Proliferazione delle PEC ed incertezze giuridiche

pecAlla fine la PEC è giunta nei nostri computer, per lo più si tratta di caselle postali certificate regalate, ma molti di noi hanno finalmente la tanto attesa PEC. In verità non tutti sono contenti di questa novità, se così si può chiamare, visto che la frammentazione dei gestori di PEC non si accompagna ad un mercato aperto alla concorrenza, anzi si stanno creando vari sotto mercati tutti monopolizzati.
Ad esempio c’è una azienda che fornisce la PEC agli avvocati, gratis il primo anno e poi a pagamento, e in alcuni casi dei servizi per avvocati non vengono resi se non si è in possesso di quella PEC, con la scusa che sarebbe l’unica a garantire la certezza del destinatario. Peccato che quella PEC l’azienda in questione l’ha fornita spesso senza controlli particolarmente stringenti sull’identità del titolare.
Poi ci sarà la PEC che il ministro Brunetta vuole regalare a tutti i cittadini che ne faranno richiesta, anche questa gratis si intende, anche se sono pronto a scommettere che l’azienda che si aggiudicherà l’appalto non fornirà le caselle certificate senza un corrispettivo che, alla fine, uscirà dalle nostre tasse. Questa PEC ministeriale servirà solo per le comunicazioni con la Pubblica Amministrazione.
Poi avremo le PEC dell’Aci, per le comunicazioni con l’Aci, quelle dell’Inps per le comunicazioni dedicate, Infocert la regale alle imprese, e così via, per non parlare degli avvocati, che di PEC ne dovranno avere ben tre, a seconda dei servizi che intendono utilizzare.
Si verifica, così, una frammentazione del mercato in tanti piccoli monopoli che non fanno certo bene alla concorrenza, ed inoltre, essendo la casella di posta elettronica, compreso quella certificata, comparabile col domicilio dell’utente, elettronico si intende, avremo una ulteriore frammentazione del domicilio degli utenti, con consequenziali danni per i cittadini. Ognuno di noi dovrà avere chissà quante PEC, ognuna per un servizio diverso.


Ma i problemi con la PEC non finiscono certo qui.
La PEC attribuisce una data certa alla comunicazione, e non è ripudiabile, grazie ad un servizio fornito dai gestori di PEC. Il gestore è un fornitore di servizio mail con alcuni vincoli ulteriori che attribuiscono particolare valore giuridico alle comunicazioni generate tramite i suoi server. Questo vuol dire che si deve rinunciare alla mail tradizionale per avere una PEC. Di contro, però, la PEC non è uno standard internazionale, anzi è di fatto presente solo in Italia, laddove gli altri paesi utilizzano protocolli diversi e standardizzati. Ciò vuol dire che non c’è interoperabilità tra PEC e altri standard.
Fortunatamente la legge italiana da la possibilità di usare anche altri sistemi, purché compatibili ed interoperabili con la PEC, peccato che i gestori italiani usino sistemi non standard, appunto.

La caratteristica del messaggio inviato tramite PEC è di attribuire data certa all’invio o alla ricezione del messaggio medesimo, ma non attribuisce alcun valore giuridico al contenuto del messaggio. Cioè la PEC è equivalente al timbro postale stampigliato sulla busta di una lettera, mentre il messaggio, cioè il foglio interno, non viene toccato. Per attribuire valore giuridico anche al messaggio interno occorre usare anche la propria firma digitale, quindi occorre qualcosa di più rispetto alla normale PEC. E generalmente servizi come questo sono aggiuntivi, e quindi a pagamento.
Questo accade perché la PEC viene generalmente fornita senza alcuna verifica sulla identità dell’intestatario. Spesso viene acquistata online, quindi l’acquirente potrebbe anche dichiarare generalità non veritiere.  

La PEC, inoltre, non prevede la cosiddetta “compiuta giacenza”, cioè il termine trascorso il quale decorrono gli effetti giuridici della raccomandata, ad esempio. Questo perché il CNIPA (Centro nazionale per l’informatica della pubblica amministrazione, che ha il compito di vigilare sulla funzionalità di questo servizio) ha stabilito che la PEC si considera ricevuta, ad ogni effetto di legge, quando giunge nella mailbox del gestore, e non quando viene effettivamente recapitata al destinatario, o letta dal destinatario. Cioè vuol dire che la PEC si reputa, giuridicamente, conosciuta dal destinatario quando il gestore la riceve, anche se il destinatario non la ha mai letta, e anche se non la ha nemmeno ricevuta sul suo computer, per problemi tecnici oppure semplicemente perché è da tempo che non accende il computer stesso.

L’ultima questione riguarda la riservatezza dei messaggi, perché il CNIPA consente la conservazione dei messaggi in chiaro sui server del gestore, per cui chiunque potrebbe accedere al suo contenuto. Il gestore, infatti, ha l’obbligo di conservare i messaggi per 30 mesi, e anche l’obbligo di riprodurre una copia della ricevuta, a richiesta.

Quindi, al di là delle buone intenzioni, non pare che l’ingresso della PEC nel mondo digitale del nostro paese sia poi così innovativo. Parliamo, infatti, di uno strumento che ha un fine molto limitato, per come è stato congegnato dai gestori, spesso al dialogo con un singolo ente, che non può dialogare con sistemi analoghi esteri, e che si inserisce nella realtà di un paese, come l’Italia, dove milioni di persone non hanno ancora la banda larga e tantissime fanno un uso di internet davvero molto scarno. Forse sarebbe stato meglio sfruttare standard internazionali, ed usare i soldi spesi per innovare le infrastrutture della rete in Italia.
Si è preferito, invece, costruire prima il tetto, quando mancano ancora le fondamenta!