Nei mesi passati ha fatto molto discutere la proposta di riforma delle intercettazioni, che conteneva al suo interno anche un articolo che estendeva l'obbligo di rettifica previsto per la stampa a tutti i siti internet. Anche se il relativo dibattito appare temporaneamente sopito, una recente pronuncia della Corte Europea dei diritti dell'uomo, la sentenza n. 43206/07 pubblicata il 3 aprile 2012 risulta in netta controtendenza ponendo la necessità di una riflessione su tale istituto e la sua applicazione in Italia.
Riassumiamo la vicenda. Un giornalista polacco pubblica un articolo decisamente critico nei confronti di una amministrazione comunale e del suo sindaco. Quest'ultimo risponde con una lettera al giornalista, chiedendone la pubblicazione quale rettifica all'articolo. Il giornalista si rifiuta di pubblicare la rettifica e non risponde al sindaco precisando i motivi della mancata pubblicazione, adempimento che è previsto obbligatoriamente dalla legislazione polacca. Il sindaco si rivolge al tribunale competente, dove il giornalista si difende sostenendo che la lettera non aveva le caratteristiche di una rettifica essendo sprovvista di carattere di oggettività, quanto piuttosto conteneva insinuazioni. Il tribunale però, sulla base della normativa nazionale che prevede la rettifica come obbligatoria, condanna il giornalista alla pena di 4 mesi da scontare a mezzo di servizi sociali e sospende il giornalista per 2 anni dalla professione. La sentenza comminata viene confermata anche in appello, e a quel punto il giornalista impugna la decisione al Tribunale di Strasburgo.