Alla fine è stata approvata al Senato la legge di riforma delle intercettazioni, ottenendo critiche un po’ da tutte le parti, non solo dalla magistratura e dai giornalisti, ma anche dal popolo della rete, in quanto vi è un apposito comma che la riguarda, e dall’opinione pubblica nazionale che si è mobilitata in difesa del diritto ad una informazione completa e trasparente. A queste si sono aggiunte critiche dall’estero, prima il Dipartimento di giustizia americano, poi addirittura l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), specializzata nel controllo delle procedure democratiche in paesi a rischio autoritario, invitando l’Italia a rinunciare alla legge in questione o a modificarla sulla base degli standard europei sulla libertà di informazione e di espressione.
Secondo il segretario dell’Osce, ma non solo, la legge in questione potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo e di inchiesta. Esistono pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo che stabiliscono come in un sistema democratico l’importanza di una notizia rende lecita la sua pubblicazione anche se si tratta di notizia soggetta a segreto (ma la legge in oggetto stabilisce che non sono pubblicabili nemmeno gli atti non più coperti da segreto), in quanto l’obbligo di informare i cittadini prevale, e in particolare prevale sul diritto alla privacy dei soggetti pubblici come possono essere i politici. La Corte ha sostenuto che il diritto di sapere e di essere informati è un corollario necessario dell’esercizio del controllo democratico, in quanto in democrazia i controlli istituzionali (e questo lo vediamo nelle inchieste giudiziarie che giungono sui giornali) non bastano, ma occorre il controllo diffuso di tutti i cittadini, cioè la trasparenza.