Sequestro dei giornali online

Sequestro dei giornali online

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 31022 del 17 luglio 2015, fa il punto sulla sequestrabilità dei giornali online, approfondendo finalmente le problematiche connesse all'equiparabilità di Internet e stampa. 

Il tribunale di Monza rimette la questione dinanzi alla Cassazione, in relazione ad un procedimento per diffamazione a mezzo stampa. Ritenendo sussistenti sia il fumus commissi delicti che il periculum in mora, il tribunale, in funzione di giudice del riesame, conferma il sequestro dell’articolo online a mezzo di ordine al provider di oscuramento. A seguito di ricorso per Cassazione la procedura viene assegnata alle Sezioni Unite in considerazione del fatto che le questioni da dirimere sono passibili di creare un contrasto giurisprudenziale.

Le questioni sono:
- se sia ammissibile il sequestro preventivo, anche parziale, di un sito web;
- se sia ammissibile, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, il sequestro preventivo della pagina web di una testata giornalistica telematica debitamente registrata.

 

Sequestro di un sito online
La prima questione, generale, si pone in quanto la misura del sequestro si caratterizza per la materiale apprensione della cosa pertinente al reato, laddove nel caso dei giornali online si risolverebbe in realtà nell'imposizione all’indagato o ad un terzo di un comportamento consistente nel compimento di operazioni tecniche necessarie per l'oscuramento della pagina web incriminata. Tuttavia, anche in assenza di argomentazioni approfondite, la giurisprudenza ritiene legittimo il sequestro a mezzo di oscuramento della pagina web. Lo scopo del sequestro è, infatti, realizzare l'indisponibilità di cose o beni in rapporto di pertinenzialità al reato, al fine di scongiurare il pericolo della perpetuazione del crimine o della commissione di altri reati.

Con l’entrata in vigore della legge 48 del 2008 (ratifica della Convenzione di Budapest sul cybercrime) il dato informatico è esplicitamente equiparato al concetto di cosa (art. 19), e le ulteriori modifiche legislative degli ultimi anni confermano tale lettura, corroborando l’idea che il dato informativo è passibile di danneggiamento e di sequestro indipendentemente dal sistema informatico nel quale è inserito.
Il Supremo Collegio ritiene, inoltre, che l'unico modo per realizzare l’effetto di arrestare l'attività criminosa in atti si ha tramite l’inibitoria rivolta al provider di connettività, in ossequio a quanto sancito dal Decreto legislativo 70 del 2003 (art. 15 e 17). Tale decreto integra, quindi, l’art. 321 c.p.p. e consente di pervenire alla possibilità di sequestro del dato informatico a mezzo di inibitoria comminata al provider.
 

Quindi, conclude la Corte, “ove ricorrano i presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora, è ammissibile, nel rispetto del principio di proporzionalità, il sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. di un sito web o di una singola pagina telematica, anche imponendo al fornitore dei relativi servizi di attivarsi per rendere inaccessibile il sito o la specifica risorsa informatica incriminata”.

 

Sequestro di un giornale online
Risolto il problema di carattere generale, la Suprema Corte si pone l’ulteriore problema della ammissibilità del sequestro di un giornale online debitamente registrato. In tale prospettiva la Corte fa un breve excursus storico della libertà di espressione valorizzando l’ampio significato attribuito dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo alla tutela accordata alla stampa, quale watch dog dei pubblici poteri. Quindi, l’adozione della misura cautelare è ammessa solo nei casi specificamente previsti dalle norme, cioè in ipotesi di: pubblicazioni a contenuto osceno ovvero contrario alla pubblica decenza o al buon costume ovvero divulganti mezzi atti a procurare l’aborto; violazione delle norme sulla registrazione della pubblicazioni periodiche e sull’indicazione dei responsabili; pubblicazioni facenti apologia del fascismo; violazione delle norme a tutela del diritto d’autore (art. 161 L. 633/1941).

Le Sezioni Unite ricordano recenti sentenza della Corte Suprema (es. Sez. 5, sentenza n. 10594 del 05/11/2014) che non hanno ritenuto estensibili le garanzie costituzionali della stampa alle manifestazioni del pensiero trasmesse per via telematica, data la specificità del termine “stampa” riferibile solo alla carta stampata. Conclusione che, però, le Sezioni Unite non condividono in quanto determinerebbe una situazione di “tensione” con il principio di uguaglianza, rispetto ai giornali cartacei.
 

Per questo la Corte procede con un’interpretazione evolutiva del concetto di stampa che sia più legato all’aspetto funzionale, precisando però che tale operazione riguarda le sole testate telematiche registrate, quindi i siti web equiparabili, appunto, funzionalmente al giornale cartaceo (“l’area dell’informazione professionale, veicolata per il tramite di una testata giornalistica online”), con esclusione degli altri siti web, come blog, forum, social network ed altro.
Apparirebbe incongruente, sostiene la Corte, che un giornale telematico strutturato come il giornale tradizionale, con organizzazione redazionale ed un direttore responsabile, non sia soggetto alle stesse norme ed oneri del giornale cartaceo. Se lo scopo informativo è l’elemento caratterizzante dell’attività giornalistica, e un giornale è tale se ha i requisiti (strutturale e finalistico), la differente tecnica di diffusione al pubblico non può inficiare l’applicabilità delle norme in materia di stampa alle nuove realtà tecnologiche. In tal senso soccorre la legge 62 del 2001 che definisce il “prodotto editoriale” anche se “su supporto informatico”.
 

Quindi, conclude la Suprema Corte, il giornale telematico soggiace alla normativa sulla stampa perché ontologicamente e funzionalmente assimilabile alla pubblicazione cartacea, quindi prodotto editoriale con propria testata identificativa, diffuso con regolarità in rete e con la finalità di raccogliere, commentare e criticare notizie di attualità dirette al pubblico, con la precisazione che le garanzie e le responsabilità previste per la stampa devono ritenersi riferite ai soli contenuti redazionali (con esclusione dei commenti degli utenti). In tale prospettiva alla stampa telematica si applicano le guarentigie previste per la stampa e quindi non può essere soggetta a sequestro preventivo se non nei casi eccezionali previsti dalla legge (per cui non in caso di diffamazione a mezzo stampa). 

 

Osservazioni
Fin qui la soluzione della Suprema Corte che appare sostanzialmente l’evoluzione delle precedenti pronunce in materia. Già nella sentenza n. 10535 del 2008 si sosteneva che il diritto deve adeguarsi alle nuove tecnologie, “ma da questo assunto non può farsi derivare che i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero (newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei, e così via) possano, tutti in blocco, solo perché tali, essere inclusi nel concetto di stampa prescindendo dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi”.
L’utilizzo dell’argomento funzionale appare la logica conclusione di un percorso argomentativo, anche in considerazione del fatto che a differenza degli anni di stesura della Costituzione, quando il giornale cartaceo era il veicolo principale di diffusione di notizie, oggi tale ruolo spetta indubitabilmente al web.
 

Precedenti pronunce si erano soffermate inizialmente sulla sequestrabilità di contenuti online non inseriti in giornali online (forum o blog) decidendo per la sequestrabilità, argomentando che Internet non è assimilabile alla stampa per le differenze ontologiche col cartaceo. Le pronunce dei giudici di merito in più occasioni hanno ammesso la sequestrabilità anche del giornale online, tramite oscuramento (in un caso anche con deindicizzazione), proprio in applicazione delle pronunce della Cassazione che pervenivano alla non equiparabilità di Internet e stampa. In tale prospettiva la Cassazione ha pure sostenuto che il direttore di una testata online non risponde penalmente ex art. 57 c.p. (omesso controllo sui contenuti pubblicati) per l'impossibilità di ricomprendere l'attività online nel concetto di stampa periodica, e per l’inesigibilità del comportamento. 
 

Il conflitto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiché appunto il giornale online è “funzionalmente” un giornale, veniva risolto sulla base della cosiddetta “eternità mediatica”, cioè la notizia diffusa tramite stampa ha una portata limitata (e quindi anche una lesività) al periodo di pubblicazione della rivista, mentre una notizia immessa in rete rimane fruibile a tempo indeterminato, con un impatto decisamente superiore alla notizia cartacea, essendo tra l’altro destinata a propagarsi rapidamente attraverso il richiamo di altre fonti e dei social network. Da ciò le minori “garanzie” per il web.
 

La Suprema Corte a Sezioni Unite risolve il conflitto potenziale costruendo una definizione di “stampa” in base alla funzione della stessa, e limitata all’informazione periodica professionale in rete.
È interessante notare, infatti, come la Corte separa le altre manifestazioni del pensiero in rete. I forum sono, per la Corte, aree di discussione in cui un utente è libero di esprimere il proprio pensiero. Il blog è una sorta di agenda personale, dove il blogger pubblica un messaggio testuale espressivo della propria opinione, oppure ospita i post di altri soggetti che vogliono esprimere la loro opinione. Il social network è un servizio di messaggistica che instaura una trama di relazioni tra persone. Si tratta di forme di comunicazione comunque espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero ma che non sono soggetti alle garanzie della stampa.
 

Appare quindi che la Suprema Corte ritenga che il “fare informazione”, genericamente intesa, sia attività riservata ad una categoria specifica con un Ordine di riferimento, opinione che è propria di pochissimi Stati, tra i quali purtroppo l'Italia. La stessa Corte di Giustizia Europea si riferisce, invece, genericamente all’attività giornalistica come attuabile da chiunque.
L'attività di un blogger, invece, viene inquadrata nell'esercizio della libertà di opinione, nel senso che il blogger più che fare inchieste si limita spesso ad interpretare e riprodurre fatti ed eventi che gli giungono dalla rete, filtrandoli attraverso la sua personale sensibilità e percezione. Si tratterebbe più che altro di partecipazione civica al dibattito politico, quindi un diritto proprio di ogni singolo cittadino. L'unica differenza è che oggi internet consente una diffusione decisamente maggiore delle suddette opinioni.
 

Il punto è che oggi è sempre più difficile distinguere la professione giornalistica dalla semplice attività giornalistica, considerato che un giornalista può facilmente aprire un blog online e fare giornalismo. In sostanza la distinzione, secondo la Corte, starebbe più che altro nella struttura editoriale alle spalle del sito web, senza però una precisa individuazione dei criteri distintivi della stampa.
 

In conclusione, in presenza di un “prodotto editoriale”, cioè sito web strutturato come un giornale e con una redazione alle spalle, scattano gli obblighi previsti dalla normativa in materia di stampa, e nel contempo si applicano anche le guarentigie, come l’impossibilità di pervenire ad un sequestro (tranne i casi espressamente previsti dalla legge). Come precisa Carlo Melzi d’Eril, le conseguenze di tale orientamento non sono di poco conto, atteso ché un periodico telematico già da adesso dovrebbe dotarsi di un direttore responsabile e registrarsi, con estensione di oneri burocratici di peso anche a mezzi di informazione a diffusione limitata, come sono molti di quelli telematici. 
 

Sempre Melzi d’Eril propone un criterio alternativo legato alle caratteristiche degli stampati, cioè trasparenza e riconoscibilità ai fini della tutela della libertà di informazione. Chi esercita la professione di giornalista per ricevere una tutela ha l’obbligo di disvelarsi, di essere riconoscibile e rintracciabile. Per cui il criterio distintivo non starebbe tanto nella “professionalità” del giornalismo quanto nella pubblicazione di informazioni (anno di pubblicazione, nome e domicilio dello stampatore e, se c’è, dell’editore, cioè per il web l’hosting) che escludano l’anonimato del soggetto che esercita l’attività giornalistica, così estendendo la tutela prevista dall’art. 21 Cost.
 

Infatti, l’attuale normativa sulla stampa vigente in Italia, risalente nel tempo anche se oggetto di numerosi rimaneggiamenti, è comunque l'espressione dell'esigenza non certo di regolamentare i blog in rete, quanto piuttosto di fornire: un sistema di individuazione di soggetti responsabili, i criteri per l'individuazione di un luogo certo per stabilire la competenza territoriale di un giudice in caso di reati, ed infine regolare il sistema dei finanziamenti pubblici.
In tale senso, aggiungiamo noi, ci si muoverebbe nell’ambito delle decisioni della Corte di giustizia europea che nelle sue pronunce in materia fa riferimento non ad una professione giornalistica bensì genericamente all’attività giornalistica.