad essa, e comunque evitare accuratamente tecniche di linking che possano confondere l’utente in relazione alla titolarità dei contenuti.