Videosorveglianza da sorvegliare

videosorveglianzaIl Garante per la privacy annuncia un nuovo provvedimento generale in materia di videosorveglianza che sostituirà quello del 2004, fissando dei paletti più stringenti ad un sistema che, nel tempo, si è espanso fino al punto di minacciare i diritti dei cittadini ed in particolare la loro privacy. Il testo sarà pubblicato nei prossimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale, ma i principi di base sono già noti.

L’attività di videosorveglianza è regolata principalmente dal provvedimento generale emanato dal Garante il 29 aprile del 2004, ma anche da ulteriori norme e provvedimenti del garante. Il presupposto di base di questa regolamentazione è la necessità di contemperare la tutela dei diritti dei cittadini, in primis il diritto alla privacy, e le esigenze di sicurezza dei cittadini. Questo vuol dire che i cittadini devono poter circolare nei luoghi pubblici senza dover subire ingerenze eccessiva da telecamere e sistemi di videosorveglianza.

Per questo motivo il Garante ha stabilito che la videosorveglianza è consentita purché siano rispettati alcuni principi:
- liceità;
- necessità;
- proporzionalità;
- finalità.

Il principio di liceità rende la videosorveglianza lecita se è funzionale allo svolgimento delle funzioni istituzionali, quando si tratta di enti pubblici, oppure, nel caso di privati o enti pubblici economici, se sono rispettati gli obblighi di legge (in particolare le norme del codice penale che vietano le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni) e il provvedimento del Garante in materia di bilanciamento degli interessi, oppure se vi è un consenso libero ed espresso da parte delle persone riprese dalle telecamere.  
Il principio di necessità serve ad evitare un eccessivo ricorso alle telecamere, od un uso delle stesse sproporzionato, quando l’obiettivo che ci si prefigge di raggiungere col sistema di videosorveglianza può essere raggiunto con modalità diverse, ad esempio utilizzando inquadrature anonime o predisponendo l’impianto in modo che mantenga le riprese solo per il periodo di tempo necessario.
Il principio di proporzionalità invita a ricorrere alle telecamere solo come misura ultima di controllo, cioè quando altre misure si siano rivelate insufficienti oppure inattuabili. Non è ammissibile, quindi, l’uso di telecamere solo perché l’impianto è meno costoso rispetto ad altre forme di controllo.
Il principio di finalità stabilisce che chi installa le telecamere può perseguire solo fini di sua pertinenza, cioè può utilizzare le telecamere solo per controllo della sua attività, ma non può mai utilizzare le telecamere per finalità esclusivamente di sicurezza pubblica, che sono di competenza delle autorità giudiziarie ed amministrative. Ad esempio, in relazione ad un condominio il Garante ha chiarito che l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio antistanti l'accesso alla propria abitazione) escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) ovvero ad ambiti antistanti l'abitazione di altri condomini (Provvedimento in materia di videosorveglianza - 8 aprile 2010).
Ovviamente le finalità devono essere determinate, ed esplicitate nell’informativa da fornire ai soggetti che entrano nella zona sottoposta a videosorveglianza.

In prossimità di un impianto di videosorveglianza, quindi, deve essere apposto un cartello (informativa), sul modello indicato dal Garante, che avverte della presenza delle telecamere esplicitando i motivi di tale presenza.
Ovviamente l’installazione di telecamere necessiterebbe di un consenso scritto, trattandosi di attività di trattamento di dati personali, almeno per quanto riguarda gli enti pubblici economici ed i privati. Ma, essendo tale consenso difficile da richiedere preventivamente, il Garante ha preferito bilanciare gli interessi in gioco stabilendo che il consenso non è necessario purché le telecamere siano installate secondo le modalità indicate dal Garante medesimo e servano a tutelare beni e persone da aggressioni o a prevenire incendi o a garantire la sicurezza del lavoro.
La conservazione delle riprese è un aspetto di rilievo, e il Garante ha stabilito che è lecita se le riprese vengono mantenute da un minimo di qualche ora fino ad un massimo di qualche giorno. In alcuni casi dove sussistono situazioni particolari, come per le banche, è ammesso il prolungamento della conservazione delle immagini fino ad una settimana, ma oltre è necessario che tale conservazione prolungata sia dovuta a condizioni eccezionali o da richieste dell’autorità giudiziaria.

L’installazione di impianti di videosorveglianza deve, quindi, deve rispettare i principi sopra indicati, e in particolar modo deve essere realizzata in modo da evitare trattamenti di dati non necessari. Alcuni impianti necessitano di una verifica preliminare del Garante, come gli impianti che incrociano le immagini con altri dati, tipo i dati biometrici oppure i codici identificativi della carte elettroniche, oppure le rilevazioni della voce. Se l’impianto rileva dati sensibili o giudiziari, come accade per le persone malate o i detenuti, è necessaria l’autorizzazione del Garante.
Ovviamente gli interessati, cioè i soggetti ripresi, possono accedere alle riprese che li riguardano e verificare le modalità di utilizzo dei dati raccolti. All’interno dei condomini i privati possono effettuare riprese purché le telecamere siano dirette solo verso gli spazi di propria pertinenza (ad esempio ingresso box) con esclusione delle aree comuni. In ogni caso è sempre dovuto una adeguata informativa che deve essere ben visibile.

Ovviamente l’illiceità della registrazione comporta non solo l’inutilizzabilità delle registrazioni, ma anche il provvedimento di blocco e divieto di trattamento dei dati, da parte del Garante. In casi estremi si possono configurare anche reati penali.

Su questo impianto normativo si è inserito l’art. 6, commi 7 e 8, del cosiddetto “decreto sicurezza” approvato con Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11  e convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, denominati “Piano straordinario di controllo del territorio”, che ha consentito ai Comuni di far uso di sistemi di videosorveglianza al fine di prevenzione dei reati e controllo del territorio, mentre prima tali finalità non erano perseguibili in quanto di competenza delle autorità di polizia. Quindi per i Comuni non esiste più il limite della finalità delle riprese, ma è possibile che la videosorveglianza abbia uno scopo di semplice tutela del territorio, consentendo addirittura di conservare le riprese fino a “sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”.

La proliferazioni di telecamere ha indotto il Garante ad un nuovo intervento regolatore in materia, un nuovo provvedimento generale, approvato ai primi di aprile, che di qui a breve sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, e che entrerà in vigore il prossimo anno.
Il principio base è che l’utilizzo di telecamere deve essere annunciato con cartelli espliciti e ben visibili, anche in caso di videosorveglianza notturna, e l’informativa deve anche avvertire se l’immagine è visibile “in remoto” dalle forze di polizia. Le telecamere istallate a fini di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica non devono essere segnalate, ma il Garante auspica comunque l’utilizzo di cartelli che informino i cittadini. Quindi i cittadini devono essere informati quando entrano in una zona controllata da sistemi di videosorveglianza.

In tema di conservazione delle immagini la regola sarà 24 ore, per attività particolarmente delicate (banche ad esempio) si può arrivare fino ad una settimana. Per gli enti locali il termine di 7 giorni diventa la regola, anche se è possibile andare oltre, purché vi sia un controllo da parte del Garante.
Inoltre, se la telecamera è connessa ad un sistema che interpreta anche le azioni dei cittadini, i gesti, il comportamento tenuto, segnala eventi o comportamenti anomali, occorre una specifica autorizzazione del Garante, che dovrà valutare la necessità di tale tipo di controllo.
Il provvedimento generale consente anche l’installazione di telecamere su veicoli privati adibiti ad uso pubblico, come i taxi, purché siano rispettati i limiti previsti dal provvedimento stesso, e potranno essere utilizzate, dagli enti locali, anche per accertare violazioni in materia di rifiuti.

Insomma, limiti più rigorosi per non far diventare le nostre città un “grande fratello”, ma soprattutto un coordinamento con le norme previste dal decreto sicurezza.
E a chi si chiede se troppi limiti non possano vanificare l’efficacia del monitoraggio, il Garante risponde, tramite il suo presidente, in questo modo: “Torniamo al principio di finalità. A cosa serve monitorare? A prevenire un reato. Se cioè metto sotto controllo un negozio è per evitare che qualcuno rubi. Se quel qualcuno sa di essere monitorato sarà il primo ad evitare di commettere reato. E se mai lo commettesse saprebbe di essere facilmente identificabile. Quindi il controllo con telecamera, adeguatamente segnalato, mi aiuta a prevenire i furti, che è ciò che voglio. Altri tipi di controlli non rientrano in queste finalità. E quindi d’ora in avanti non saranno ammessi”.

Si legga anche l'articolo Videosorveglianza e tutela dei cittadini per gli aggiornamenti sulla normativa e casi pratici.