WikiLeaks: la libertà Usa e quella italiana

El PaisTra i tanti rapporti resi pubblici da WikiLeaks o suo tramite, il quotidiano spagnolo El Pais ne pubblica uno dell’ambasciatore americano Thorne di stanza a Roma, e riferito al decreto Romani. Tale legge, secondo il dispaccio del 3 febbraio 2010, sarebbe vista con preoccupazione dalla diplomazia Usa, in quanto darebbe la possibilità al governo italiano di bloccare e censurare contenuti online, contribuendo a favorire da un lato le imprese del Presidente del Consiglio, e dall’altro dando alla Cina una giustificazione per i loro attacchi contro la libertà di espressione.

Nel dispaccio si riferisce che il direttore per le relazioni istituzionali in Confindustria, Busetto, ha definito il decreto “la morte di internet in Italia”, che il commissario dell’AgCom D’Angelo ha detto che l’ “Italia sarà l’unico paese occidentale nel quale sarà necessaria l’autorizzazione preventiva del governo per operare in questo settore… questo aspetto rivela un rischio democratico”, ed allo stesso modo il presidente dell’AgCom ha detto che l’Italia sarà l’unico paese occidentale ad imporre restrizioni alla rete, mentre fino ad ora ciò è accaduto solo in paesi dittatoriali.

Nel dispaccio si precisa inoltre che l’AgCom avrebbe il potere di intraprendere azioni legali per bloccare il traffico in rete per i siti che non sono conformi alla legge, facendo l’esempio di YouTube che potrebbe essere bloccato se i suoi contenuti non ottengono l’approvazione del governo. Si rimarca anche che l’AgCom, in teoria una autorità indipendente, potrebbe non essere sufficientemente forte da resistere alle pressioni del governo.
Ovviamente il governo italiano, continua il rapporto, insiste nel puntualizzare che la legge non ha alcuno scopo di limitare la libertà di espressione del pensiero in rete, ma secondo la diplomazia Usa il decreto Romani consentirebbe, nonostante le parole del governo, di intraprendere azioni legali contro organizzazioni che siano in competizione politica o commerciale contro membri del governo, apparendo quindi, in tal modo, in grado di consentire il blocco o la censura dei contenuti in rete giudicati diffamatori oppure ritenuti incoraggianti attività criminali.

 

L’ambasciatore Thorne evidenzia, inoltre, come per anni il governo degli Stati Uniti abbia chiesto una maggiore cooperazione in tema di pirateria, in particolare incoraggiando la realizzazione di una chiara procedura di “segnala e rimuovi” (notice and takedown) dei contenuti in rete, ma l'Italia ha fatto pochissimo in tal senso. Ora, con questa legge si salta la cooperazione e si passa a una dura regolamentazione. Alla luce della riluttanza a prendere provvedimenti in questa materia (cioè la protezione del copyright) in passato, e del fatto che tale legge dia vantaggi commerciali a Mediaset e alla Tv di Stato, sfavorendo quindi i concorrenti come Sky, appaiono sospette le dichiarazioni del governo italiano che tale legge sia a protezione del copyright.

Le valutazioni dell’ambasciatore si basano su varie fonti, tra le quali membri dell’AgCom, ma anche il diretto concorrente (anzi l’unico) di Mediaset, cioè Sky. Che gli americani tendano a prendere per buone le affermazioni di un loro cittadino, il patron di Sky, è abbastanza ovvio, un po’ come accadde all’epoca della condanna di Amanda Knox per omicidio, quando i media Usa cavalcarono il dissenso dell’opinione pubblica americana verso la giustizia italiana (anche se bisogna anche dire che noi italiani, specialmente i politici, siamo i primi a criticare aspramente, anche a sproposito, i nostri giudici). Per cui l’opinione dei dirigenti Sky è decisamente poco rilevante. Rimangono però le ulteriori fonti a cui si rifà il dispaccio, e soprattutto rimangono le numerosissime critiche che sono state rivolte, in questi mesi in Italia, verso il decreto Romani.

C’è però da dire che tanta solerzia della diplomazia Usa nel far notare quanto poco il governo italiano sia interessato alla libertà in rete, non è bilanciata da adeguata premura nel criticare le posizioni aggressive degli Usa nel cercare di imporre un po’ ovunque leggi a favore delle major di casa loro.
Ad esempio, il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato rapporti di WikiLeaks dai quali si evince che le autorità americane sono giunte a consigliare direttamente il presidente Sarkozy su come superare le difficoltà relative all’approvazione della legge Hadopi che consente di disconnettere dalla rete internet coloro i quali vengono scoperti a scaricare file piratati. Secondo i rapporti di WikiLeaks le notizie che le autorità americane ricevevano dalla Francia venivano girate direttamente alle industrie del copyright e ai loro rappresentanti, Riaa e Mpaa.

I dispacci resi pubblici da WikiLeaks, quindi, mostrano come gli americani fossero interessati ad estendere le normative proprie in materia di copyright, che sostanzialmente negano il diritto di difesa degli utenti ribaltando la presunzione di innocenza, consentendo l’applicazione di sanzioni sulla sola base di una valutazione delle major, e quindi senza intervento di un giudice. Gli Usa si sono anche opposti all’approvazione dell’emendamento 138 del Telecom package in Europa, che avrebbe appunto impedito tali attività da parte delle industrie o di soggetti privati o pubblici in Europa, richiedendo invece la necessità dell’intervento di un magistrato.
In sostanza si può dire che gli Usa sono sempre stati favorevoli ad un approccio tale da consentire a soggetti privati di farsi giustizia da soli in materia di copyright, ed hanno cercato di imporre tale orientamento anche in Europa, proprio a mezzo del presidente francese, secondo quanto risulterebbe dai dispacci pubblicati da WikiLeaks.

Analoghe pressioni sarebbero state esercitate sulla Spagna, in quanto ritenuto il paese europeo con maggiore incidenza della pirateria. Gli Usa si sono sempre lamentati del permissivismo spagnolo in relazione al download illegale, giungendo a redigere un vero e proprio piano dettagliato per risolvere il problema, tramite incontri con operatori di telecomunicazione, visite da parte di esperti degli Stati Uniti, fino a suggerire al governo spagnolo una legge simile alla Hadopi. Al momento è in discussione in Spagna una legge che consentirebbe di bloccare siti web anche in assenza di decisioni di un magistrato.

Insomma, per dirla in breve le autorità americane hanno spesso fatto forti pressioni agli Stati europei al fine di far promulgare leggi tese a proteggere gli interessi propri delle major di casa loro. Probabilmente è vero che il decreto Romani favorisce alcune aziende private e ne sfavorisce i concorrenti, come è sicuramente vero che l’interesse degli Usa non appare direttamente volto a limitare la libertà di manifestazione del pensiero in rete, ma il risultato non appare poi tanto diverso, rispetto a quanto imputato al governo italiano, se poi si consente alle aziende private di imporre sanzioni e disconnessioni dalla rete senza nemmeno permettere agli utenti di difendersi adeguatamente. Al di là dell’Atlantico la situazione non appare poi tanto dissimile rispetto all’Italia, e le preoccupazioni americane si appalesano quanto meno interessate.