Un interessantissimo rapporto realizzato da Turner Hopkins per conto dell'Ofcom (Office of communications, l'equivalente dell'Agcom) britannico, con l'illuminante titolo The Value of User-Generated Content, analizza gli user generated content (UGC), cioè quei contenuti realizzati direttamente dagli utenti, valutandone il valore non solo in ambito sociale e culturale, ma anche in quello economico.
Gli UGC includono varie forme di contenuti, dalle fotografie ai testi, dai video alla musica. Gli elementi caratterizzanti sono: attività creativa, disponibilità pubblica tramite internet, assenza di remunerazione. Infatti, la creazione degli UGC in genere non è l'attività principale svolta dall'utente-produttore, per cui spesso vengono condivisi gratuitamente. Sempre più persone spendono tempo ed energie in questa attività, senza alcuna aspettativa di ritorno economico.
Gli UGC nascono insieme al web, agli inizi erano realizzati su basi amatoriali, ma l'incremento della banda disponibile nonché del numero di dispositivi che consentono l'accesso ad internet senza limitazioni di luogo e di tempo, hanno contribuito ad alimentare la creazione di UGC e innescando un profondo cambiamento all'interno dei media, modificando e capovolgendo il rapporto tra questi e i consumatori. Il tradizionale rapporto unidirezionale, da produttore-azienda a consumatore-utente, ormai si è progressivamente trasformato in un rapporto multi-direzionale, dove l'utente consumatore è sempre più spesso egli stesso anche produttore di contenuti.
Il passaggio al digitale e l'avvento di Internet ha cambiato tutto, consentendo a centinaia di milioni di persone a diventare nuovi tipi di creatori. Forse non scriveranno delle sinfonie o dipingeranno la volta della Cappella Sistina, ma quello che manca in scala e intensità viene compensato con la frequenza e la spontaneità.
Il rapporto Ofcom si sofferma in particolare sul fenomeno che ha visto la luce negli ultimi 5 anni, la nascita di un livello più "leggero" di UGC, denominato "social curation", dove l'impegno è rivolto principalmente al commento e alla valutazione di contenuti altrui. Vista nel complesso, si tratta di una attività di massa che trova la sua motivazione in esigenze di esplicazione della propria personalità, creatività, altruismo (es. wikipedia, i cui autori non sono nemmeno conosciuti), l'essere parte di un discorso pubblico, ma anche favorire o creare una carriera lavorativa.
Secondo il rapporto Ofcom gli UGC consentono di realizzare nuovi modelli di business (crowdfunding, volontariato, servizi di distribuzione e advertising, ecc..), in particolare nel settore tecnologico e in aree di aggregazione, social curation, guidano l'innovazione, stimolano la partecipazione politica (es. l'elezione di Obama, la primavera Araba) e sociale, alimentano il dibattito di massa, la condivisione della cultura, creano nuove opportunità nel settore educativo, sanitario e dei media locali ("hyperlocal media"). E nel contempo creano anche nuove occasioni di business per gli operatori storici di contenuti ("content incumbents").
Ovviamente gli user generated content portano con sé anche delle problematiche importanti: possono compromettere la sicurezza, ridurre la tutela della privacy, determinare una frammentazione culturale, agevolare violazioni dei diritti altrui (specialmente in relazione al copyright), e spezzando il monopolio delle aziende storiche inevitabilmente portano una diminuzione dei loro guadagni.
Ma il rapporto evidenza i numerosi vantaggi economici degli UGC, il principale dei quali è che portano ad innovare. Negli ultimi 5 anni in Gran Bretagna l'avvento degli UGC ha generato 3200 aziende digitali (es. Unruly Media63, SoundCloud, Last.fm, We Are Social64, Editd65, Conversocial66, Apps For Good67 e Makie Lab68) con circa 48000 dipendenti, che creano e gestiscono servizi per gli UGC.
Ovviamente ciò ha comportato lo spostamento di lavoratori dalle aziende storiche alle nuove aziende digitali, e le aziende storiche si sono ritrovate a subire riduzioni di guadagno dall'avvento del digitale.
Ma, secondo il rapporto, siamo in presenza di un nuovo modello di riferimento per i media, che si inserisce in un processo di "creative destruction" inevitabile per impedire l'immobilismo del mercato, quindi le aziende storiche hanno necessità di incamminarsi sulla strada dell'innovazione se vogliono sopravvivere. Solo un ambiente realmente innovativo può portare a nuovi modelli di business e creare nuovi mercati.
In conclusione, è decisamente positivo l'atteggiamento dell'autorità inglese nei confronti degli user generated content e in genere della partecipazione degli utenti al processo produttivo, inteso anche come trasformazione e modificazione di contenuti altrui (remix, mashup) e in genere l'Ofcom vede tali forme di partecipazione come una reale opportunità per alcuni settori economici piuttosto che un rischio: la vita umana è arricchita immensamente dalla partecipazione, piuttosto che dal consumo passivo!
Un atteggiamento che contrasta nettamente con quello dell'industria dei contenuti che, invece, tende a criminalizzare aprioristicamente tali attività bollandole come parassitarie o addirittura illegali.
Il rapporto Ofcom, invece, evidenzia come il rafforzamento della tutela dei diritti di proprietà intellettuale è una minaccia per gli UGC, e non il contrario, ribaltando completamente l'approccio generalmente utilizzato da governi e stampa.
Si tratta di un rapporto molto incoraggiante, opera di una autorità che si è sempre proposta come "davvero" indipendente dal governo, anche se purtroppo quel governo non sempre tiene in dovuto conto i suoi suggerimenti.