Si ritorna a parlare di diritto d’autore in rete, e in particolare della bozza di regolamento che l’AgCom ha preparato e posto in consultazione pubblica al fine di recepire pareri in merito.
Le posizioni in campo sono piuttosto distanti, come si può verificare da quanto sostenuto nel corso di una tavola rotonda organizzata dall’AgCom.
Ovviamente l’AgCom difende il suo regolamento, e la FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) si dice favorevole alla delibera, sostenendo che quanto prevedere un classico iter giudiziario per chiudere un sito illegale rappresenterebbe un’assurda lungaggine che favorirebbe solo i pirati. Il presidente della FIMI ha spiegato che “Internet non è uno strumento per violare il diritto d’autore né tantomeno per mettere in crisi l’industria” (meno male che ce lo ricorda lui!!!), ed un sito non potrebbe dunque venire rimosso dopo i classici tre gradi di giudizio, dal momento che una partita di calcio in streaming viene consumata in un tempo infinitamente più breve!
Al presidente della FIMI occorrerebbe ricordare che il punto da discutere non è solo il metodo per chiudere un sito illegale, bensì quando un sito si può dire illegale, e per questa valutazione generalmente i regimi democratici prevedono delle opportune garanzie per i presunti colpevoli, garanzie che, per fortuna, non possono essere eliminate perché l’industria dei contenuti va piuttosto di fretta. E si potrebbe anche evidenziare che gli strumenti giudiziari per ottenere l’oscuramento in tempi brevi di un sito ci sono tutti, come il sequestro preventivo, ma da adottare nell’ambito di un procedimento giudiziario che consenta, dopo l’applicazione delle misura del sequestro, al presunto colpevole di difendersi e far valere le sue ragioni, eventualmente ottenendo un risarcimento del danno se il provvedimento di sequestro era illegittimo.
Tornando alla tavola rotonda, per i rappresentanti di Confindustria il nodo della questione, invece, sta nella promozione di un mercato parallelo e legale, perché proprio l’assenza di tale mercato invoglierebbe gli utenti a servirsi di contenuti illeciti.
Secondo Carlo Blengino del NEXA Center for Internet & Society, il punto essenziale da chiarire riguarderebbe i vari provider, che devono rimanere non responsabili di quanto veicolato, come previsto dalle direttive europee. Inoltre, le regole di AgCom dovrebbero prevedere severe punizioni per chiunque ordini la rimozione di un contenuto senza avere una reale voce in capitolo.
L’ultima posizione espressa è quella del presidente dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), il quale ha ricordato come anche il più sofisticato filtro rimane sempre aggirabile, come dimostrato nelle recenti vicende dell’Egitto, e col blocco di The Pirate Bay: “Anche il più beota dei ragazzini è riuscito ad aggirare i filtri entro una settimana”.
Una posizione degna di approfondimento ci è sembrata quella del Nexa, un centro di ricerca indipendente del Politecnico di Torino che dal 2006 studia Internet e il suo impatto sulla società, conducendo anche ricerche finanziate dall’Unione Europea. Il Nexa di recente ha pubblicato delle Osservazioni sulle proposte di intervento dell’AgCom in materia di diritto d’autore, proposte dettagliate nella delibera 668/10/cons, e ci sembra importante evidenziarne i punti significativi.
Nelle Osservazioni del Nexa si evidenzia innanzitutto l’importanza di un’offerta legale di contenuti digitali, che sia ampia e proposta a condizioni eque, offerta che, secondo gli estensori delle Osservazioni, è presupposto necessario per adottare procedimenti proporzionati a tutela del diritto d’autore, questo perché in assenza di tale offerta le misure repressive rischiano di tradursi in “un’indebita compressione dei diritti della persona, in particolare della libertà di espressione in ogni sua manifestazione in rete”.
Nexa passa ad analizzare compiutamente la presunta legittimazione dell’AgCom ad agire al fine di accertare e prevenire le violazioni in materia di diritto d’autore, legittimazione che l’autorità ritroverebbe nell’art. 182 bis della legge 633 del 1941 (legge sul diritto d’autore) e nel decreto legislativo 70 del 2003, oltre che nell’art. 6 del decreto Romani.
Secondo l’AgCom le procedure proposte costituirebbero una forma di protezione alternativa e non sostitutiva rispetto a quella già offerta dall’autorità giudiziaria, alla quale normalmente sono devolute le violazioni sul diritto d’autore.
Secondo la Nexa, invece, tale legittimazione non sussisterebbe, in quanto le norme ricordate consentono di rinvenire solo la legittimazione per poteri regolamentari (vigilanza e controllo), ma non provvedimentali, cioè l’AgCom non avrebbe alcun potere di emanare provvedimenti inibitori, come previsto invece dalla delibera, in quanto tali provvedimenti, in virtù della riserva di legge presente nel nostro ordinamento, sono riservati, appunto, all’autorità giudiziaria. E questo anche in considerazione del fatto che la delibera AgCom consentirebbe di imporre obblighi di facere a carico di soggetti terzi (i provider) che sono totalmente estranei alla violazione, il cui inadempimento sarebbe sanzionabile dall’autorità.
La riserva di legge, infatti, impone che i poteri provvedimentali, capaci di incidere su posizioni soggettive costituzionalmente garantite (come il diritto di espressione sancito dall’art. 21, ma anche l’art. 2, e il 41 Cost.), siano riservati sulla base di norme di legge specifiche, e si debba rispondere a regole rigorose, e non può soccorrere la teoria dei poteri impliciti alla quale si richiama l’AgCom, teoria generalmente utilizzata per dare un contenuto ai poteri della autorità amministrative.
Neppure, secondo Nexa, è possibile ravvisare tale legittimazione nelle direttive comunitarie, laddove la direttiva ecommerce si preoccupa sostanzialmente della responsabilità dei prestatori di servizi internet, lasciando impregiudicata la possibilità per gli Stati membri di attribuire ad un’autorità, giudiziaria od amministrativa, poteri inibitori nei confronti anche degli Isp. Vi è, dunque, un obbligo di attuazione sul punto, ma la direttiva non disciplina direttamente la procedura delle ingiunzioni previste, rimettendo agli Stati membri le condizioni e le modalità per i provvedimenti inibitori.
Di seguito la direttiva Ipred (2000/31/Ce) disciplina la tutela minima dell’enforcement compiendo una netta scelta di giurisdizionalizzazione delle procedure, indicando con chiarezza nell’autorità giudiziaria il soggetto deputato alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Ed anche le norme di recepimento delle suddette direttive, al di là della trasposizione della clausola di salvaguardia della direttiva ecommerce (“il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità per un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa, in conformità agli ordinamenti giuridici degli stati membri, di esigere che il prestatore...”, viene resa con la formula “l’autorità giudiziaria o quella amministrativa, avente funzioni di vigilanza (o competente), può esigere...”), seguono la medesima strada, in particolare con il decreto legislativo 140/2006 che, in attuazione della direttiva Ipred, innova la legge sul diritto d’autore legittimando il titolare di un diritto d’autore o connesso ad agire in giudizio per chiedere che la violazione del suo diritto sia accertata e ne sia vietato il proseguimento “sia da parte dell’autore della violazione che di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione”. Il nuovo testo dell’art. 163 della legge sul diritto d’autore consente al titolare del diritto di chiedere i provvedimenti in via d’urgenza, ma “secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari”, con ciò conferendo tali poteri alla sola autorità giudiziaria, conformemente alle scelte del legislatore europeo.
Non vi è traccia, quindi, nel nostro ordinamento, di poteri provvedimentali assegnati alle autorità amministrative, anzi, come ricorda Nexa, “vi è invece traccia di un ampio dibattito parlamentare volto ad escludere e respingere l’ipotesi di inibitorie verso gli intermediari in via amministrativa”.
L’unica norma primaria, avente valore di legge, atta a definire un potere provvedimentale con inibitorie dell’autorità, è il decreto legislativo 44/2010 (decreto Romani) che ha introdotto il comma 8 all’art. 1 ter del testo unico 277/2005 (testo unico radiotelevisione), norma riferibile, però, solo ai fornitori di servizi media come definiti nel medesimo testo unico, fornitori i quali sono cosa ben diversa dagli Isp, laddove i primi sono i content provider, mentre i secondi sono i fornitori di servizi di caching, hosting e mere conduit. E questo senza voler considerare che il decreto Romani, quale norma attuativa di una direttiva europea, va ben oltre il dettato della direttiva, assegnando all’AgCom poteri inibitori in relazione a violazioni del diritto d’autore, violazioni mai menzionate nella direttiva europea. In ogni caso è impossibile sostenere che un potere inibitorio, già dubbio di per sé per eccesso di delega, possa estendersi dai fornitori di audiovisivi all’intera rete internet.
Le osservazioni di Nexa pongono in dubbio addirittura che possa essere l’AgCom l’autorità demandata ad una azione di controllo in materia di diritto d’autore, per concludere che non è stata rinvenuta alcuna norma nell’ordinamento italiano che conferisca all’AgCom poteri inibitori in materia di diritto d’autore.
Nexa evidenzia ulteriori criticità nella delibera AgCom, a partire dal mancato rispetto dei principi in materia di procedimenti e l’assenza delle garanzie minime a salvaguardia delle parti che si assume abbiano violato i diritti d’autore. Come avevamo già evidenziato, l’AgCom si rifà alle best practices americane, sussumendo la procedura di notice and takedown prevista negli Usa, ma limitatamente alla prima fase mancando di recepirne la seconda che consente il ricorso giurisdizionale.
La procedura di rimozione proposta dall’AgCom prevede l’intervento dell’autorità come organo paragiurisdizionale in una fase che può concludersi con un provvedimento autoritativo o addirittura con sanzioni, anche a carico dell’Isp, soggetto terzo rispetto alla violazione. Al di là del problema temporale, cioè le 48 ore che effettivamente appaiono decisamente poche per una valutazione da parte del provider, il quale non ha nemmeno l’obbligo di sentire l’utente presunto violatore (“eventualmente contattando l’utente”), se l’Isp non rimuove il contenuto si passa ad una fase dinanzi all’AgCom nella quale l’unico legittimato passivo è proprio il provider, il quale non solo non sarà in grado ma non avrà nemmeno alcun effettivo interesse a difendere l’utente presunto colpevole dell’illecito, quanto piuttosto sarà attento ad evitare sanzioni a suo carico. È abbastanza ovvio che questa fase manca assolutamente di ogni garanzia (contraddittorio) per l’utente medesimo.
Il punto nodale, in tutta la procedura, è che essa potrebbe avere un senso se solo potesse ritenersi semplice la valutazione dell’illecito, ma ciò non è nella maggior parte dei casi, poiché tutti gli aspetti sono di valutazione molto complessa, a partire dalla titolarità del diritto (si pensi ai casi di licenze condivise), all’individuazione del “gestore del sito”, e così via.
Una procedura del genere mette nelle mani del titolare del diritto in prima battuta, e nell’AgCom in seconda, la difficile e complessa valutazione dei diritti in gioco, nonché il bilanciamento di tali diritti.
Come spiegato nelle Osservazioni di Nexa, ci sono due casi che esemplificano le difficoltà interpretative, come l’art. 70 bis, comma 1, della legge sul diritto d’autore, che consente “la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro”, laddove i concetti di “bassa risoluzione o degradate”, e “uso didattico e scientifico” non sono mai stati sostanziati da un decreto attuativo, per cui c’è il concreto rischio che l’interpretazione della norma sia demandata ad un privato che ha un interesse economico nella contesa, senza la possibilità per l’altro privato (l’utente) di partecipare.
Altro esempio portato da Nexa sono i cosiddetti mash up, cioè delle rielaborazioni di contenuti altrui (es. le classiche parodie in musica che si trovano in rete), per i quali il bilanciamento dei diritti non è affatto immediato o di semplice valutazione. Si tratta di situazioni non affatto rare, dove la valutazione non può in alcun modo essere demandata a una sola delle parti in causa, oppure ad un organo amministrativo in assenza di contraddittorio e garanzie per i diritti dell’utente.
Teniamo presente che la procedura proposta dall’AgCom si può chiudere con una archiviazione se il provider o il gestore del sito rimuove il contenuto. Una volta rimosso il contenuto l’utente non potrà fare altro che rivolgersi ad un giudice per la tutela dei suoi diritti autoriali, facendo valere la violazione del contratto da parte del provider (il quale non è titolare dei diritti dei contenuti immessi dagli utenti) laddove è probabile che un giudice possa anche ritenere non sussistente alcun danno in presenza di contenuti non commerciali ma pubblicati ai soli fini di condivisione gratuita.
In questi casi la normativa statunitense, alla quale finge di richiamarsi l’AgCom, prevede che il presunto titolare dei diritti, il quale chiede la rimozione del contenuto, diventi responsabile in caso di rimozione indebita del contenuto stesso. La delibera AgCom, invece, non prevede alcuna responsabilità per il presunto titolare, scaricando così il costo di una eventuale rimozione indebita sull’irresponsabile (sulla base delle direttive europee e le norme di recepimento italiane) provider. Ecco perché l’avvocato Blengino del NEXA invocava severe punizioni per chiunque ordini la rimozione di un contenuto senza avere una reale voce in capitolo.
E poi abbiamo il “monitoraggio successivo del rispetto dell’ordine e applicazione di sanzioni in caso di reiterata inottemperanza” che sostanzialmente introduce un illegittimo obbligo di monitoraggio preventivo da parte del provider sui contenuti immessi dagli utenti, in evidente contrasto con le direttive comunitarie.
Infine, come già avevamo accennato, ai sensi dell’art. 182 ter della legge sul diritto d’autore l’AgCom ha l’obbligo di compilare processo verbale da trasmettere immediatamente agli organi di polizia giudiziaria, in caso di accertamento di violazione delle norme di legge. Come si concilia questa norma con la proposta AgCom? In ogni caso dovrà inviare gli atti all’autorità giudiziaria che dovrà procedere nei confronti dell’autore dell’illecito, per cui vi saranno due procedimenti concorrenti tra loro in corso.
Le criticità evidenziate dalle Osservazioni del Nexa sono elementi dai quali non si può prescindere, nell’ambito di un dibattito relativo alla riforma del diritto d’autore in rete, e in particolare non si può non tenere conto che il diritto degli autori di ricevere una remunerazione per le loro opere trova limitazioni in tutti quei diritti e libertà, tra l’altro di rango superiore rispetto ad un mero interesse economico, garantiti da direttive europee e norme costituzionali.