Una vicenda che merita di essere raccontata è quella che vede contrapposte la piccola società di telefonia italiana, Messagenet, e la famosissima Skype, di recente acquisita dalla Microsoft. Per capire gli ordini di grandezza possiamo dire che Messagenet, fondata nel 1999, oggi ha circa 400.000 utenti ed un fatturato di 2,5 milioni di euro, a fronte di un fatturato di circa 70 miliardi di dollari della società americana.
Eppure, la piccola società italiana ha tenuto in sospeso per diverse settimane il colosso americano, con un ricorso all’antitrust europeo (l’antitrust Usa ha dato subito il suo Ok), con il quale ha bloccato l’acquisizione del provider di servizi telefonici da parte della Microsoft. Un affare da 8,5 miliardi di dollari.
Alla fine la Microsoft l’ha spuntata, ed ha completato l’acquisizione con il beneplacito dell’antitrust, ma Messagenet non si è data per vinta, annunciando ricorso in appello contro il verdetto.
Quale è il motivo del contendere? L’integrazione del servizio di telefonia, il cosiddetto voip, di Skype con i prodotti Microsoft, in particolare con il pacchetto Office. Siccome Messagenet opera nello stesso settore di Skype, offrendo oltre ad altri anche un servizio di telefonia voip, ha chiesto all’antitrust di valutare i rischi dell’integrazione tra il software Microsoft e il servizio di telefonia di Skype. Il rischio paventato dalla società italiana è quello che in gergo si chiama “walled garden”, cioè la realizzazione di un mercato chiuso nel quale altri concorrenti non possono entrare. Questo perché Skype da sempre ha rifiutato di aprire il suo servizio agli altri operatori, impedendo l’interoperabilità, per cui chi ha Skype può chiamare (ed essere chiamato) solo da altri utenti Skype.
È ovvio che la diffusione del servizio Skype tramite integrazione con software che hanno già un mercato vastissimo (come Office), determinerebbe una concentrazione del mercato del voip in mano ad un solo operatore, appunto Microsoft. In pratica vi sarebbe un disincentivo al passaggio ad altri operatori, perché a seguito di tale passaggio l’utente dovrebbe non solo acquisire un altro numero (o nickname), ma anche ricostruire tutta la sua rete di contatti.
Per comprendere appieno la problematica sottesa al ricorso di Messagenet basta pensare alla telefonia mobile. Chi possiede un cellulare (una scheda sim) della Telecom, può comunque chiamare senza alcun problema un utente Vodafone o Wind o 3, quindi esiste l’interoperabilità tra i concorrenti, ed un utente non ha alcun problema a passare da un operatore ad un altro.
Nel settore del voip, invece, mentre Messagenet consente l’interoperabilità con altri concorrenti (cioè è possibile chiamare anche utenti non iscritti al suo servizio), il software di Skype non permette il dialogo con altri operatori voip.
Il Ceo di Messagenet, appena venne pubblicata la notizia dell’acquisizione da parte di Microsoft, aveva già chiesto a Skype di aprirsi agli altri operatori, fornendo i codici per tale interconnessione, senza mai avere alcuna risposta. Anzi, in tutta fretta Skype chiuse l’alleanza con altra compagnia americana, la Digium, la quale utilizzava un software open source, per cui dai suoi codici (open) si sarebbe potuto ricavare i codici per garantire l’interoperabilità dei servizi voip. Una mossa sintomatica, oseremmo dire.
Da ciò nasce il ricorso all’antitrust con il quale Messagenet ha chiesto alla commissione di imporre a Microsoft l’apertura ai concorrenti, quindi l’interoperabilità a Skype.
Per il momento il ricorso è stato rigettato, anche perché verteva per lo più sulla fusione tra Microsoft e Skype paventando l’abuso di posizione dominante, ma la questione non si chiude qui, visto l’intenzione di Messagenet di proseguire la sua battaglia per l’interoperabilità e la difesa degli operatori più piccoli. Non resta che attendere.