PnBox e l'attività di giornalista: siamo tutti abusivi?

pnboxAggiornamento: l'11 luglio 2012 il tribunale di Pordenone ha assolto Vanin.

Guido Scorza
ci racconta l'ennesima vicenda tutta italiana, dal classico sapore di sospetto nei confronti del web e dal retrogusto tutto censorio.
Il sito PnBox.tv nasce nel 2006 con l'obiettivo di realizzare una televisione online che mette a disposizione degli internauti sia video realizzati in proprio che video creati dagli utenti. "La tivù che fai tu" è, infatti, il motto della piattaforma.
Orbene, il presidente del Consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, ritenendo l'attività illegale, denuncia Francesco Vanin, quale responsabile delle trasmissioni di PnBox, per aver svolto "attività giornalistica non occasionale diffondendo gratuitamente notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale specie riguardo ad avvenimenti di attualità politica e spettacolo relativi soprattutto alla provincia di Pordenone". Insomma, esercita attività giornalistica gratuita (?!) senza essere iscritto all'albo dei giornalisti e senza aver registrato la testata presso il tribunale.


Come efficacemente sintetizza Scorza, il succo della denuncia sta nel fatto che si ritiene riservata ai soli giornalisti l'attività di divulgazione e pubblicazione di contenuti online, e tale impostazione rischia di incidere profondamente sull'intera blogosfera, visto che ormai è pratica comune per i cittadini girare con telecamere o cellulari per fare riprese video da immettere sui propri blog oppure su piattaforme apposite come YouTube, oppure PnBox.

In realtà, come chiarito nel disclaimer del sito, PnBox si limita per lo più ad offrire spazio web agli utenti che vogliono dire la propria opinione su fatti od avvenimenti, o semplicemente esprimere delle proposte. Attività che appare senza ombra di dubbio consentita dall'art. 21 della Costituzione.

Per comprendere meglio la questione dobbiamo chiarire la differenza tra attività giornalistica e professione. La professione è intesa quale attività esercitata in modo continuativo a scopo di guadagno. L'Ordine dei giornalisti, con una illuminante pronuncia del 19 aprile 2010, precisò che "la legge istitutiva dell'Ordine non osta in alcun modo a che tutti possano collaborare ad un giornale senza essere iscritti. Nega però la possibilità di svolgere tale attività in maniera professionale, ovvero «in maniera stabile, continuativa, sistematica e retribuita»". La stessa Corte di Cassazione nel 1971 sancì che, "poiché la Costituzione garantisce a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero liberamente e con ogni mezzo di diffusione, ogni cittadino può svolgere, episodicamente, l'attività di giornalista, non commette pertanto il reato di abusivo esercizio della professione di giornalista, di cui agli artt. 348 cod. pen. e 45 legge 3 febbraio 1963, n 69, colui che, senza essere iscritto all'albo dei giornalisti o in quello dei pubblicisti, collabori saltuariamente ad un periodico venendo retribuito volta per volta".

Ad ulteriore conferma di tale impostazione il codice della Privacy, in merito alla regolamentazione dell'uso di dati personali, fa riferimento talvolta al "giornalista" e talaltra all'"attività giornalistica", a distinguere le prerogative dei due ambiti di attività informativa. Il giornalista professionista è, infatti, tenuto a particolari doveri ed obblighi, imposti dall'Ordine di riferimento, che non sono generalmente invocabili verso l'informazione non professionale, proprio perché in tal caso l'Ordine non ha alcun potere.

In conclusione, l'attività giornalistica, cioè il fare informazione a carattere non professionale, su base volontaristica e non stabile, è permessa a tutti in quanto prevista dall'articolo 21 della Costituzione italiana, ed in fondo non è altro che una forma di partecipazione civica nonché esercizio della sovranità popolare prevista dall'articolo 1 della Costituzione.

Nel caso in questione, PnBox ha svolto effettivamente "attività" giornalistica occasionale diffondendo gratuitamente notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, più o meno come fanno una quantità indescrivibile di blog ogni giorno, ma non pare che si possa contestare l'esercizio abusivo della "professione" di giornalista che è il reato contestato.

Appare, quindi, piuttosto strano che la Procura della Repubblica abbia rinviato a giudizio Vanin per esercizio abusivo della professione di cui al 348 del codice penale. Comunque si spera che il tribunale sappia valutare correttamente la situazione e confermare che esiste una differenza tra attività giornalistica permessa a tutti e coperta dalla carta costituzionale, e professione giornalistica, demandata ai soli iscritti all'albo.