La decisione del 22 aprile 2010 della Corte Suprema tedesca ha stabilito che in linea di principio un software é brevettabile, così rovesciando una precedente sentenza della Corte federale sui brevetti. Tale decisione potrebbe comportare delle conseguenze dirompenti in tutto il sistema della tutela del software.
Per chiarire la vicenda precisiamo che attualmente la tutela di un programma per elaboratore (software) è data dal diritto d’autore, e non dalla brevettabilità del software. La differenza è ovvia, il diritto d'autore è riconosciuto automaticamente all'autore, che non deve fare nulla né spendere alcuna cifra per vedere riconosciuto il suo diritto, mentre l’attribuzione di un brevetto è concessa a seguito di una domanda e di una verifica da parte di un apposito ufficio, cosa che comporta un certo esborso economico.
L’articolo 52 comma 2 della Convenzione Europea dei brevetti, infatti, esclude esplicitamente i programmi per computer dalla brevettabilità, in quanto per ottenerne la brevettabilità si richiede un ulteriore effetto tecnico che va oltre la normale interazione del software con i dispositivi hardware. Cioè, per ottenere il brevetto di un programma è necessario che vi sia la soluzione di un problema tecnico che incide sulla realtà con effetti rilevabili e in maniera inventiva rispetto allo stato dell’arte (“prior art”), cioè rispetto all’esistente.
Negli Usa è considerato possibile brevettare un software, mentre nell’Unione europea ciò non è ancora ammesso, anzi nel 2005 venne rigettata da parte del Parlamento Europeo la Direttiva sulla brevettabilità del software proposta dalla Commissione e appoggiata dal Consiglio, a seguito di una mobilitazione di attivisti europei. I paesi membri dell’Unione hanno, inoltre, ratificato la Convenzione Europea sui Brevetti del 1974 che stabilisce che un software “in quanto tale” (“as such”) non è brevettabile, ma tale inciso è stato più volte discusso al fine di chiarirne la portata. Alcuni hanno inteso che il software è brevettabile solo come componente di una invenzione più ampia, ma non lo è da solo, mentre i sostenitori dei brevetti interpretano la norma sostenendo che è solo il codice sorgente di un programma a non essere brevettabile, mentre il programma in esecuzione lo sarebbe, in quanto è equiparabile ad un’invenzione tecnica.
La decisione della Corte suprema tedesca muta radicalmente il quadro normativo, andando nella direzione opposta a quella espressa dal Parlamento europeo, stabilendo che qualsiasi metodo di interazione tra i componenti di un sistema di elaborazione dati è sempre di natura tecnica, per cui è brevettabile. Quindi, l’unico requisito richiesto per la brevettabilità del software sarà la presenza di una variazione minima rispetto alle precedenti soluzioni, anche marginale (come può essere un software commerciale che consente di risparmiare un click all’utente per concludere la transazione).
I problemi che potrebbero nascere da questo mutato quadro non sono pochi. Innanzitutto ogni programmatore, pur potendo registrare numerosi brevetti (avendone la possibilità economica, si intende), si troverà nella difficoltà di dover accertare di non violare a sua volta brevetti altrui, e quindi dovrà effettuare ricerche (costose) per verificare se le sue soluzioni tecniche ricalcano soluzioni di altri programmatori. Ovviamente è proprio il software open source (a codice libero) che soffrirebbe di più, in quanto, proprio perché il codice è aperto a tutti, sarebbe semplicissimo verificare eventuali violazioni di brevetti, mentre sarebbe senz’altro più difficile in presenza di codici protetti.
Teniamo presente che in Europa si sono avuti negli ultimi anni, nonostante tutto, circa 30.000 brevetti software (anche il multitasking è stato brevettato) che ora potranno essere fatti valere in Germania. Alcuni di questi brevetti potrebbero avere dubbie basi legali, ma per dimostrarlo occorrerebbero cause lunghe e costose che i piccoli programmatori (di software libero ed open source) non possono certamente permettersi.
Anche Red Hat, produttore di software open source e di una versione di Linux, in passato ha dichiarato che il sistema di brevetti software “intralcia l'industria e lascia gli sviluppatori alla mercé dello sfruttamento”, sostenendo che il software è “una tecnologia astratta che, tradotta nel linguaggio dei brevetti genera facilmente rivendicazioni vaghe e incerte”, cioè “i prodotti software sono spesso altamente complessi e costituiti anche da migliaia di piccoli (e potenzialmente nuovi) elementi in un processo cumulativo”, al punto che sarebbe “virtualmente impossibile escludere la possibilità che un software nuovo possa assolutamente non infrangere alcun brevetto”. La conclusione è che la brevettabilità del software “blocca l'innovazione dell'open source e dei software in generale”.
Insomma, si rischierebbe di accentrare la produzione di software nella mani di poche grandi aziende, buttando fuori dal mercato i tanti piccoli produttori, in special modo coloro che realizzano software libero e open source e che si dimostrano portatori di innovazione e risparmio.