Medioevo prossimo venturo: il Camcording tra ACTA, CETA e TPP, passando per Fapav

cinema chiusoUn articolo del blog l'Avvocato del diavolo, di Guido Scorza, ci ricorda una norma introdotta nel 2006 e della quale quasi nessuno è a conoscenza, anche perché probabilmente non è mai stata applicata.
Nell'articolo si fa riferimento ad una sezione del sito della Fapav, una volta Federazione anti-pirateria audiovisiva ora Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali, che tratta del cosiddetto Camcording. Secondo la Fapav "per pirateria tramite camcorder si intende l'attività svolta da una persona che, entrata in una sala cinematografica recando con sé qualsiasi tipo di dispositivo di registrazione (camcorder, telefono cellulare con camera digitale, registratore audio, ecc.) registra intenzionalmente o riproduce in tutto o in parte il video e/o l'audio del Film". La pagina del sito continua ricordando che "il camcording costituisce nella maggior parte dei casi la fonte primaria della pirateria". Ed infine che "registrare il film o l'audio in una sala cinematografica è un reato", facendo riferimento all'articolo 85-bis del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.

L'articolo di Scorza fa notare l'antistoricità e l'irragionevolezza della norma richiamata. L'articolo in questione è stato introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2006, n. 140, in attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, e recita così:
"Art. 85-bis.
1. E' vietato introdurre, installare o comunque utilizzare abusivamente nei luoghi di pubblico spettacolo, dispositivi od apparati che consentono la registrazione, la riproduzione, la trasmissione o comunque la fissazione su supporto audio, video od audiovideo, in tutto od in parte, delle opere dell'ingegno che vengono ivi realizzate o diffuse.
2. Il concessionario od il direttore del luogo di pubblico spettacolo deve dare avviso del divieto di cui al primo comma mediante affissione, all'interno del luogo ove avviene la rappresentazione, di un numero idoneo di cartelli che risultino ben visibili a tutto il pubblico.
3. Restano comunque ferme le norme poste a tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali che regolamentano la materia".

Il reato di nuova fattura è un classico reato di pericolo, cioè anticipa la tutela punendo la mera esposizione a pericolo del bene giuridico (senza attendere il danno), cosa che determina un effetto di intimidazione superiore rispetto al reato di danno. Il problema di questa categoria di reato, in particolare per i reati di pericolo astratto o presunto, è che si corre il rischio di anticipare troppo il momento della configurazione del reato, e quindi di punire la mera disobbedienza ad un dettato normativo, senza alcuna verifica in concreto della sua probabile lesività.
Per ovviare a tale inconveniente la dottrina ha chiarito che si dovrebbe ricorrere a tali reati solo in casi estremi, e comunque dovrebbero tutelare beni giuridici di particolare rilevanza, come i beni collettivi (beni ambientali, macroeconomici -stabilità dei mercati-) che difficilmente potrebbero essere lesi dalla condotta di un singolo individuo, per cui in assenza dei reati di pericolo la tutela di tali beni verrebbe confinata alle sole ipotesi eccezionali.
A parte l'utilizzazione abusiva di un "apparato che consente la registrazione" del film, che evidentemente configura un illecito, desta perplessità la condotta dell'"introdurre" nel luogo di pubblico spettacolo (un cinema) un apparato del tipo detto, che poi in fin dei conti potrebbe essere un semplice smartphone. Come evidenziato dall'articolo di Scorza, quindi andare al cinema con il telefonino potrebbe costare all'incauto spettatore l'arresto fino a 3 mesi oppure l'ammenda fino a 206 euro.

La Fapav poi ha anche risposto all'articolo suddetto, difendendo la sua posizione ed evidenziando come il camcording sia la "la prima fonte di approvvigionamento delle copie illegali dei film".
Ma dobbiamo notare come da alcuni anni siano sempre di più i reati a tutela anticipata introdotti negli ordinamenti moderni, a seguito dell'aumento delle condotte pericolose ma socialmente utili. Nel caso specifico, però, stiamo parlando del mero andare al cinema con un telefonino in tasca, che non ci pare possa essere configurata come condotta pericolosa, e indipendentemente da come poi viene applicata la norma (non ci risultano condanne per aver "introdotto" uno smartphone al cinema), la semplice possibilità di punire chi va al cinema col telefonino appare decisamente assurda, se non addirittura deleteria anche per la "filiera cinematografica".
Non dimentichiamo infatti che la norma prescrive l'obbligo di "dare avviso del divieto di cui al primo comma mediante affissione, all'interno del luogo ove avviene la rappresentazione, di un numero idoneo di cartelli che risultino ben visibili a tutto il pubblico". Immaginate quindi la scena: una amabile famigliola che dopo aver fatto un giro per negozi in centro si chiede come concludere la serata. Alla proposta: "andiamo al cinema", segue, dopo attenta lettura del cartello previsto come obbligatorio dalla legge (quanti cinema lo espongono?) l'amara risposta: "Eh, non possiamo entrare, abbiamo i telefoni con noi!"

Un punto essenziale da rimarcare è l'uso da parte della Fapav (ma non solo, è un leit motiv costante quando si parla di internet più copyright) del termine "pirateria". Pirateria è un termine drammatizzante e con connotazioni negative, per questo tanto caro a politici e all'industria del copyright, ma anche a giornalisti in cerca di frasi ad effetto. Però non dobbiamo dimenticare che in tema di diritto d'autore non è il file in sé ad essere illecito, quanto piuttosto l'uso del file che può determinare un illecito. Quindi l'equazione che vede accomunare la copia di un file (video o musica) con un illecito è sicuramente da rigettare, proprio perché esistono vari casi nei quali anche la copia di un file in assenza del permesso del legittimo titolare del diritti è lecita in quanto consentita espressamente dalla legge.
Un esempio può essere la cosiddetta copia privata, o copia per uso personale, prevista dall'art. 71 sexies della legge sul diritto d'autore:
"1. E' consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'articolo 102-quater".

La copia privata è possibile purché sia realizzata direttamente dal soggetto che se ne serve, non lo faccia a fini commerciali e realizzi la copia senza violare le misure di protezione del supporto fisico. È appunto la norma che rende legittima la registrazione degli spettacoli televisivi tramite videoregistratore.
Tale copia può essere realizzata senza necessità di consenso preventivo (licenza) di autori, artisti e produttori, i quali sono compensati per la perdita di introiti derivante dalla copia privata tramite il cosiddetto equo compenso: un importo, pagato dal fabbricante, che grava su ogni supporto vergine, e su ogni dispositivo utilizzabile per registrazioni private di opere vincolate (compreso telefonini), e che ne maggiora il prezzo di vendita.

C'è quindi da rimarcare la differenza enorme che passa tra pirateria -attività commerciale organizzata ed illecita di riproduzione non autorizzata di opere protette- e copia privata, che è solo una duplicazione ad uso personale. Una differenza enorme che però non traspare mai nelle discussioni svolte dalle associazioni di categoria dell'industria del copyright, tese invece a far passare l'idea che riprodurre è sempre reato se non autorizzati. Cosa non propriamente vera!

Tornando alla norma citata, abbiamo detto che è stata introdotta dal Decreto Legislativo 16 marzo 2006, n. 140, in attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. In realtà la direttiva in questione non prevede esattamente una norma del genere, più che altro si occupa di armonizzare le norme dei paesi membri in materia di proprietà intellettuale, precisando tra l'altro che le leggi non dovrebbero "essere di ostacolo alla libertà d'espressione, alla libera circolazione delle informazioni, alla tutela dei dati personali, anche su Internet".
La direttiva introduce anche delle misure repressive, ma precisa che esse dovrebbero valere solo per le violazioni su scala commerciale, laddove è evidente che l'art. 85 bis non differenzia affatto. Per configurare il reato, infatti, sarebbe sufficiente l'introduzione abusiva di un telefonino in un cinema. In tale prospettiva appare quindi una misura veramente eccessivamente anticipatoria.

Se invece ci limitiamo a valutare il camcording, cioè la riproduzione abusiva di un film durante la proiezione (e non la mera introduzione di un telefonino nel cinema), tale tipo di condotta è stata presa in considerazione da numerosi trattati dei quali abbiamo sentito parlare negli scorsi mesi. Ad esempio ACTA prevedeva all'articolo 23 sanzioni penali per la pratica del camcording:
"3. Le parti possono prevedere procedimenti e sanzioni penali, nei casi appropriati, per la copia
non autorizzata di opere cinematografiche da uno spettacolo in una struttura adibita alla proiezione di pellicole generalmente aperta al pubblico".
La previsione di ACTA, però, era opzionale, lasciando quindi al singolo Stato la decisione se introdurre o meno tale norma. In ogni caso la sanzione era prevista per la registrazione del film, non certo per la mera introduzione di un telefonino in un cinema. ACTA, inoltre, è stata bocciata dal Parlamento europeo.

Altri trattati internazionali prevedono sanzioni criminali per il camcording, come ad esempio CETA, ed anche il TPP. In entrambi i casi l'introduzione del reato per gli Stati firmatari dell'accordo è prevista come obbligatoria, non più opzionale.
CETA all'articolo 24 recita: "Each Party shall provide for criminal procedures and penalties to be applied in accordance with its laws and regulations against any person who, without authorization of the theatre manager or the holder of copyright in a cinematographic work, makes a copy of that work or any part thereof, from a performance of the work in a motion picture exhibition facilIn providing adequate legal protection and effective legal remedies pursuant to the provisions of paragraph 5.13(1), a Party may adopt or maintain appropriate limitations or exceptions to measures implementing the provisions of paragraphs 5.13(1) and (2). The obligations set forth in paragraphs 5.13(1) and (2) are without prejudice to the rights, limitations, exceptions, or defences to copyright or related rights infringement under a Party's law".
Anche in questo caso la norma prevede una sanzione solo per la copia del film, non certo per la mera introduzione di un telefonino od una videocamera nel cinema. È da notare altresì l'ultimo comma dell'articolo ("The obligations set forth in paragraphs 5.13(1) and (2) are without prejudice to the rights, limitations, exceptions, or defences to copyright or related rights infringement under a Party's law"), che è sostanzialmente uguale all'ultimo comma dell'art. 85 bis TULP ("3. Restano comunque ferme le norme poste a tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali che regolamentano la materia").

TPP prevede sanzioni criminali per il camcording all'articolo 15:
"3. Each Party shall also provide for criminal procedures and penalties to be applied against any person who, without authorization of the holder of copyright or related rights in a motion picture or other audiovisual work, knowingly uses or attempts to use an audiovisual recording device to transmit or make a copy of a motion picture or other audiovisual work, or any part thereof, from a performance of such work in a public motion picture exhibition facility".
Nel caso specifico si punisce l'uso o il tentativo di uso, ma nessuna sanzione è prevista per la mera introduzione di un dispositivo di registrazione in un cinema.

Appare evidente, quindi, che l'anticipazione di tutela prevista dall'art. 85 bis TULP non trova riscontro nemmeno nei trattati internazionali che sono in discussione attualmente, tra l'altro anche molto criticati proprio perché latori di misure draconiane tali da limitare fortemente i diritti dei cittadini.

Per qualche strano motivo l'industria cinematografica si è concentrata sulla minaccia del camcording, sostenendo (anche a livello internazionale, non solo in Italia) che il camcording sia la prima fonte di approvvigionamento della pirateria. In realtà non è proprio così. Innanzitutto la versione camcorded piratata online è per ovvi motivi di bassa qualità, quindi viene rimpiazzata il più presto possibile da versioni copiate da DVD, per cui il suo impatto sulla pirateria è temporalmente molto limitato. Un articolo di Michael Geist ci rivela però che la parte dei film che vengono piratati nei cinema è minima (si tratta di numeri dell'MPAA), e ci sono anche studi che indicano quale fonte primaria gli stessi addetti del settore dell'industria, che lasciano trapelare copie dei film all'estero.
A parte la difficoltà ad ammettere che una delle fonti della pirateria è la stessa industria del copyright, il punto è che le affermazioni sulla pirateria per camcording sono strumentali a pretendere normative che rendano illecita la copia di un film indipendentemente dal fatto se è per uso pubblico (che è pacificamente reato) o per uso personale, quindi ad ottenere ancora una volta una maggior tutela degli interessi economici dell'industria a scapito dei diritti dei cittadini, così limitando fortemente la copia privata nonostante sia prevista per legge (con ovvio restringimento del diritto pubblico).
È lo stesso fenomeno che abbiamo osservato in materia di DRM o misure tecnologiche di protezione. Se queste sono presenti, la copia privata, pur prevista per legge, non può essere realizzata!

Una ricostruzione corretta della normativa, invece, dovrebbe vedere come reato solo la diffusione della copia a terzi, non la mera riproduzione (che potrebbe essere ritenuta copia privata), figuriamoci la mera introduzione di un telefonino al cinema.
La normativa sul camcording, specialmente per come è prevista (attuata non si sa!) in Italia, è il classico esempio di regolamentazione che criminalizza i clienti. A conti fatti rendere illecito il camcording non farà altro che allontanare gli spettatori dai cinema. Rendere illecita l'introduzione di un telefonino al cinema potrebbe scoraggiare dall'entrare in un sala tutti i portatori di telefonini (fate voi i conti!). Poi dopo toccherà anche sorbirci le lamentele che i cinema sono in crisi!