Reazioni all’albo degli installatori router

routerSi intravedono le prime reazioni al decreto ministeriale contenente il regolamento di attuazione dell’articolo 2 del decreto legislativo 198 del 2010, quest’ultimo in attuazione della direttiva relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazione. Quest’ultimo decreto istituisce un albo degli installatori delle apparecchiature di rete, prevedendo l’obbligo di servirsi degli iscritti a tale albo per l’installazione, l’allacciamento, il collaudo, la manutenzione o la trasformazione di tali apparecchiature. L’associazione Progetto APICI, Associazione piccole imprese e consulenti per l'informatica, ha elaborato una proposta in relazione alla consultazione pubblica avviata in merito al decreto ministeriale suddetto.

Progetto APICI chiede innanzitutto la completa liberalizzazione del settore, in considerazione del progresso tecnologico delle apparecchiature e della rete pubblica, dell’accresciuto livello di preparazione dei tecnici del settore, e dell’aumentata consapevolezza degli utenti finali sicuramente oggi più capaci non solo di scegliere e valutare gli operatori ai quali affidarsi, ma anche, grazie alla semplificazione delle procedure di gestione e manutenzione di tali apparecchiature, di operare personalmente per gli interventi più semplici.

Ritenendo però che una liberalizzazione sarà difficile da ottenere, Progetto APICI avanza anche una proposta subordinata basandosi sulla distinzione tra il livello fisico (cavi ed apparecchiature) e quello logico (software) nell’ambito del networking. Al fine di garantire la sicurezza e l’affidabilità dei sistemi, Progetto Apici considera essenziale tener presente tale distinzione, distinzione che si riflette nelle necessarie competenze per operare sui due piani. Ritiene quindi che chi realizza la parte fisica dell’impianto deve attenersi alle specifiche normative tecniche, in modo da garantire che le infrastrutture non possano arrecare danni a cose o persone, mentre al livello logico si dovrebbe garantire la sicurezza, soprattutto sotto l’aspetto della privacy. A tal fine, quindi, chi opera al livello logico dovrebbe avere le competenze per garantire la sicurezza dei dati, specialmente quando si tratta di dati sensibili. La proposta va nel senso di istituire, quindi, la figura del tecnico/consulente informatico specializzato, al quale affidare la parte logica della rete, tecnico che dovrebbe avere o una laurea in informatica o ingegneria informatica o ingegneria delle telecomunicazioni, oppure altro titolo simile o equivalente, oppure, in alternativa alla laurea, dovrebbe sostenere un esame teorico su argomenti tecnici specifici.

In conclusione la proposta di Progetto APICI si sostanzia nel seguente modo:
In caso di impianto di rete che preveda fino ad un massimo di dieci accessi concorrenti, la realizzazione (livello fisico) e la successiva configurazione del sistema (livello logico) possono essere effettuate autonomamente dal soggetto proprietario dell'impianto o affidate a personale non abilitato, questo a patto che i dati trattati siano esclusivamente di tipo comune.

Per impianti con numero di accessi concorrenti superiore a dieci è prevista in via esclusiva la realizzazione dell'infrastruttura di rete (livello fisico) da parte di un'azienda abilitata, la configurazione del sistema (livello logico) può invece essere effettuata autonomamente da parte del proprietario dell'impianto o affidata a personale non qualificato, sempre che i dati trattati siano esclusivamente di tipo comune.

Per tutti i casi in cui vengano trattati dati sensibili e/o giudiziari, a prescindere dalla dimensione della rete, la realizzazione dell'infrastruttura (livello fisico) può essere effettuata esclusivamente da un'azienda abilitata mentre la configurazione del sistema (livello logico) deve essere affidata ad un tecnico/consulente informatico specializzato abilitato il quale dovrà rilasciare l'apposita certificazione di idoneità prevista dalla normativa privacy”.

Come si può notare la proposta in oggetto si discosta dalla bozza di regolamento ministeriale, in quanto quest’ultima non differenzia affatto il livello logico e quello fisico, preferendo una gestione di entrambi i livelli centralizzata nella medesima figura, l’installatore autorizzato, senza così tener conto delle differenze notevoli che esistono tra di essi, ed in particolare senza considerare che per la gestione, la configurazione e la manutenzione del livello logico le competenze sono completamente differenti rispetto a quelle necessarie per la posa dei cavi e della apparecchiature fisiche.
Inoltre Progetto APICI propone di valutare la dimensione dell'impianto non in base al numero dei punti di utilizzo finale, come accade nel decreto ministeriale, ma in base al numero di persone che accedono contemporaneamente alla rete dal suo interno, cioè agli accessi concorrenti, modalità normalmente usata in informatica e facilmente verificabile in caso di ispezioni.

Ci pare che si tratti di una proposta decisamente più sensata rispetto al decreto ministeriale, in quanto da un lato tiene conto delle differenti competenze necessarie per l’installazione di cavi e per la configurazione del software dell’impianto di rete, e dall’altro inserisce più ipotesi nelle quali non necessita l’intervento di un installatore autorizzato, lasciando maggiore spazio ai privati per quanto riguarda le reti casalinghe, così evitando di introdurre costi inutili in un’operazione, l’installazione di un router o una rete domestica, oggi senz’altro alla portata di molti comuni cittadini. Ovviamente la necessità che gli impianti siano certificati impedisce che si possano creare danni alla rete o a terzi nei casi di errata configurazione od installazione.

Altro intervento nella consultazione pubblica è quello di AssoProvider, l’Associazione dei provider indipendenti, che assume dei toni decisamente più duri.
AssoProvider, infatti, fa rilevare come il decreto ministeriale vada oltre i principi stabiliti dalla direttiva europea, al punto di potersi configurare quasi un eccesso di delega. Del resto avevamo già fatto notare che, mentre la direttiva europea mira ad una liberalizzazione e ad aumentare la concorrenza del settore, il decreto legislativo sembra avere esattamente l’effetto opposto.
Infatti AssoProvider fa notare come il decreto finisca per complicare il quadro normativo, aggravando “l’apparato statale con controlli obbligatori ogni tre anni agli operatori e con la conservazione della documentazione della struttura di rete privata”, controlli che vanno in direzione opposta alle norme di tutela del consumatore, imponendo vincoli ispettivi che ledono addirittura la riservatezza e la tutela del domicilio. Ci si riferisce, infatti, ai controlli previsti dall’articolo 9 del decreto.
In merito alla definizione di punto di utilizzo finale, AssoProvider fa rimarcare come tale definizione non sia presente nel decreto 198, e quindi risulti incongruente rispetto allo scopo del regolamento, che si dovrebbe occupare solo della terminazione delle rete pubblica. Insomma non dovrebbe interessarsi dei punti di collegamento tra router e computer, ma solo dei punti di uscita verso la rete pubblica.

In relazione alle autorizzazioni, AssoProvider ritiene che il loro rilascio debba essere basato sul silenzio assenso, salva la possibilità di integrazioni e verifiche degli ispettori, altrimenti finisce per determinare un’eccessiva burocratizzazione.
L’intervento di AssoProvider è piuttosto complesso, e si basa sull’assunto che “la rapida evoluzione delle tecnologie rende velocemente obsoleto qualsiasi riferimento diretto a strumenti e/o metodologie da imporre agli installatori, molto più efficace e ragionevole sarebbe l'indicazione dell'obbligo degli installatori di rispettare normative, metodologie, documentazione di rilascio consigliate dall'opportuno ente di formazione”, ed in particolare tende, quindi, ad una deburocratizzazione del settore, a differenza di quanto sembra osservarsi nel decreto ministeriale.

A questo punto non ci resta che attendere per verificare se le acute osservazioni sopra riportate verranno tenute in conto dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Ci sembra non di poco conto discutere approfonditamente di queste problematiche prima di prendere decisioni che potrebbero rivelarsi deleterie per lo sviluppo della rete e dei settori collegati, in quanto il decreto legislativo in sostanza appare introdurre misure protezionistiche in questo mercato, dando un peso eccessivo non alla competenza specifica quanto piuttosto all’esperienza nel settore, in tal modo fornendo un assist alle imprese del settore già presenti nel mercato, un mercato in evidente difficoltà, e nel contempo sembra imporre l’utilizzo di installatori autorizzati per tutti gli impianti wifi, così limitando notevolmente i passi in avanti che si erano fatti in merito alla liberalizzazione del wifi e il superamento del decreto Pisanu.